Se c’è un luogo al mondo in cui è possibile effettuare un safari in quasi ogni angolo del paese, questo è lo Sri Lanka. Da nord a sud, da est ad ovest, non c’è un territorio che non possa vantare una riserva con ecosistema e animali tipici. I parchi sono numerisissimi, situati un po’ a macchia di leopardo (è il caso di dirlo), alcuni molto estesi altri piccolissimi. Sono così diffusi e capillari che esistono zone in cui le strade non possono fare a meno di attraversarli; è molto frequente pertanto assistere ad attraversamenti di elefanti, varani, manguste e coccodrilli, con relativo blocco del traffico e smadonnamento dei locali…
Malgrado questa premessa, devo confessare di non essere il più idoneo a consigliare in quale riserva fare un safari. Il perché è presto detto. Ho fatto la scelta sbagliata, probabilmente, anche se non del tutto insoddisfacente.
Il mio errore è dipeso innanzitutto dalla logistica. Ci serviva una riserva che fosse a metà strada tra Galle e Ella e che non ci constringesse a sprecare una notte in più rispetto a quella che avevamo preventivato. Le alternative erano due: Udawalawe e Yala. Noi abbiamo scelto il primo parco, meno esteso e più vicino alla strada che poi ci avrebbe condotto a Ella. E questo pur sapendo benissimo che Yala è sicuramente la migliore riserva dello Sri Lanka in quanto a frequenza di avvistamenti di animali, diversità biologica e complessità di ecosistemi. A Yala è possibile incontrare anche il leopardo, il che è tutto dire.
Ma perché non ci siamo andati? Il motivo era legato ad alcune foto viste su Internet. Le immagini di lunghe file di fuoristrada all’interno del parco ci avevano scoraggiato: sembrava che a Yala in certi momenti il traffico di camionette e jeep fosse più caotico di quello di Napoli nell’ora di punta. Le stesse guide di viaggio denunciavano con decisione questa situazione e invitavano esplicitamente ad andare da qualche altra parte, specie in alta stagione. Udawalawe era l’alternativa più ovvia. E noi siamo andati lì.
Udawalawe è comunque una riserva che non delude le aspettative. Certo, animali ne vedi pochi. Tanto per dire, il primo essere vivente che abbiamo incrociato più grande di uno scarabeo è stato un pavone, peraltro avvistato da molto lontano. Entelli e bufali d’acqua sono un po’ dappertutto e si vedono con una certa frequenza. Sciacalli e manguste, specie di mattina presto, si incontrano sui sentieri ma sono ovviamente difficilmente avvicinabili.
Gli elefanti ci sono, anche tanti, come in tutto lo Sri Lanka. Noi siamo stati relativamente fortunati perché abbiamo incrociato alcuni maschi mentre pascolavano nella boscaglia. Poco più oltre un gruppetto di femmine e piccoli ci è sfrecciato davanti in una radura. Per questi pachidermi tutto dipende dall’orario di visita. Gli elefanti si nutrono nelle prime ore del mattino e la sera, ed è allora che vanno in giro per il parco; durante il giorno, specie nelle ore più calde, preferiscono nascondersi all’ombra dei pochi grandi alberi rimasti e aspettare che faccia fresco.
Ciò che è notevole a Udawalawe – e vale il prezzo del biglietto – è il suo particolare ecosistema. Parliamo di quella che viene definita “foresta aperta” o “foresta secca”, ovvero un tipo di giungla che tende nel tempo a trasformarsi in boscaglia. Questo cambiamento, che nel parco è clamorosamente evidente, è dovuto al riscaldamento globale che sta riducendo progressivamente la portata delle pioggie ogni anno che passa. Quando siamo andati noi ci hanno detto che non pioveva in modo consistente da almeno 4 anni!
Tale situazione ha alterato il paesaggio rendendolo sempre più simile a una savana. Ciò ha comportato la scomparsa degli alberi più grandi e bisognosi di acqua (di cui rimangono solo i tronchi scheletrici), la diffusione di cespugli e piante specializzate nello sfruttamento del suolo arido, la progressiva riduzione dei bacini d’acqua. C’è un’area, a Udawalawe, in cui tutto ciò è visibile in un solo colpo d’occhio. E’ una vasta pianura alluvionale che con tutta evidenza un tempo ospitava un lago ma adesso è ridotta a una landa desolata cosparsa di scheletri di alberi morti. Sembra un luogo appena bombardato. Del lago originario sono rimaste poche ristrette pozze d’acqua intorno alle quali si affollano coccodrilli, uccelli palustri di ogni specie e dimensione (comprese colonie di pellicani), bufali, qualche cervo pomellato. Il paesaggio, pur desolato e triste, ha un fascino magnetico e romantico.
Udawalawe è una riserva che impegna non più di mezza giornata. Pertanto, se l’intenzione è quella di “avere un’idea” di cos’è un parco cingalese senza tuttavia passarci l’intera giornata, allora Udawalawe va bene. Se al contrario il desiderio è quello di una “full immersion” nella natura, possibilmente con frequenti avvistamenti di animali, allora consiglio Yala. Sarà anche iper-trafficato, ma è la riserva naturale più famosa di Sri Lanka e probabilmente vale la pena trascorrere una notte in più in zona pur di visitarla.
L’altro parco celebre dell’isola è Minneriya. Si trova a nord-est, presso Sigiriya, è un’area piuttosto piccola ma con una grande esclusiva: la presenza di centinaia di elefanti che si radunano ogni giorno in riva al suo grande lago artificiale. Lo spettacolo in questo caso è sempre assicurato. Minneriya possiede anche il grande pregio di essere facilmente raggiungibile da molte delle località del Triangolo culturale, quindi è possibile programmare una escursione di mezza giornata senza dover modificare i piani di viaggio o alloggiare in un nuovo albergo.