Me lo hanno chiesto in molti: ma perché andare in India? Non ci sono posti altrettanto belli e – almeno sulla carta – più salubri per una vacanza esotica? Quale masochistico motivo ci spinge a tornare in un luogo dove, 21 anni fa, rischiammo addirittura la pelle a causa di una gravissima infezione intestinale? Sono tutte domande lecite che hanno alimentato, nel tempo, una serie di miti negativi sull’India che hanno reso il paese un luogo non idoneo ad una vacanza. Essendoci stato, posso affermare che si tratta di esagerazioni, e più oltre cercherò di replicare, punto per punto, alle principali obiezioni ad un viaggio in India.
Tuttavia, sono consapevole che i motivi che ci hanno spinti a scegliere questa destinazione vanno ricercati più nell’ambito psicologico che in altri contesti. La verità è che l’India rappresenta il viaggio per eccellenza, che per essere tale deve necessariamene essere caratterizzato da avventure, disagi, imprevisti, scoperte, spostamenti, contatti umani, meraviglia. Il viaggio di un tempo, insomma, ancora immune dagli aspetti che omologano tutte le vacanze di oggi, in qualsiasi posto si svolgano. E’ questo tocco di antico, eroico, che richiama le grandi esplorazioni di un tempo, a costituire l’elemento più affascinante di questa scelta. Un fascino che, come il canto delle Sirene, ci attrae e ci terrorizza allo stesso tempo.
Ad ogni modo, c’è poco da fare: l’India del Sud, con la sua ricca storia, cultura vivace e paesaggi mozzafiato, è una destinazione imperdibile per ogni viaggiatore. E questo a prescindere dagli innumerevoli disagi che – ci piaccia o no – saremo costretti ad affrontare: il caldo umido, l’attenzione maniacale al cibo, le malattie, il traffico caotico delle grandi città, l’inquinamento, i pericoli di una natura che, perlomeno in alcuni posti, predomina sull’uomo e su tutte le sue attività. Per molti, questi sono motivi sufficienti per depennare l’India dalla lista delle mete di viaggio. Per noi no, e a quanto pare neppure per i nostri amici Daniela e Sergio, che non ci hanno pensato due volte ad associarsi al viaggio.
Dovremo adottare delle precauzioni, è naturale. Più che in qualsiasi altro posto, probabilmente. Ma ciò non dovrebbe costituire un ostacolo insormontabile alle normali pratiche di viaggio. Ecco di seguito i rilievi che vengono sollevati più comunemente.
Caldo torrido. Il caldo si combatte con integratori e molta acqua, cosa che facciamo ormai regolarmente anche in Italia ogni estate. In realtà, la temperatura media, in questo momento, è sensibilmente inferiore a quella percepita a Roma, e di parecchi gradi. Ciò che fa la differenza è l’umidità, come chiunque abbia viaggiato in estremo oriente sa benissimo. Non è certo questo un motivo per evitare di mettere piede in India. Inoltre, l’aria condizionata regna sovrana un po’ dappertutto, mantenuta anche a livelli esageratamente bassi, per cui non c’è alcun rischio di trovarsi ad arrostire sotto il sole senza avere nessuna scappatoia.
Cibo avariato. Rispetto ad altre nazioni, lo street food indiano sembra presentare qualche motivo di preoccupazione supplementare. Il problema è sempre lo stesso: la scarsa o nulla igiene con cui vengono preparati i piatti. Eppure questi alimenti vengono consumati regolarmente da milioni di persone. Come al solito, occorre usare il massimo buon senso possibile in relazione ad ogni situazione. Direi che è meglio evitare qualsiasi contatto con questo cibo improvvisato, specie nelle grandi città, dove la sporcizia e l’incuria sono predominanti. Discorso diverso, invece, per le località di villeggiatura, in cui la presenza dei turisti dovrebbe aver condotto ad una maggiore attenzione a come cucinare e confezionare i cibi. O almeno spero. Ad ogni modo, è meglio vaccinarsi contro l’epatite A e B. Non cambierà il nostro atteggiamento prudente, è ovvio, ma almeno ci renderà un pochino più tranquilli.
Acqua inquinata. L’altro grande spettro che aleggia sull’India è il pericolo di infettarsi bevendo acqua inquinata. Pericolo reale, comune a molti altri paesi limitrofi, che il viaggiatore prudente conosce bene. Le contromisure adeguate sono molto semplici: bere solo acqua da bottiglie chiuse, evitare il ghiaccio nei cocktails o nelle bevande gassate, non mangiare verdura cruda appena sciacquata. Per le patologie più gravi, anche qui, interviene il vaccino, e per la precisione quello contro il tifo, malattia endemica e sempre presente in luoghi così a rischio di inquinamento delle acque.
Malattie sconosciute. Una delle obiezioni più comuni è che l’India sia il crogiolo delle più famigerate, spietate, innominabili malattie che circolano sulla Terra. Non più vero di quanto lo sia l’affermazione che la terra è piatta. Come ha dimostrato il Covid, non c’è confine che possa fermare una patologia. Pensare che un batterio, o un virus, se ne stia buono buono in un cantuccio di terra aspettando il malcapitato turista per saltargli addosso e infettarlo, è pura semplificazione. Le malattie presenti in India sono le stesse che flagellano tutti i paesi tropicali e sub tropicali. Alcune sono più presenti, maggiornamente diffuse a causa del sovraffollamento, ma si tratta in sostanza delle stesse quattro o cinque note di sempre. Tra l’altro, non sono presenti, se non in forma molto limitata, neppure i focolai di malattie che un tempo erano tipiche di queste zone, come la tubercolosi o la peste. Ma anche in questo caso vale la raccomandazione fatta per i cibi: vaccinarsi serve, e se non siete convinti, leggete questo articolo postato qualche settimana fa.
Sanità inesistente. La preoccupazione peggiore, quando ci si reca in un paese straniero, è di non potersi curare decentemente in caso di problemi di salute. Il timore è che il sistema sanitario locale sia inadeguato, o addirittura inesistente, e comunque non idoneo a garantire un livello minimo di sicurezza. Questa è una delle preoccupazioni che assillano quasi tutti i viaggiatori, raggiungendo gradi di assoluto terrore per chi ha superato una certa età. La sanità in India è garantita da un servizio pubblico che, per molti versi, è più vicino ai nostri standard europei che a quelli dell’Asia o dell’America. Non sarà certo il migliore del mondo, va bene, però le cure di base, anche a pagamento, sono assicurate sempre. I medici sono tra i migliori del mondo, avendo tutti studiato in Gran Bretagna o negli Stati Uniti dove, peraltro, sono presenti in più di una cattedra universitaria e ricoprono sempre più posti prestigiosi negli ospedali sia pubblici che privati.
Il servizio è comunque efficace, e posso testimoniarlo personalmente. Nel 2003, a Bikaner, nel Rajastan, io e mia moglie ci beccammo una gastroenterite potentissima dovuta all’assunzione involontaria di latte non pastorizzato. Subimmo le pene dell’inferno e chiamammo il medico dell’albergo, il quale arrivò tempestivamente, ci visitò entrambi, chiamò un garzone e gli chiese di andare a comprare delle medicine. Queste medicine arrivarono in numero appena sufficiente per curare entrambi, nè una pillola di più né una di meno. A quell’epoca era semplicemente inconcepibile vendere intere scatole di antibiotici o di altre medicine quando la cura prevedeva solo 4 pillole ogni 8 ore. Era uno spreco insopportabile per un paese che cercava di costruire un servizio sanitario decente e sostenibile. Un esempio virtuoso che dovrebbe essere seguito anche da noi, dove al contrario lo spreco di medicine è all’ordine del giorno.
Per i piccoli problemi di salute, un medico privato o un piccolo ambulatorio locale sono più che sufficienti. Per le malattie gravi, o gli infortuni debilitanti, allora il discorso cambia. Per questo è opportuno (e per l’India obbligatorio) munirsi di una assicurazione di viaggio con un massimale di spese mediche elevato.
Traffico e inquinamento. Su questo aspetto dovremmo stendere un velo pietoso, visto che siamo italiani e da noi il traffico e l’inquinamento sono all’ordine del giorno. Quindi preoccuparsi di trovarsi in una situazione che nella maggior parte delle nostre città è la normalità, mi pare eccessivo. Diciamo che in India l’inquinamento sembra più denso e asfissiante di quanto lo sia da noi. Il motivo è semplice: la gran parte dei mezzi a motore non sono catalizzati o comunque non posseggono motori di nuova generazione. Questo fino a qualche anno fa. Magari oggi scopriamo che anche gli indiani, come il resto del mondo, sta attuando la sua transizione green e le macchine elettriche sono più diffuse di quanto si creda…