C’è un edificio, a Bangkok, che non passa inosservato. Non è uno dei soliti, innumerevoli grattacieli che stanno trasformando lo skyline della città; non è neppure un albergo 5 stelle o un modernissimo centro commerciale. Si tratta più semplicemente di un tempio, un antico edificio in grado di catturare l’attenzione del turista più distratto: parliamo del Wat Arun, il tempio dell’alba che domina, con la sua forma inconfondibile, la riva occidentale del Chao Phraya.
In realtà non è un tempio singolo, ma un complesso di costruzioni buddiste, la cui origine risale al periodo Ayutthaya, quando Bangkok non era ancora la capitale della Thailandia. L’edificio principale – quello più riconoscibile – è la torre centrale, un “prang” in stile Khmer che si erge a circa 70 metri di altezza. Questa struttura, eretta all’inizio dell’Ottocento, è decorata con intricati mosaici di porcellana colorata, che riflettono la luce del sole in modo spettacolare. Pertanto, il tempio sembra brillare di migliaia di scintille a seconda di come viene investito dai raggi solari, e il fenomeno è più evidente – e godibile – rispettivamente all’alba e al tramonto.
Il prang principale è circondato da quattro prang minori, ognuno ornato con statue e decorazioni che rappresentano diverse figure mitologiche. Sono altresì presenti 6 padiglioni realizzati in stile cinese e un paio di sale con colonnati dove un tempo venivano custodite alcune reliquie sacre del Buddha. Ma è innegabile che la grande torre centrale è il fulcro dell’attenzione di turisti e semplici curiosi, non per altro per verificare di persona come è stata decorata.
La caratteristica peculiare di questo edificio, infatti, è che le decorazioni sono state realizzate con frammenti di porcellana cinese, un esempio brillante di riciclaggio artistico. Basta dare un’occhiata da vicino per rendersene conto. Si tratta proprio di pezzi che appartenevano a stoviglie rotte, buttate in qualche discarica e poi prelevate, lavorate e successivamente assemblate per costituire rilievi con disegni astratti, piante e fiori. Non è una fattura originale – ho visto un edificio decorato in modo simile a Hue, in Vietnam – ma sicuramente una delle più belle in circolazione. Le statuine che sembrano sostenere la parte finale del prang sono in realtà delle scimmie e anch’esse sono decorate con frammenti minuscoli di ceramica e conchiglie.
Il Wat Arun merita senz’altro una visita, ma sta dall’altra parte del fiume, nel quartiere Thonburi, ovvero nella parte opposta a quella in cui si trovano le maggiori attrazioni turistiche di Bangkok. Ma raggiungerlo non è un problema. Il modo più facile è prendere un battello che si limita ad attraversare il fiume. Il molo antistante è il Tha Tien (N8) e da qui partono decine di battelli che raggiungono la sponda opposta proprio sotto il monumento. Il costo è irrisorio. Oppure è possibile affidarsi alle agenzie che offrono tour in barca che includono la fermata a Wat Arun, spesso combinata con altre attrazioni lungo il fiume.
L’opzione via terra è più articolata. Bisogna affidarsi ad un tuk tuk o a un taxi, e in entrambi i casi prepariamoci ad una estenuante contrattazione, perché per raggiungere il tempio è necessario fare un giro largo e passare da uno dei ponti che attraversano il fiume, nessuno dei quali è vicino alla meta. Con i taxi, inoltre, assicuriamoci che facciamo partire il tassametro, quindi meglio privilegiare i taxi più vecchi ma con il tassametro in evidenza (Taximeter). Stesso ragionamento per i bus pubblici. In questo caso il problema maggiore è quello di capire dove sono diretti e se si fermano proprio dove vorremmo scendere.
Il Wat Arun è aperto tutti i giorni dalle 8:00 alle 18:00. Quindi in estate non è possibile restare per godersi il tramonto. E’ richiesto il pagamento di un biglietto simbolico, 50 baht, che andrà devoluto alla conservazione e manutenzione del monumento. Essendo un luogo di culto, occorre vestirsi decentemente: pantaloni lunghi per l’uomo, spalle e gambe coperte per le donne.