Lo definiscono il più affascinante zoo del mondo, visto che è quasi completamente immerso in una autentica foresta pluviale. O anche il migliore “open-concept” zoo che ci sia, dal momento che gran parte degli animali non sembrano essere rinchiusi in recinti visibili. Come lo chiami chiami, lo zoo di Singapore è senza dubbio una delle attrazioni a cui occorre dedicare una mezza giornata del proprio tempo (se basta) perché ne vale la pena.
Nel mio caso, lo zoo di Singapore rappresentava il primo approccio importante con la natura e la fauna di quella parte del mondo. Appena arrivati, ancora in balia del fuso orario, io e mia moglie non ci abbiamo pensato due volte e ci siamo precipitati a visitare questo giardino. Pensavamo, giustamente, che sarebbe stato il modo perfetto di iniziare il nostro viaggio in Malesia e Borneo. Malgrado avessimo in programma escursioni di tutto rispetto, sarebbe stato stupido perdersi questo ghiotto e corposo anticipo.
A parte per il costo (salatissimo), lo zoo di Singapore produce subito una impressione notevole sul visitatore. Appena superato l’ingresso, infatti, una serie di sentieri si inoltrano all’interno di una foresta pluviale in piena regola. Per chi non ha mai passeggiato all’interno di una vegetazione tropicale, fitta e intricata, si tratta senz’altro di una emozione unica. Io consiglio di indugiare un poco in questa zona per gustarsi appieno non solo la frescura prodotta dalle chiome degli alberi ma anche i suoni, i rumori, i canti di uccelli e scimmie.
Sono molte le cose da fare o da vedere, a qualsiasi orario del giorno o della notte, allo zoo di Singapore. Non starò a descriverle tutte perché sarebbe inutile (questo link asseconderà meglio lo scopo). Mi limiterò a parlare delle star indiscusse dello zoo di Singapore, che nel lontano 2008 erano tre: gli oranghi; le tigri albine; i varani di Komodo. Tutti gli altri animali, che rappresentano buona parte delle specie della terra, sono altrettanto importanti, ma si possono trovare in qualsiasi altro zoo del mondo. I primi tre, invece, sono delle attrazioni assolute, e come tali devono essere trattate.
Oranghi dappertutto
Quasi subito ci si imbatte in alcuni esemplari adulti di orango che girovagano per il parco apparentemente senza alcuna restrizione. Alzando gli occhi, infatti, ci si accorge che parecchie corde parallele sono state legate ai rami degli alberi; esse tracciano dei percorsi aerei piuttosto articolati tra una macchia di vegetazione e l’altra. Sono delle vie create apposta per gli oranghi del parco (non tutti in verità) e utilizzate per spostarsi da un settore a un altro, in piena libertà. In questo modo si evita agli animali la sgradevole eventualità di dover attraversare i sentieri percorsi dai turisti.
E’ impossibile non prestare attenzione al fenomeno: le grida di entusiasmo (o di spavento) che giungono dappertutto ti avvertono che c’è qualcosa di straordinario da osservare, e così ti accorgi che un grosso primate rossiccio ti sta passando sopra a non più di 8-10 metri dal terreno. Gli oranghi, in realtà, riservano agli umani sottostanti la minima attenzione sindacale. Ciò che interessa loro – e lo capirai ben presto – è il feeding time, il momento in cui alcuni addetti li riuniranno su un trespolo e daranno loro da bere e da mangiare.
Questo spettacolino avviene ad intervalli predefiniti lungo il corso della giornata e coinvolge gruppi sempre diversi di oranghi. Quando lo abbiamo incrociato noi, gli attori in questione sembravano recitare un copione in cui tutti rispettassero delle parti specifiche. C’era infatti il bonaccione, lo stupidone, il furbetto, il ribelle. La pantomima, condotta dai primati e dagli umani con impeccabile precisione di tempi e situazioni, prevedeva alcuni momenti di ilarità provocati dal comportamento degli oranghi durante il feeding time. Un orango in particolare tentava continuamente di “rubare” il cibo agli altri 3 senza farsene accorgere dai guardiani; tentativi che a volte andavano a buon fine, altre volte no, ma in ogni caso sollevavano sempre reazioni entusiastiche da parte degli astanti.
Tigri bianche che fanno il bagno
Le tigri albine, caso più unico che raro in natura, sono il secondo momento eccitante che lo zoo di Singapore offre in esclusiva a coloro i quali hanno pagato il biglietto. Questi animali – una coppia al momento della mia visita – sono semplicemente splendidi. E splendido è senza alcun dubbio lo straordinario scenario che è stato costruito intorno a loro nello zoo. Una zona che a prima vista non mostra alcuna recinzione o gabbia, interamente ricavata in una delle aree più boscose del parco, con al centro un delizioso laghetto irrorato da una cascatella. Un luogo ideale che le trigri bianche mostrano di gradire particolarmente; non è raro infatti vederle a mollo nelle ore più calde della giornata.
La particolarità di questa e di altre ambientazioni simili (la zona dei leoni, per esmpio) è che gli animali sembrano liberi di muoversi a loro piacimento, senza alcun limite visibile. In alcune situazioni, in effetti, ho provato una certa inquietudine perché il felino sembrava davvero vicino e fra di noi non riuscivo a scorgere neppure la canonica fossa, sia pure nascosta. E’ chiaro che qualche sistema per tenere dentro i propri ambiti questi animali pericolosi esiste e deve essere per forza di cose efficace. Ma tutto è stato studiato in modo che il visitatore abbia l’impressione di trovarsi all’interno di una zona naturale, quasi priva di elementi estranei, come in un safari. E devo dire che è davvero una impressione entusiasmante…
Un varano enorme e sempre affamato
E veniamo all’ultima grande attrazione dello zoo di Singapore. Si tratta dell’animale simbolo di quelle parti, forse il più celebre, temuto, frainteso e incompreso di tutti: il drago di Komodo. Rettile mostruoso che in verità appartiene alla fauna indonesiana, è vero; ma nello zoo di Singapore può vantare una collocazione speciale, molto suggestiva, che permette di poterlo ammirare restando a pochi metri di distanza senza correre alcun rischio. Lo zoo di Singapore può vantare alcuni esemplari davvero notevoli. Uno in particolare è tra i più grandi in assoluto visti in cattività. Una bestia di oltre 4 metri, pesante, bavoso, che si aggira tra tutti gli altri esemplari più piccoli senza mostrare considerazione alcuna per l’altrui spazio vitale.
Il momento più gratificante è anche qui il feeding time. Viene introdotta una coscia di capra, appesa ad una corda, e mostrata al drago di turno che inizia ad osservarla con quello sguardo attento e ossessivo che mette i brividi. Infine il mostro si produce in un salto – molto apprezzato dai presenti – e tira giù il pezzo di carne. La facilità con cui lo riduce a brandelli e lo inghiotte, ossa comprese, è francamente terrorizzante…
Infine, segnalo una curiosità che rende questo bioparco ancora più particolare. Oltre agli animali più o meno relegati nelle loro zone protette, esistono parecchi esemplari di specie, per così dire, “imbucate”. Gli alberi dello zoo sono invasi da uccelli e pappagalli che con tutta evidenza provengono dall’esterno. Anche le volpi volanti sono molto diffuse, specie la sera, quando tornano dalle escursioni nella campagna circostante. Ma l’incontro più esaltante è quando un varano ti attraversa la strada. Ce ne sono tantissimi, e appartengono tutti alla fauna locale di Singapore. D’altronde, il varano è molto diffuso nei centri cittadini della penisola malese, quasi come il gatto da noi. Bisognerà farci l’abitudine.