Se c’è una cosa che mi ha sempre fatto scervellare le meningi, in cerca di una spiegazione logica, è la mania tutta cinese di indossare costumi etcnici (o storici). Ho elaborato tale osservazione proprio durante il mio soggiorno a Shangri-La, quando ho scattato la foto che fa da copertina a questo articolo. Ma non era la prima volta che assistevo a questa sorta di mascheramento identitario, no davvero. Nel corso dei miei tre viaggio in Cina ho osservato spesso questa che potrei definire una stravagante abitudine tutta cinese.
Il primo anno, il 2010, nel corso della visita al complesso del Tempio del Cielo, notai che dappertutto sorgevano chioschetti che noleggiavano costumi variopinti. Le addette a tale commercio, esse stesse, indossavano tali costumi, ma con la malagrazia di chi è costretto a farlo pur avendo probabilmente qualcosa di meglio da fare. Attiravano i numerosi turisti cinesi con la promessa di scattare loro una foto indimenticabile abbigliati nelle vesti di qualche famoso personaggio del passato. I costumi in questione, infatti, risalivano ad un periodo storio piuttosto indefinito nel corso del quale l’imperatore della Cina trascorreva il suo tempo proprio in quei luoghi, trastullandosi tra giochi di corte, diplomazia e il letto di qualche cortigiana.
Molti turisti accettavano volentieri il mascheramento. Si andavano a cambiare dietro ad un misero paravento e indossavano il costume sopra i propri abiti. Erano sopratutto donne, ragazze giovani, a tentare la trasfigurazione, e a quanto pareva sembravano goderne un mondo. Si mettevano in posa per la foto di rito, spesso indicavano con le dita il segno di vittoria, come si fa da quelle parti, ma sempre con una compostezza e una dignità fuori dal comune. Era come se sentissero l’importanza dell’abito che stavano indossando, il suo peso storico, per così dire, per cui sarebbe stato sconveniente agitarsi in modo sguaiato o adottare pose ridicole.
I costumi, in prevalenza, erano femminili, ma c’era anche un’ampia scelta di abiti maschili, in genere abiti di guerrieri o soldati con tanto di armi, elmi e armature. Anche il costume da dignitario di corte aveva il suo seguito, come dimostra la foto qui accanto; anzi, devo dire che era sensibilmente il più apprezzato.
La stessa scena si è ripetuta presso Xian, nei giardini di Huaqing Hot Springs. Qui il costume più in voga era quello della protagonista della storia, non si sa quanto vera o fantasiosa, di una famosa principessa imperiale che abitava, o forse sarebbe meglio dire era reclusa, in quei giardini in tempi andati. La vicenda di questa donna era molto conosciuta in Cina, tanto da spingere le turiste giovani e carine ad abbigliarsi, in parte o completamente, con un costume apposito.
In seguito abbiamo appreso che i costumi, in verità, non si riferivano proprio alla principessa della storia in questione. Erano piuttosto una rilettura moderna, tratta dai dipinti e disegni d’epoca, del vestiario tipico delle dame di compagnia, di alto lignaggio, che erano tenute a seguire la principessa ovunque essa andava. Le cortigiane di alto bordo di allora, insomma, cosa che non sminuiva affatto il fascino di indossarne i vestiti oggi, per quanto riveduti e corretti.
Un altro caso che voglio rammentare è quello di cui ho già parlato in questo post. Ci trovavamo vicino Kunming, nella cosidetta Foresta di pietra, uno dei posti più affascinanti di tutto il paese. In alcuni spiazzi strategici, uno dei quali molto affollato, venivano noleggiati costumi che appartenevano alla minoranza etnica locale. Il business era stato studiato in maniera davvero geniale. I noleggiatori avevano approntato alcune bancarelle con i costumi, alcuni appesi altri adagiati sul palchetto; ma ciò che attirava irrestibilmente i turisti erano le innumerevoli foto che raffiguravano magnifiche ragazze (probabilmente modelle) in abito etnico. Uno spettacolo per gli occhi e allo stesso tempo una tentazione irresistibile di emularle.
L’abito in questione, rispetto a quelli visti anni prima, prevedeva una vestizione più elaborata. Per questo scopo una signora provvedeva a dare una mano, avvolgendo la modella con cura, ponendole sopra la testa una specie di colbacco trapuntato, fornendole l’immancabile cesto con i fiori. Infine interveniva il fotografo che rifiniva gli ultimi punti: la fascia più in basso, un braccio elegantemente piegato, la testa più inclinata, ecc.. Il tutto per ricavare lo scatto perfetto che poi, in tempi brevissimi, sarebbe stato stampato e consegnato alla cliente.
In questo caso la motivazione originale, ovvero l’appartenenza identitaria ad un passato comune e glorioso, reggeva poco. Questi costumi, infatti, appartenevano ad una minoranza etnica, una delle tante che, in periodo storici non troppo remoti, sono state oggetto anche di discriminazioni se non di aperta ostilità da parte del governo centrale. Ma oggi evidentemente è tutto dimenticato, grazie al cielo. Anche le minoranze hanno il loro appeal, a quanto pare…
Infine, i costumi di Lijiang e Shangri-La. Anche lì l’imperativo è di abbigliarsi secondo il costume locale, quello di etnie che per abitudini di vita, lingua, religione e perfino scrittura sono molto distanti dalla maggioranza dei cinesi. Eppure il fascino del vestito etnico funziona sempre. E sembra che anche laggiù, ai confini del grande paese, la voglia di indossare un abito così estraneo alla propria cultura sia una tentazione a cui quasi nessuno è in grado di resistere… E la spiegazione, tutto sommato, è piuttosto semplice: in tempi di globalismo sfrenato dimostrare di esserci stati, di far parte di un gruppo, di aver assistito a un evento, è più importante di qualsiasi altra cosa. Insomma, meglio appartenere che essere…