La Cina è una meta turistica di tutto rispetto, è innegabile, ma c’è un ostacolo iniziale che la rende meno attrattiva di tanti altri paesi. Sto parlando del visto, quel famigerato foglio di carta adesiva che è obbligatorio richiedere nel paese di origine e mostrare al momento dell’ingresso.
A parte la trafila burocratica richiesta, di cui parlerò in seguito, voglio innanzitutto segnalare che ad oggi (estate 2017) il visto per la Cina costa ben 127 euro e rotti a persona! Un esborso abnorme, innaturale, che non si spiega in alcun modo, dal momento che sembra un vero e proprio disincentivo a recarsi laggiù. Nel 2010, all’epoca del primo viaggio in Cina, il costo fu più contenuto, mi pare una sessantina di euro; nel 2015 abbiamo fatto tutto tramite agenzia e non abbiamo pagato più di 80 euro. Quest’anno, infine, la spiacevole sorpresa.
Che potevamo fare? Il volo per Shangai era stato pagato, così come il trasferimento aereo per e dallo Yunnan. Non avevamo modo di modificare il tragitto nè di fare altre variazioni. Oramai eravamo in ballo e dovevamo ballare. Abbiamo in sostanza digerito la consapevolezza che la nostra vacanza sarebbe iniziata con l’handicap (255 euro sono sempre una bella cifra). Non c’era altro da fare, pertanto, che passare alla fase due, l’impegnativa compilazione dei moduli.
Compilare correttamente il modulo di richiesta del visto per la Cina.
Il modulo in pdf che siamo obbligati a compilare è un documento piuttosto articolato che a prima vista sembra solo complesso, ma si rivela presto un vero e proprio incubo. Il motivo è semplice: bisogna riempire ogni campo senza tralasciare nulla, e se sbagli, o correggi qualcosa, allora devi incominciare da capo, visto che in consolato non accettano cancellature. Compilarlo senza fare mai un errore, quindi, è una impresa.
Ma ciò che sorprende di più è il tipo di informazioni che bisogna rilasciare. In Cina pare che vogliano conoscere nei minimi dettagli ogni minimo spostamento, dal momento in cui metti piede nel paese a quando lo lasci. Le domande presenti nel modulo tendono essenzialmente a stabilire che sei autosufficiente, hai reddito in abbondanza, hai un itinerario definito, non intendi in alcun modo derogare da questo itinerario neppure per un giorno, sai già da ora dove andrai a dormire. A questa prima serie segue la richiesta di informazioni che riguardano direttamente il tuo status. Chi sei? Che lavoro fai? Chi è il tuo datore di lavoro? Da chi è composta la tua famiglia? Sei già stato in Cina? Quante volte? E così via sullo stesso tono.
Si capisce che lo scopo è quello di individuare se il richiedente possa avere qualche posizione compromessa – secondo gli standard cinesi, naturalmente – nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, e quindi evitare che una persona potenzialmente fastidiosa possa entrare nel paese.
La parte difficile è il blocco nel quale bisogna inserire, per filo e per segno, l’itinerario di viaggio, con l’indicazione degli alberghi compresi. Le righe a disposizione sono solo 5, quindi se l’itinerario prevede più di 5 tappe allora sono dolori, perché bisogna scaricare un nuovo modulo e compilarlo solo in questa area. La cosa buffa è che il campo predisposto per la data ha la stessa dimensione di quello dedicato all’alloggio, e qui non solo bisogna riportare il nome dell’albergo ma anche il suo indirizzo. Io sono riuscito a scrivere tutto in caratteri piccolissimi e ravvicinatissimi, e nondimeno ho temuto fino all’ultimo che mi avrebbero contestato qualcosa…
Consegnare il modulo e tutti gli altri documenti.
Oltre al modulo, uno per persona, bisogna preparare anche altri documenti. Riporto di seguito ciò che ho preparato io, e quindi la documentazione tipica di fa un viaggio “fai-da-te” (agenzie di viaggi e organizzazioni varie probabilmente seguono altri criteri):
- Un codice per la privacy obbligatorio (scaricabile qui);
- le fotocopie delle prenotazioni degli alberghi; occhio che riportino anche il vostro nome e cognome;
- le ricevute dell’avvenuto acquisto del volo di a/r per la Cina;
- le ricevute di tutti gli altri mezzi usati per spostarsi (o comunque di quelli più importanti, tipo treni notturni);
- due foto in formato passaporto (con sfondo bianco).
Raccolti tutti i documenti, occorre finalmente recarsi al Centro Visti per la Cina, che a Roma si trova in Viale Regina Margherita 279, prendere il numeretto e prepararsi per la consegna. Non solo: preparatevi anche a qualche contestazione di tipo burocratico dell’ultima ora (non risulta l’indirizzo di un albergo, uno spostamento non è adeguatamente documentato, il tuo nome non compare in una email di risposta. ecc.).
Prepararsi alle inevitabili contestazioni.
L’ufficio è piuttosto ampio e ben illuminato, con molte file di posti a sedere che fanno pensare a pienoni di gente in attesa. Quel giorno di fine giugno, invece, non c’era quasi nessuno. Ho notato, peraltro, che i pochi presenti appartenevano quasi tutti ad agenzie viaggio o organizzazioni consimili, visto che portavano voluminosi fasci di cartelle e passaporti. Con il passare della giornata ho visto arrivare anche molti giovani, in coppia o a gruppetti, e sbirciando nei loro incartamenti ho capito che erano studenti che si recavano in Cina per imparare la lingua. Di turisti “fai-da-te”, nessun altro a parte me.
Il mio status di turista indipendente è apparso subito problematico una volta che la impiegata ha messo gli occhi sul mio incartamento. Ha cominciato infatti a scartabellare tra la documentazione scovando piccole dimenticanze, errori minimi, incongruenze, lacune. Alcune sviste le ha corrette lei, altre ho dovuto farlo io di mio pugno. Un aspetto che non avevo considerato – e che segnalo su questo post – è che le ricevute delle prenotazioni alberghiere che avevo stampato non mostravano il mio nome. Ciò mi ha costretto a cercare una copisteria e ristampare tutte le email ricevute degli alberghi facendo attenzione a mettere in dovuta evidenza che erano indirizzate proprio al sottoscritto!
Tornato allo sportello, la scena più comica di tutte. La ragazza mi contesta infatti che manca l’indicazione del luogo/albergo dove avrei trascorso l’ultima notte. Io rimango trasecolato, poiché fino a qualche minuto prima le avevo descritto per filo e per segno l’itinerario di viaggio, evidenziando accuratamente proprio dove avrei trascorso le notti. In poche parole, la signorina non riusciva a raccapezzarsi del fatto che noi avremmo passato una notte all’aeroporto di Shanghai, dato che l’aereo sarebbe partito alle due di notte. Per questo motivo quella notte non era stata segnalata nell’itinerario di viaggio consegnato.
Continuava a ripetere: “E vabbè, però qui non risulta una notte. Dove la passate questa notte?…” Ed io, costernato ma allo stesso tempo divertito, le ho ripetuto ben tre volte la mia versione degli avvenimenti, finché finalmente non ha riconosciuto che non c’erano incongruenze. Però l’ho vista scribacchiare qualcosa nella pagina finale del modulo; forse ha dovuto inserire lei una spiegazione per i burocrati che a Roma, o in Cina, si prendono la briga di verificare tutte queste carte – e che potrebbero non arrivarci…
Risolto l’equivoco s’è impossessata di tutti i moduli e i passaporti e mi ha dato un appuntamente a tre giorni appresso, ricordandomi maliziosamente di portare i 255 euro. Come se potessi dimenticarlo, ho pensato io…