San Giovanni Battista è una figura estremamente importante per il cristianesimo. Preannuncia l’avvento del Cristo, istituisce il rito del battesimo, riconosce Gesù come l’Agnello del Signore, e quindi lo identifica, in modo inequivocabile, come il Messia. E’ la pedina fondamentale per definire i contorni dottrinali di quella che sarà, in seguito, la teologia ufficiale, secondo cui è proprio Gesù – malgrado le apparenze – il figlio di Dio e quindi il Salvatore.
Giovanni, inoltre, è celebre anche per un altro episodio, quello della sua decapitazione. Il fatto è noto a tutti: essendosi opporto al matrimonio di Erode con Erodiade, considerata una adultera, si pone in contrasto con quest’ultima, che utilizzando la figlia Salomè e le sue doti di ballerina, induce il re ad assassinare il profeta. La testa di Giovanni su un piatto è una delle immagini più rappresentate dell’arte occidentale. Da cui l’appellativo “San Giovanni decollato”, così diffuso nella tradizione cattolica italiana.
Madaba è la patria di San Giovanni Battista, se non come luogo di nascita sicuramente come luogo di elezione. E’ da queste parti, infatti, che il profeta visse e condusse la sua (breve) predicazione: il fiume Giordano, esattamente quello del battesimo di Gesù, è a poche decide di chilomentri dalla città, ed è ancora oggetto di un frenetico pellegrinaggio, sia dalla sponda giordana che da quella israeliana. La chiesa più importante dedicata al santo sta proprio a Madaba, ed è una delle prime mete a cui dedicare una visita. Il luogo ideale, peraltro, per iniziare a entrare nello spirito di questa cittadina dalle tradizioni religiose così intricate e multiformi.
La chiesa di San Giovanni sorge su una collina che domina la città. Non è facilmente raggiungibile, a dire il vero, perché è celata dal dedalo di costruzioni e moschee che la circondano. Tuttavia basta alzare lo sguardo e seguire l’altissimo pennone da cui sventola la bandiera giordana: la chiesa è proprio nei pressi. La visita è gratuita e consentita a tutti dalle 8:00 alle 17:00 circa, ma non durante la messa. Malgrado la sua apparente vetustà, l’odierna struttura è recente. Risale infatti al 1913 e da allora è stata utilizzata come luogo di culto attivo. Solo nel 1967 il Vaticano l’ha riconosciuta come appartenente al Patriarcato di Gerusalemme e come santuario ufficiale del culto di San Giovanni Battista. Nondimeno, il luogo conserva numerose testimonianze risalenti al periodo proto-cristiano e bizantino. Lo dimostrano i vari reperti che si incontrano nel cortile antistante alla facciata: colonne, statue, capitelli, manufatti indiscutibilmente cristiani.
Il primo step della visita è comunque l’adiacente visitor’s Center, la cui entrata è a offerta libera. Protetto da un cordone di sicurezza, veniamo accolti da un magnifico mosaico di epoca bizantina. Sembra autentico ma non lo è. Si tratta infatti di una – sia pur eccellente – riproduzione di un celeberrimo mosaico rinvenuto nella chiesa di Santo Stefano a Um ar Rasas, un sito archeologico molto importante e in fase di studio da parte delle autorità giordane. Ben più interessanti sono le foto che tappezzano le pareti della sala. Sono immagini scattate agli inizi del Novecento e riproducono persone e luoghi di quell’epoca nei pressi di Madaba.
La chiesa, all’interno, non dice molto. Affreschi e mosaici sono tutti moderni, e anche l’architettura, pur seguendo le regole dello stile romanico, appare piuttosto modesta. La navata centrale ospita numerose panche, disposte in file ordinate, il che fa pensare che la chiesa sia abbastanza frequentata. Ma non è questa l’area interessante. All’interno della chiesa è stato allestito il cosiddetto Museo dell’Acropoli, collocato quasi interamente sotto il pavimento, ovvero al livello originale dell’antiche strutture bizantine. La visita (gratuita) da diritto, oltre che a gironzolare per le anguste gallerie sottostanti, a salire sul campanile, per poter ammirare il panorama di Madaba.
Il Museo è in pratica un percorso alquanto tortuoso che si snoda tra costruzioni e locali preesisitenti alla costruzione della chiesa. E’ un autentico tuffo nel passato, nella Palestina pre-islamica, quando tutta l’area faceva ancora parte dell’Impero Romano d’Oriente. A dire il vero esiste anche una zona ancora più antica, un antico pozzo Moabita che risale addirittura a 3000 anni fa! Pare che sia collocato su una sorgente che scorre ancora oggi.
Tutti i locali mostrano alle pareti alcuni pregevoli mosaici, di varia grandezza: sono riproduzioni create dagli studenti di una scuola di mosaico locale, devo dire abbastanza fedeli agli originali. In fondo al corridoio si intravede il santuario vero e proprio dedicato al Santo. Si nota subito una scultura piuttosto inquetante, che raffigura la testa di San Giovanni disposta su una colonna e sul classico piatto. Accanto sorge una discutibile riproduzione di vita beduina, con tanto di manichini abbigliati in costumi locali. Non si capisce che c’entra con il contesto, ma tant’è…
Infine, per i più coraggiosi e temerari, lo step finale: la salita sul campanile della chiesa. Bisogna arrampicarsi su una scala a chiocciola di metallo, stretta e angusta, in certi passaggi anche traballante. Dopo qualche metro la scala diventa di legno e si inerpica in un budello sempre più striminzito. A circa due terzi della salita si arriva in un locale aperto in cui sono appese le due grandi campane della chiesa. Ovviamente bisogna avere la fortuna che non sia orario di messa o di preghiera, altrimenti si richia di capitarci in mezzo proprio quando scampanellano, con tutte le conseguenze del caso. Consiglio pertanto di attraversare questo posto il più velocemente possibile perchè la vetta è ormai a portata di mano.
L’uscita all’aperto del campanile di San Giovanni è poco più grande di una gattaiola. Bisogna chinarsi e attraversare il varco con molta cautela, altrimenti si sbatte la testa. Il panorama, tuttavia, ripaga di ogni sforzo, livido o affanno sopportato. Il balconcino, che gira intorno alla sommità, è piuttosto limitato, non più di 20 cm di larghezza. L’unico modo di percorrerlo è camminare di profilo, per così dire, un passo dietro l’altro stando con la schiena ben incollata alla parete. Ma solo così si ha la possibilità di ammirare la città da tutti e quattro i lati. Da quassù si può assaporare il vero primo autentico assaggio della Giordania…