Riso cotto nel bambù, una tradizione culinaria antica e gustosa

A Longshen, nel Guangxi, un odore soave e prelibato invade gli stretti e tortuosi vicoli del paese. E’ un profumo di cibo, innegabilmente, che sulle prime pensi di saper individuare, facendo leva sull’archivio della memoria culinaria accumulata in tanti anni di viaggi. E’ qualcosa a metà tra l’arrosto e il bollito, ma fin da subito non si è in grado di determinare se l’ingrediente principale di tale pietanza sia carne, verdura o pesce. La questione diventa più chiara non appena si intravede, in un angolo appartato al di fuori di una casa, uno strano aggeggio fumante.

A prima vista sembra un barbecue arrangiato, e in effetti si scorge guizzare qualche vivida fiamma, ma ciò che è posto al di sopra, a cuocere, che lascia a bocca aperta. Sembrano spiedini, e in effetti ci assomigliano, ma in realtà sono sezioni di bambù ficcate nella brace e girate di tanto in tanto per evitare che si abbrustoliscano troppo. Il delizioso profumo proviene proprio da questi involucri, ed è tanto suadente che è difficile resistere alla tentazione di un assaggio.

Stiamo parlando insomma di un piatto tipico della zona, il famoso “riso cotto nel bambù“, una delizia che fonde cultura, natura e sapori unici. Conosciuto localmente come Zongzi, è una preparazione antica che risale a secoli fa, quando i popoli locali usavano il bambù come contenitore naturale per cuocere il cibo. Questo metodo non solo preservava i nutrienti, ma conferiva anche un sapore particolare al riso, grazie alla fusione dei suoi aromi con quelli del bambù fresco.

Come già accennato, la pietanza principale di questo metodo di cottura è il riso, e in particolare una variante di quello che in Occidente viene chiamato “riso alla cantonese”. La preparazione del piatto inizia con la selezione del bambù, che deve essere giovane e fresco per garantire che sia flessibile, aromatico e sufficientemente ricco di acqua, in modo da non andare a fuoco una volta posto sulle braci. Il bambù viene tagliato in sezioni di circa 20-30 centimetri e pulito accuratamente. All’interno di questi cilindri naturali, viene posto il riso glutinoso (o riso appiccicoso) precedentemente lavato e a volte mescolato con altri ingredienti come fagioli, carne, mais o funghi.

Una volta riempito, il bambù viene chiuso con delle foglie, spesso di banano, e poi cotto a vapore o direttamente sulla brace, come nel nostro caso. Questo metodo di cottura consente al riso di assorbire l’essenza del bambù, che gli conferisce un sapore leggermente affumicato e una fragranza unica, riconoscibile in ogni vicolo della cittadina. Il risultato finale è un riso aromatico e saporito, con una consistenza morbida e leggermente collosa.

La presentazione del piatto è altrettanto affascinante: il bambù viene servito direttamente al tavolo, tagliato a metà, in modo da poterci mangiare dentro. Il che non è poi la cosa più facile del mondo, devo essere sincero, specie se il locale – come quello in cui andammo noi – era sprovvisto di forchette o comunque di posate occidentali. Con le bacchette, dato anche lo spazio ridotto della canna, è stata un’impresa poter raccogliere i bocconi senza perdersi pezzi in giro.

Unica raccomandazione: evitare di gettarsi famelicamente sul riso perché rimane ardente per parecchi minuti dopo che è stato servito. I gestori dei locali, a tal proposito, non si fanno scrupolo di portare altri piatti – tutti assolutamente non richiesti – per ingannare l’attesa e mettere qualcosa nello stomaco. Una sollecitudine quasi sempre ben accetta, posso garantirlo, soprattutto quando hai camminato ore e ore su è giù per le risaie e avverti un vago quanto fastidioso languorino allo stomaco…

 

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