Le terrazze di riso di Longji, conosciute anche come le “Terrazze del Dorso del Drago,” sono uno dei paesaggi agresti più spettacolari della Cina. Situate nella contea di Longsheng, nella provincia di Guangxi, queste terrazze si estendono per diversi chilometri lungo le pendici delle montagne, regalando panorami indimenticabili. Questo paesaggio è tipico delle aree rurali dove è il riso è la risorsa predominante, ma non è certo l’unica. Negli ultimi anni i villaggi di questa contea hanno visto un incremento esponenziale del turismo, tanto da dover contingentare gli ingressi ai luoghi più famosi tramite il pagamento di un biglietto.
Oggi le terrazze di riso di Longji sono uno dei luoghi più affollati e turisticamente sfruttati della Cina. Tanto da aver piegato parte delle attività tradizionali alla dura (e redditizia) legge del capitalismo. Un villaggio come quello della foto (Ping’an) è ormai un supermarket di offerte per turisti di ogni tipo: ristoranti, bar, negozi di chincaglierie, spa, tour operator che organizzano escursioni, servizi di trasporto su portantine, alberghi per ogni portafoglio… Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ogni servizio è focalizzato sull’unico fondamentale intento di trattenere il turista quanto più tempo possibile in zona.
Ping’an è uno dei villaggi più visitati, ma ce ne sono anche altri, come Dazhai e Xiaozhai, che offrono viste e esperienze altrettanto affascinanti. I turisti di solito arrivano prima a Guilin, una città ben collegata da voli e treni con il resto del paese. Da Guilin, ci sono autobus e tour che portano direttamente a Longsheng e ai villaggi delle terrazze di riso. La visita in genere si svolge nell’arco delle ore diurne, per dar modo di esplorare senza pericoli ogni anfratto della zona, mangiare qualcosa, comprare un souvenir e poi tornare indietro prima che faccia buio. Da qualche anno, però, l’offerta turistica si è perfezionata e sono molte le guesthouse e gli alberghetti che sono sorti in questi piccoli e deliziosi villaggi cinesi. Il consiglio che dò, quindi, è di restarci almeno un paio di notti, in modo da poter gestire al meglio la visita dei dintorni.
Le terrazze di riso di Longji hanno una storia di oltre 600 anni, risalente alla dinastia Yuan (1271-1368) e alla dinastia Ming (1368-1644). Sono state costruite dai popoli Zhuang e Yao, minoranze etniche che abitano la regione, utilizzando l’unica soluzione ingegnosa disponibile per lavorare un terreno montuoso e difficile. Le terrazze vengono create scavando il terreno in livelli successivi lungo le pendici delle montagne. Ogni terrazza è delimitata da argini di terra, che contengono l’acqua e il terreno. Questo permette di trasformare un terreno montuoso e irregolare in una serie di superfici piane adatte alla coltivazione del riso.
La gestione dell’acqua è l’aspetto geniale di questo sistema. Le terrazze sono progettate infatti per trattenere l’acqua più a lungo possibile; solo così il riso può crescere e germogliare. L’allagamento, inoltre, impedisce la crescita di erbacce infestanti che potrebbero pregiudicare il raccolto. L’acqua proviene principalmente dalla pioggia e dai ruscelli di montagna, e viene distribuita attraverso un sistema di canali e dighe che assicurano che ogni terrazza ne riceva una quantità sufficiente, né troppa né troppo poca. Durante l’anno, le terrazze cambiano colore: in primavera sono piene d’acqua e riflettono il cielo, in estate sono verdi di riso, in autunno dorate e in inverno possono essere innevate.
Nell’estate del 2010 giungemmo a Ping’an come tappa intermedia del trasferimento da Yangshuo a Guilin. Quindi si trattò di una visita breve e piuttosto affrettata. Ci trovammo subito di fronte a un posto di blocco, presidiato dalla polizia, che impediva il passaggio agli stranieri privi di biglietto (i locali potevano passare liberamente). Una volta acquistato, siamo stati circondati da una miriade di portantini che ci invitavano a utilizzare il loro servizio di trasporto su lettiga. Un sistema all’apparenza molto faticoso, visto che la strada si inerpicava lungo la collina seguendo un percoso a zig zag. Ovviamente abbiamo preferito procedere a piedi e fino a un certo punto non ce ne siamo pentiti.
I problemi sono iniziati una volta lasciata la strada e affrontato il sentiero che conduceva direttamente nel centro del paese. Era in pratica una scalinata, lunga, stretta, irregolare, che in certe zone lambiva un ruscello a strapiombo e in altre si infilava in mezzo alle risaie. Tutto molto bello, certamente, ma in alcuni tratti il via vai di gente in entrambe le direzioni rendeva la salita faticosa, snervante e un tantino pericolosa. E quando incrociavi proprio le lettighe non c’era molto da fare: dovevi lasciare il passo e metterti da parte. Il che significava, il più delle volte, uscire dal sentiero oppure ricavarsi uno spazietto appena sufficiente in bilico sulle scarpate di sotto.
Arrivati nel villaggio, siamo stati accolti da un’animazione inconsueta, almeno per un villaggio dall’apparenza bucolica come Ping’an. Dappertutto sorgevano esercizi commerciali di ogni tipo. Si può dire che la maggior parte delle costruzioni visibili non sembravano neppure abitate, ma solo adibite a qualche attività turistica particolare.
La gente del luogo sfoggiava abiti tradizionali, ma a parte qualche angolo più rustico, tutto era straordinariamente ordinato, pulito, organizzato e soprattutto moderno. Una messiscena per turisti, insomma, come in tanti altri luoghi analoghi della Cina. Non era raro, infatti, incontrare qualche bella ragazza abbigliata come la nonna o la bisnonna che invitava i visitatori a bere un tè o ad assistere a qualche spettacolo di musica e danza tradizionale. Salvo poi tirare fuori l’immancabile telefonino e iniziare a chattare, o a giocare, aspettando il prossimo gruppo di turisti.