A Kobe è possibile assaporare l’atmosfera di un autentico quartiere cinese. Basta recarsi a Nankinmachi, la “città di Nanchino”, luogo storicamente abitato da migranti provenienti dalla metropoli cinese. E’ uno dei posti più affascinanti da vedere e rivedere, magari perdendosi all’interno dei suoi vicoli pieni di negozietti, ristoranti, attività commerciali varie.
Noi avevamo l’albergo proprio accanto alla porta d’ingresso al quartiere. Non potevamo evitare di doverci passare almeno una volta al giorno. D’altronde, la struttura tipica di questo paese in miniatura, caratterizzata da case basse e strette, viuzze tortuose e piazze incantevoli, sembra progettata apposta per attirare irrestibilmente i turisti. Rispetto alla folgorante modernità del resto della città, il quartiere cinese di Kobe appare ai nostri occhi come la zona più autentica della metropoli; forse addirittura l’immagine più vera di come doveva essere Kobe prima del terremoto.
Tale impressione viene confermata quando si giunge nella piazzetta principale del quartiere. Qui sorge un piccolo, caratteristico e grazioso padiglione in stile cinese. Da numerosi tiranti, posti tra esso e i quattro angoli della piazza, penzolano le caratteristiche lanterne cinesi; di notte la loro luce dona al luogo un’atmosfera magica.
Il quartiere cinese di Kobe conserva comunque qualcosa che è tipicamente cinese. Gli odori. Qui le attività più importanti sono quelle della ristorazione – come del resto in qualsiasi altra Chinatown del mondo. I ristoranti, i locali caratteristici, le tavernette, i semplici chioschetti, abbondano in ogni angolo delle strade. Si cucina a qualsiasi ora del giorno e della notte e ognuno è specializzato in qualche piatto tipico della madrepatria: ravioli, dim sum, zuppe di vermicelli, piatti saltati al wok, anatre laccate, ecc.. I profumi sono intensi, conturbanti, piacevolissimi, specie ad una certa ora del giorno. E’ difficile resistere, direi impossibile.
La cucina nanchinese, peraltro, è tra le più raffinate della Cina. In un locale poco più grande di una tavola calda, in cui i piatti erano serviti su scodelle di cartone e le forchette erano di plastica, abbiamo mangiato un maiale in brodo scuro con noodles, cipolle e altri vegetali; una delizia indescrivibile! In un’altra occasione ci è toccato assaggiare dei ravioli che, parola mia, non ho più assaporato neppure le tre volte che sono stato in Cina!… Quindi il consiglio è il seguente: se siete a Kobe e per una volta avete intenzione di mettere da parte tempura, sushi e ramen, allora assaggiate qualche piatto tradizionale cinese che in Italia nessuno cucinerà mai. Non ve ne pentirete.