L’offerta culturale di Kyoto è senza discussioni una delle più varie e interessanti al mondo. La quantità e qualità di luoghi da visitare è tale che, per quanti sforzi tu faccia, inevitabilmente sarai sempre costretto a trascurare qualcosa, e tornerai in Italia con l’amaro in bocca.
Anche noi, pur avendo programmato ben 4 giorni a Kyoto, abbiamo finito per privilegiare posti che, a istinto, ci sembravano più meritevoli, e trascurare altri che invece, o perché troppo lontani o per una ingiustificata diffidenza, credevamo meno significativi.
Come spostarsi a Kyoto
Il grande problema, in effetti, è che Kyoto, come molte altre città, è molto estesa. I servizi pubblici sono ottimi, ovviamente, tranne che per la metropolitana, che secondo me non è all’altezza di quelle di altre città giapponesi, e per di più è carissima. La linea cittadina, peraltro meno fitta del solito, si compone infatti di una serie di linee private, indipendenti l’una dall’altra; spostarsi usando solo la metro comporta tutta una serie di entra e esci da ogni stazione, con l’aggravante di dover fare ogni volta un nuovo biglietto. Una cosa che, dopo un po’, comincia a pesare e, quel che peggio, a rallentare il frenetico dinamismo che serve per poter vedere tutto secondo i programmi.
A parte i risciò tirati da robusti giovani con scarpette molto strane, è consigliabile scegliere l’autobus. Qui bisogna adeguarsi ai ritmi necessariamente più posati del mezzo di trasporto, trovandosi spesso a dover affrontare veri e propri ingorghi stradali. I tempi pertanto si dilatano e la lista giornaliera di luoghi da vedere viene continuamente aggiornata al ribasso…
E allora? Io ho girato abbastanza, ripeto, e sono sicuro di non aver visto tutto, però una tripletta di posti da non perdere, sicuri al 100% la posso dare. Visti questi, nessuno potrà tornare in patria con i rimorsi e soprattutto esposto all’immancabile conoscente che ti chiede a bruciapelo: “Ma tu lo hai visto il posto Tizio e Caio? No? Peccato, ne valeva la pena…”
1. Padiglione d’oro
Direi di cominciare con il Padiglione d’oro, o per i giapponesi Kinkau-ji. E’ un luogo iperaffollato, ci vanno tutti, anche i giapponesi che non hanno niente da fare, e la folla impedisce di godersi la camminata come invece meriterebbe. In effetti, il luogo è davvero incantevole – si tratta del solito elegante giardino giapponese – e il famoso edificio dorato vale tutto il tempo che ci si può dedicare.
A prima vista è una pagoda non eccessivamente grande e neppure troppo appariscente, però posso assicurare che è armonizzata perfettamente nell’ambiente che la circonda e la foto che ho fatto, con il riflesso sul laghetto, è una delle viste più affascinanti che esistano al mondo. Inoltre, la cosa che mi ha colpito da subito è stata la modesta quantità di oro di cui l’edificio è ricoperto, almeno in alcune parti. Si tratta davvero di ben poca cosa, a giudicare quanto materiale prezioso, invece, hanno sprecato nei secoli thailandesi, birmani, laotiani e cambogiani per coprire i loro templi, anche i più insignificanti, e al contempo affamare i propri sudditi/cittadini. Al contrario, sembra che l’oro, per i giapponesi, non sia altro che un semplice colore, una decorazione senza altri fini reconditi, e per questo hanno tutto il mio rispetto.
2. Il bosco di bambù
Collocato a nord-ovest, in un’area dove sorge anche un altro complesso templare di cui parlo sotto, l’amenità in questione in pratica è un sentiero in terra battuta, delimitato da staccionate (ovviamente di bambù), che inizia da una zona turistica piuttosto anonima, si infila in un bosco sempre più fitto di altissimi bambù, attraversa una linea ferroviaria e si divide in due tronconi. Qui iniziano i problemi, perché la scarna mappa del luogo fornita all’ingresso non fornisce informazioni chiare su quale direzione convenga prendere. I turisti, infatti, si ammucchiano proprio in questo bivio, ma ben presto quasi tutti capiscono quale soluzione adottare, e cioè seguire i giapponesi. Loro sanno benissimo dove andare e cosa fare, probabilmente lo fanno tutte le volte che ne hanno l’occasione.
La massa quindi si muove nella direzione corretta. Il che, se da un lato assicura una soddisfacente prosecuzione della gita – il bosco diventa ancora più fitto e le sfumature di colore vanno dal verde scuro al rosso fuoco – dall’altro finisce per intasare il percorso di gente che procede a scatti, oppure lentamente, fermandosi a ogni piè sospinto per scattare selfies, foto di gruppo, o semplicemente prendere fiato (il sentiero per un po’ è in salita).
Alla fine, in definitiva, si fa un giro in tondo e si torna più o meno nel punto di partenza. Il luogo è molto suggestivo perché le piante di bambù sono alte e vigorose, davvero in gran forma, e l’aspetto del sentiero, soprattutto quando si restringe e le piante lo sovrastano formando una cupola scura, è incredibilmente appagante.
3. Tenryu-ji
Per molti tratti avviluppato dalla foresta di bambù, il Tenryu-ji è un complesso templare molto suggestivo e piuttosto antico. Vale la pena entrare nell’edificio principale (lasciando le scarpe fuori, ovviamente) e farsi una passeggiata sulle tavole lisce e profumate dei suoi lucidi pavimenti; attraversare, con passi leggeri e in perfetto silenzio, una sala dopo l’altra (tutte estremamente povere di arredamento, secondo la tradizione giapponese) e magari fermarsi su qualche ballatoio per indugiare nella meditazione…
Ecco, tutto questo noi non l’abbiamo fatto. Altri turisti sì. Perché? Semplicemente non siamo riusciti a trovare l’entrata giusta! O meglio, dopo un po’ abbiamo intuito dov’era, tanto lunga era la fila di gente in attesa di entrare… Pertanto, ci siamo limitati a guardare gli altri affollarsi su camminamenti, corridoi, ingressi, sale, a volte creando veri e propri ingorghi, mentre noi, più prosaicamente, ci siamo dedicati alla conta dei pesci del laghetto, che in prossimità delle rive sono in quantità sbalorditiva.