Il Todai-ji, letteralmente “Grande Tempio Orientale,” è uno dei templi buddhisti più celebri del Giappone. Questo imponente complesso templare non è solo un importante sito religioso, ma anche un patrimonio di inestimabile valore storico e artistico. Rappresenta l’ultima tappa, la più importante, della visita di Nara, perché al suo interno nasconde un autentico gioiello: una delle più grandi (e antiche) statue in bronzo del Buddha. Qualcosa da lasciare letteralmente senza fiato.
Un po’ di storia, innanzitutto. Il Todai-ji fu fondato nel 752 d.C. dall’imperatore Shōmu durante l’epoca Nara, un periodo in cui il Buddhismo era fortemente diffuso e sostenuto dalla corte imperiale. L’imperatore sperava che la costruzione del tempio e la consacrazione della grande statua del Buddha potessero aiutare a unificare il popolo giapponese e proteggere il paese da calamità naturali e epidemie. Il Todai-ji divenne così il tempio principale del Giappone, una specie di Vaticano nipponico; ancora oggi rimane un luogo sacro estremamente venerato, tanto da alimentare un pellegrinaggio continuo di milioni di fedeli ogni anno.
L’attrazione principale dell’edificio è senza dubbio la Grande Sala del Buddha, conosciuta come Daibutsuden. Questa sala ospita una delle più grandi statue in bronzo del Buddha Vairocana (Daibutsu) del mondo. La statua, alta circa 15 metri e pesante oltre 500 tonnellate, è un’opera maestosa che incarna la potenza e la grandiosità del Buddhismo giapponese. La struttura originale del Daibutsuden è stata distrutta più volte da incendi e terremoti. L’attuale edificio, ricostruito nel 1709, è solo due terzi della grandezza originale, ma rimane comunque la più grande struttura in legno del mondo. Impressionano soprattutto gli enormi pilastri di legno che sorreggono la volta. Alcuni sembrano piuttosto provati dal passare del tempo, altri mostrano segni di restauro recente.
Il Grande Buddha è rappresentato in posizione seduta, con una mano che esegue il mudra della predicazione e l’altra appoggiata sul grembo, simboleggiando la pace e l’illuminazione. E’ la tipica rappresentazione del cosiddetto “Buddha cosmico”, l’incarnazione della verità universale e la fonte di illuminazione per tutti gli altri Buddha. Il tempio ospita anche molte statue e manufatti buddhisti di inestimabile valore, tra cui le statue dei Guardiani Nio, che proteggono l’ingresso del Daibutsuden. Queste imponenti figure, scolpite dai celebri artisti Unkei e Kaikei, sono esempi magnifici della scultura giapponese in legno.
All’interno del Todai-ji si svolge un curioso rito a metà tra il sacro e il profano. In un angolo, accuratamente transennato, un pilastro mostra un buco alla base che lo attraversa da parte a parte. La cosa non desterebbe molta attenzione se non fosse che si scorge una fila (ordinata) di persone che attendono il proprio turno per compiere un’azione un po’ inconsueta… a maggior ragione perché si svolge in un tempio.
Il buco in questione è la famosa “Narice di Buddha“: il foro, infatti, sembra avere esattamente le dimensioni di una delle narici del Grande Buddha sovrastante. Il rito consiste in questo: i visitatori, specialmente i bambini, provano a passare da una parte all’altra del pilastro. La leggenda narra infatti che chi ci riesce avrà la garanzia di ottenere l’illuminazione o avrà fortuna nella vita. L’operazione però non sembra così semplice.
In sostanza, il foro sembra ampio ma in verità è piuttosto stretto (come si vede in foto). Ho assistito a parecchi tentativi di attraversamento finiti miseramente. Il caso più comune (e divertente) era quando la persona era troppo grassa e finiva per incastrarsi all’interno del pilastro. Allora dovevano intervenire vicini o parenti per aiutarlo a districarsi, o tirandolo fuori dall’entrata o dall’uscita (e a volte da entrambi i lati!). La vicenda divertiva un po’ tutti e non sembrava imbarazzare più di tanto neppure i diretti interessati.
Altro caso meno frequente: la persona si accingeva ad attraversare il foro ma al momento di entrare si faceva cogliere dal panico. Il che era quantomeno comprensibile, visto che il passaggio è profondo almeno un metro e mezzo. Infine, molti sventurati non riuscivano proprio ad entrarci in quel maledetto buco. O avevano spalle troppo larghe, o i vestiti complicavano l’operazione… e non serviva neppure cambiare metodo, ovvero entrare prima con le gambe. Una ragazza ci ha provato ed è rimasta a metà del passaggio, il busto da una parte, le gambe dall’altra. E’ riuscita nell’impresa solo perché le amiche hanno iniziato a tirarla fuori afferrandola e strattonandola dalle caviglie!
Questo piccolo rito è diventato una parte significativa dell’esperienza di visita al Todai-ji. Sia per i giapponesi, naturalmente, ma anche per qualche ardimentoso straniero. Non solo offre un momento di divertimento e gioco, ma serve anche come mezzo per potersi connettere, magari in modo leggero e spensierato, con l’importanza e la spiritualità del luogo. Attraversare il foro è in sostanza un atto simbolico che rappresenta il passaggio attraverso le difficoltà della vita verso l’illuminazione spirituale. Un concetto molto Buddhista, davvero.