Servizi utili e chincaglieria a buon mercato: le attività commerciali di Petra

Petra non è solo un magnifico sito archeologico. E’ anche un’enorme esercizio commerciale a cielo aperto. Creato e sfruttato a dovere da chiunque possa offrire qualcosa di appena appetibile agli occhi dei turisti. Negozi di souvenirs, ristoranti, servizi di trasporto animale, guide improvvisate, foto a pagamento… il campionario è praticamente infinito, e non c’è luogo che non ne sia interessato, a volte in modo massiccio. E’ l’altra faccia della medaglia, il pedaggio da pagare pur di potersi muovere all’interno del sito.

Non è ovviamente un fenomeno solo giordano. Quasi tutti i luoghi turistici della terra sono ferocemente presidiati da attività commerciali di ogni tipo. Consentono ad una moltitudine di piccoli commercianti di sopravvivere sfruttando le briciole del grande business turistico. Ma tale fenomeno risulta il più delle volte preoccupante, visto che alcune iniziative arrivano perfino al punto di soffocare, nascondere, rendere quasi irriconoscibili le attrazioni culturali intorno a cui sono sorte. Mi vengono in mente luoghi come Borobudur (Indonesia), oppure la spianata di Giza (Egitto), o anche Teotihuacan (Messico).

Petra non fa eccezione, naturalmente. La quantità, varietà e diffusione di ogni genere di mercanzia non ha paragoni: in alcuni punti tale densità di attività commerciali rende perfino difficile muoversi liberamente all’interno del sito! E’ vero anche che gli esercenti sono tutti beduini, ovvero i legittimi abitanti di Petra. Sono gli unici – perlomeno ufficialmente – ad avere il diritto di muoversi a proprio piacimento all’interno del sito senza dover rendere conto a nessuno. Privilegio concesso in cambio di un trasferimento di massa ai villaggi limitrofi, più moderni e attrezzati, al fine (ufficiale) di migliorare le condizioni di vita dei beduini ma con lo scopo recondito di toglierseli dai piedi. In questi villaggi moderni i beduini hanno trovato sì l’acqua corrente, la scuola e la televisione, ma le opportunità di lavorare dignitosamente si sono drasticamente ridotte. Pertanto, prima in punta di piedi, poi sempre più sfacciatamente, sono tornati a Petra in qualità di commercianti e uomini di affari, rivendicando il diritto di poter disporre anche loro della torta turistica di cui erano stati defraudati.

Tutto questo è evidente proprio davanti al Tesoro, il luogo per forza di cose più frequentato dai turisti. Non c’è metro quadrato che non sia presidiato da qualche venditore di beni o servizi di ogni genere. I cammellieri, per esempio, occupano la zona centrale della spianata, e si prodigano in inviti ad avvicinarsi agli animali allo scopo di indurre qualcuno a noleggiare un passaggio o almeno fare una foto in groppa ad essi. Questi cammelli, in realtà, sono decisamente sottoutilizzati: il servizio offerto si limita ad un tragitto piuttosto breve, che prevede una corsetta lungo il wadi che conduce fuori dalla spianata in direzione del teatro, e ritorno. Anche l’uso dei cavali – così caro agli appassionati di Indiana Jones – è poco più che simbolico. Si possono noleggiare solo all’ingresso del sito archeologico e permettono di raggiungere, a passo moderato, l’ingresso della gola.

Per tragitti più lunghi e impegnativi si ricorre invece ai muli. Che sono così numerosi, a Petra, che il loro raglio ecceggia dappertutto e risulta il suono più diffuso e riconoscibile in tutto il sito. Questi equini vengono noleggiati dai più pigri per percorrere le grandi distanze. Che a Petra non mancano di certo. In realtà, essendo piuttosto minuti, non sembrano all’altezza di poter sopportare il peso della maggior parte dei turisti, specie quelli in sovrappeso. Eppure sono imprescindibili per le persone non abituate a camminare a lungo, sotto il sole e su terreni sconnessi. Per costoro rappresentano l’unico modo di poter visitare Petra senza lasciarci la salute.

Restando nei pressi del Tesoro, un’altra attività molto proficua è quella di far pagare un pedaggio per raggiungere le zone più elevate del posto, quelle da cui è possibile ammirare il monumento da una angolazione più spettacolare. Sono essenzialmente due i punti panoramici, posti entrambi di fronte al Tesoro, ma non c’è verso di poter salire senza prima aver pagago un obolo al beduino di turno. In genere sono gli adulti a presidiare i passi, mentre i bambini, più agili e svegli, si occupano di accompagnare i turisti in cima al percorso. La contrattazione avviene alla base, ma il denaro va consegnato al tipo che regola il traffico sulla sporgenza da cui è possibile fare l’agognata fotografia. La stessa che ho immortalato io stesso qui sotto.

La scalata non è semplice ed è piuttosto pericolosa, a dirla tutta. In alcuni punti occorre camminare a filo di parete, con il vuoto sotto, cosa che rende l’avventura ancora più eccitante. Arrivati alla sporgenza (presso cui è addirittura possibile prendere un tè alla menta) occhio a non sporgersi troppo: non ci sono guardiani o parapetti e neppure delle semplici corde di sicurezza. E’ tutto affidato al buon senso dei turisti e non sempre la fiducia è ben riposta. I più temerari, infatti, non perdono occasione di scalare le rocce più alte pur di realizzare il selfie della vita… D’altronde, i beduini che presidiano l’area sono troppo occupati a smistare la gente che va e che viene e, soprattutto, a esigere i soldi pattuiti, per darsi preoccupazione delle acrobazie dei turisti.

Un’altra attività molto presente è la vendita di oggetti che hanno qualcosa a che vedere sia con il passato storico che con la natura del luogo. Si tratta in genere di oggetti d’artigianato locale, alcuni piuttosto ben fatti, mostrati in bell’ordine su lunghi palchi di legno disposti ai lati delle vie più transitate. Fra questi, segnalo gli immancabili magnetini (molto più a buon mercato che in città); gioielli artigianali, alcuni realizzati dagli stessi beduini dei dintorni; ceramiche varie; prodotti del Mar Morto (che però è meglio non acquistare qui, specie se il viaggio prevede una sosta in quella località); tessuti fatti a mano e tappeti; mini mosaici da parete (ma è meglio acquistarli a Madaba); oggeti di uso quotidiano intagliati nel legno d’olivo; abbigliamento beduino, con una offerta praticamente infinita di kefiah di ogni colore e fattura. Alcune bancarelle espongono perfino pantaloni larghi con disegni di elefanti, tutti originari del Vietnam o del Laos… Un capo di vestiario quantomeno bizzarro, ma estremamente utile, visto il clima del luogo.

Fra tutti gli oggetti esposti, segnalo i banchi in cui vengono venduti i cristalli di quarzo e altri minerali. Per gli appassionati si tratta di una occasione più unica che rara di poter acquistare un prodotto genuino, sia pure spesso allo stato grezzo, ad un prezzo che – previa contrattazione – può risultare molto vantaggioso. I minerali più ricercati sono il quarzo, nelle sue mille sfumature di colore, l’ametista, le arenarie colorate (la roccia che caratterizza Petra). Alcune bancarelle offrono anche minerali già lavorati, in forma di gioielli (collane, orecchini, anelli, bracciali), piccole sculture che richiamano il passato nabateo o romano (o perfino egizio!), bottiglie di sabbia colorata, spesso decorate con monumenti e panorami di Petra.

Non mancano, ma sono in netta diminuzione nei tempi recenti, i venditori di falsi manufatti, come monete romane, statuette nabatee e via dicendo. Un fenomeno piuttosto frequente presso i siti archeologici a cielo aperto, come sappiamo bene noi italiani, dove questi oggetti vengono prodotti con tale maestria da sembrare davvero antichi, così da indurre i più sprovveduti a ritenerli originali. Ripeto, ho visto solo qualche individuo isolato aggirarsi con una borsa di pelle da cui estraeva, in modo furtivo, oggetti di piccole dimensioni da mostrare ai turisti. L’importante è capire che se si avvicina un tipo che ti vende una moneta romana vecchia di 2000 anni a 10 dinari, allora o lui è un folle (perché potrebbe ricavarci 10 volte tanto vendendola ad un antiquariato) o è un truffatore. Non ci sono vie di mezzo.

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