Prima di parlare di cucina cingalese bisogna fare una premessa: malgrado la vicinanza con l’India, non è neppure lontanamente accostabile alla cucina di quel paese. Ne condivide molte spezie e aromi, è vero, ma non è la stessa cosa. Non prevede neppure molte varianti, in quanto a piatti e preparazioni: in pratica, la ricetta tipica è quella che viene chiamata, riduttivamente, Rice and Curry: un piatto in cui il riso è invariabilmente accostato ad una salsa di curry e ad una pietanza principale (carne, pesce, verdura). La scelta dunque si limita praticamente a queste tre pietanze e alla combinazione di spezie all’interno del curry.
Nondimeno, alcuni aspetti della cucina cingalese sono francamente attraenti. Per esempio, il profumo che emana un curry è qualcosa di indescrivibile; la piccantezza di certi alimenti è mitigata superbamente dall’uso del cocco, vero ingrediente principe di qualsiasi ricetta; il sapore delle verdure, specie le lenticchie rosse, è davvero inebriante… Pertanto non ci è sembrato strano che Mandjula ci avesse organizzato, a Ella, una lezione di cucina cingalese presso un ristorante locale.
Si tratta a quanto pare di una consuetudine che le agenzie di viaggi locali hanno l’abitudine di inserire nei loro tour. Conoscere meglio la cucina di un luogo non è un modo per comprenderlo più a fondo? E allora perché non cimentarsi con ingredienti e fornelli in autentico stile cingalese? Alla fine della lezione puoi gustare il frutto delle tue fatiche, e quindi almeno la cena è assicurata…
Il luogo destinato a questa prova era l’Honey Bee Garden, un ristorante-guesthouse gestito da una energica e simpatica donnina e dalla sua cerchia familiare. Si trova in una traversa piuttosto nascosta della strada principale ma è ben segnalato, come mostra la foto sopra. La signora ci ha accolto nella sua cucina, già attrezzata per la dimostrazione, sul cui tavolo principale erano disposti, in bella mostra, tutti gli ingredienti che sarebbero stati usati durante la serata, curries e verdure comprese. Sì, perché la cena sarebbe stata rigorosamente vegetariana.
La cucina assomigliava a quelle che un tempo utilizzavano le nostre nonne. Accanto ai due fornelli a gas principali, infatti, troneggiava un camino in cui, su una brace accuratamente tenuta sotto controllo, stava bollendo una caraffona d’acqua. Un gatto maculato, incurante del trambusto, sonnecchiava beato sull’unica sedia disponibile, e non mostrava di volerla mollare per nessun motivo al mondo.
Come detto, il cocco e le varietà di curries sono gli ingredienti principali della cucina cingalese. Il primo elemento viene sfruttato a fondo e nulla di esso viene minimamente sprecato. La polpa, infatti, viene grattugiata con un attrezzo particolare – agganciato al tavolo tipo morsa da falegname e provvisto di una vite a rotazione interna – e ridotta in particelle grosse. Poi viene inserita in un setaccio e inondata con acqua bollente. La scorza dura è utilizzata dagli artigiani per produrre mestoli, contenitori e divertenti sculture pelose.
Tornando alla preparazione, ciò che si ricava dal trattamento appena visto è il famoso latte di cocco. La farina grattugiata è sottoposta alla stessa manipolazione due-tre volte, fino a che l’acqua non è quasi trasparente. Quest’ultima viene poi utilizzata come liquido da cottura. Il resto, cioè la massa informe e grumosa e ormai asciutta, non viene buttato, come ci si aspetterebbe. Costituisce la base di un piatto molto originale, questo sì propriamente cingalese, in cui il cocco è mischiato al peperoncino, ai pomodori a pezzetti e a una salsetta acre e piccante allo stesso tempo, più qualche altra erbetta che non sono riuscito a individuare. Quiesta pietanza – abbastanza inopinatamente – viene offerta la mattina a colazione da alcuni alberghi… Ma assicuro che è gustosa assai.
La lezione di cucina cingalese è iniziata con la presentazione dei vari tipi di curries: rosso, chiaro, scuro, per carne, per vegetali, per lenticchie… ce n’erano così tante varietà che in breve abbiamo perso i conti. La donnina non si è persa d’animo è ha iniziato la dimostrazione tagliando le verdure e costringendoci a grattugiare il cocco, operazione devo dire piuttosto pericolosa, perché la vite rotante all’interno dell’attrezzo viene spesso in contatto con le nostre mani, producendo graffi e ferite.
Ogni ricetta prevedeva la disposizione preliminare di tutti gli ingredienti costitutivi all’interno di una pentola di terracotta. Quella della foto è la ricetta delle lenticchie rosse al curry, piatto molto diffuso in tutto lo Sri Lanka e anch’esso offerto generosamente sia a colazione che a pranzo che a cena. Gli ingredienti, come si può vedere, sono piuttosto semplici. Le lenticchie, naturalmente, cipolla, peperoncino verde e foglie di curry si dinstinguono chiaramente. Meno facile è individuare la natura e il contenuto delle polveri collocate su di essi. A memoria, penso che la polverina ocra sia paprica, quella arancione sia un curry per vegetali e quella marrone sia senape… ma posso ovviamente ricordare male.
La preparazione di questo piatto è semplice e veloce. Sulla fiamma si riscalda un wok con dell’olio (di cocco, naturalmente); appena caldo si gettano dentro cipolle, aglio e verdure in foglia; poi il latte di cocco, a coprire il contenuto e quindi spezie e lenticchie. Che, essendo molto piccole e fragili, si cucinano in un attimo e tendono a sfaldarsi. Il risultato è una specie di crema densa e profumata utilizzata per accompagnare il pane locale, simile al naan indiano ma più spesso.
Tutti piatti cucinati quella sera hanno seguito la stessa identica procedura. E alla fine il risultato è stato quello della foto sotto. Con conseguente abbuffata.