Mumbai, come superare il primo (traumatico) impatto

Mumbai è una città terrificante. Lo so, sembra un termine eccessivo, ma a mio modo di vedere Mumbai è uno dei pochi luoghi sulla Terra in grado di mettere in crisi il turista più incallito. Rispetto ad altre megalopoli con gravi problemi di sovraffollamento, traffico, povertà diffusa, disorganizzazione, sporcizia… Mumbai riesce ad avere tutto questo ma in dosi notevolmente maggiori, tali da risultare quasi insopportabili. Non biasimo quindi chi c’è stato e giura di non metterci più piede. Mumbai fa questo effetto. Ed è in grado di scardinare anche le più benevole disposizioni d’animo di chi, come me, ha fatto della tolleranza e della comprensione del contesto un principio cardine della vita.

Eppure, a voler essere onesti, Mumbai non è neppure una brutta città. Rispetto Nuova Delhi (visitata però nel lontano 2003, e quindi con ricordi piuttosto datati), risulta perfino gradevole. Una ampia zona centrale, concentrata nella parte finae della penisola, è caratterizzata da quartieri piuttosto eleganti, dove le ville di epoca coloniale si alternano ai maestosi grattacieli che svettano un po’ dappertutto. La zona costiera (Marina Drive) è perfino graziosa, con un ampio e scenografico lungomare che gli abitanti di Mumbai mostrano di apprezzare molto per le loro passeggiate serali, a giudicare da quanta gente si incontra. Certo, esistono anche i famigerati “slums”, i quartieri più poveri che sorgono a macchia di leopardo anche nelle zone più interne della città, e che a Mumbai sono particolarmente estesi e popolosi. Ma è difficile finirci dentro, anche volendo, perché non si trovano sui percorsi battuti dai turisti.

Insomma, Mumbai possiede tutti i presupposti per poter essere considerata una nuova Bangkok o Kuala Lumpur, ovvero una città complessa ma accogliente con i turisti, a prescindere dai suoi problemi. Ma non è così, perlomeno non ancora. Mumbai è una megalopoli che malgrado le buone intenzioni, non riesce ad essere una destinazione di viaggio appetibile quanto altre città asiatiche. Risulta al contrario scorbutica, difficile, spesso chiusa in se stessa, ostile con i visitatori, che sono costretti a mettersi nelle mani di guide più o meno autorizzate per potersi concedere anche una semplice passeggiata. Ciò non significa che Mumbai è pericolosa, non comunque più di altre grandi città. E’ solo troppo grande e troppo catica per garantire la stessa serenità che si prova per esempio a Bangkok o a Kuala Lumpur.

Il primo impatto con Mumbai ti lascia un segno indelebile, difficile da superare. Anche la minima attività ci sembra estremamente complicata. Come attraversare la strada, per esempio, il cui tasso di pericolosità è inferiore forse solo a quello riscontrabile a Saigon, ma di poco. Oppure farsi una semplice passeggiata, cercando di scansare il flusso costante di individui che affollano i pochi marciapiedi o le strette vie dei mercati rionali. O anche driblare la folla di accattoni o di sedicenti guaritori che si avvicinano, spesso con malagrazia, per venderti qualcosa o farti qualche servizio indesiderato (come pulire le orecchie con un bastoncino acuminato). O ancora evitare di mettere i piedi in qualche cumulo di spazzatura abbandonata nei luoghi più impensabili, a volte perfino accanto ai centri commerciali di lusso o alle banche. Per non parlare delle distanze, che a Mumbai non c’è modo di colmare se non affidandosi ai taxi, e quindi esponendosi al traffico caotico della città, altro elemento in grado di guastare indelebilmente l’umore.

Tutto ciò incide inevitabilmente sul nostro modo di approcciare la città, è indubbio, e condiziona le nostre scelte su cosa fare, dove andare, come farlo e se ne vale la pena. Se ogni attività si trasforma in una lotta feroce per imporsi pazienza e tolleranza di fronte a ogni minimo intoppo, allora diventa problematico gestire il proprio tempo a Mumbai. Quindi è bene regolarsi secondo delle regole generali di civile convivenza e cercare di dedicare la minore attenzione possibile a tutto ciò che disturba la nostra psiche.

In primo luogo, evitare di cercare di fare tutto subito. Il consiglio è quello di dare al proprio corpo e alla mente il tempo di abituarsi a nuovi suoni, odori, persone e modi di fare. Capita di non essere serviti in un fast-food e di vedersi scavalcare continuamente da una miriade di giovani, donne velate, bambini scostumati? Non reagire, mantenere la calma e guardare il fenomeno con gli occhi dell’antropologo. Sentirsi sopraffatti da tutte queste situazioni, i primi giorni, è normale e direi anche indispensabile, per capire come comportarsi di conseguenza.

Ma la sensaziona a cui bisogna fare il callo, e il prima possibile, è abituarsi all’enorme disparità sociale che a Mumbai, più che altrove nel mondo, è così evidente e tangibile in ogni angolo della città. Come detto, grattacieli lussuosi convivono con le baraccopoli, e la povertà è molto presente, visibile, evidente in ogni suo più miserevole aspetto. Questo impatto può essere scioccante e difficile da processare, lo so, ma non ho consigli adatti a superare questa prova. Io in genere cerco di elaborare questi contrasti senza giudicare, applicando un filtro emotivo che mi rende più asettico rispetto alla realtà che mi circonda. E cerco sempre – e non sempre ci riesco – di comprendere le dinamiche sociali che causano a queste disuguaglianze. Comprendere non significa giustificare, naturalmente, ma si tratta comunque di un passo in avanti per abituarsi al nuovo ambiente: che non puoi modificare, che è così e lo sarà anche dopo che te ne sarai andato.

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