Dali è una tappa che non esito a definire fondamentale. Consiglio pertanto di non trascurarla, nonostante molte guide turistiche provino ad escluderla a tutto vantaggio di Lijiang, città ben più celenbre del nord. Secondo me invece rappresenta il primo passo verso la comprensione dello Yunnan, quello delle montagne innevate, delle foreste di pine e abeti, dei fiumi in piena; senza dimenticare ovviamente lo yogurt di yak. Si potrebbe dire che a Dali la Cina inizia a dissolversi lentamente nel Tibet.
Malgrado venga considerata una “cittadina”, Dali non è così minuscola e irrilevante come viene descritto. Si estende sulla sponda ovest di un lago ed è divisa in due zone ben distinte: il centro storico, racchiuso da mura e dalle sue famose quattro porte; e tutto il resto del centro abitato, una anonima periferia con palazzi piuttosto malandati e qualche brutto grattacielo in stile socialismo reale.
La “Dali vecchia” (Old Town) è il nucleo vitale della città. La si raggiunge oltrepassando una delle quattro porte di epoca medievale, poste all’inizio di due grandi viali a croce che tagliano perpendicolarmente la città. La nostra guesthouse, non mi ricordo se per caso o per calcolo ragionato, sorgeva proprio di fronte a una di queste porte, quella Est, verso il lago.
Il primo colpo d’occhio è stato favoloso: la porta sembrava in ottime condizioni e si ergeva imponente su un mare di casupole insignificanti, quasi a ribadire l’importanza di un passato glorioso rispetto a un presente piuttosto dimesso. In effetti, tutto ciò che è antico in Cina – e che è stato preservato dalla furia distruttiva del tempo, delle religioni, della politica – conosce poi una nuova vita, torna quasi nuovo, a volte sembra in migliori condizioni rispetto a tutto il resto del circondario…
Il tour classico all’interno della città vecchia inizia sempre da una delle quattro porte di Dali. Una volta superata, ci si incammina su un ampio viale che conduce invariabilmente ad un ampio crocevia, dove non è un caso che facciano la loro comparsa le uniche attività commerciali occidentali di rilievo: McDonald e Pizza Hut. Ma sono due eccezioni in un mare di negozi tipicamente cinesi.
I turisti iniziano ad aumentare nel corso della giornata, diventando una valanga umana in certe ore di punta. E sono quasi tutti cinesi. Questa è stata la prima cosa che ho notato: rispetto ad altre zone della Cina, come per esempio il sud e Pechino, qui i turisti occidentali sono pressoché assenti. Strano, mi sono detto: questa parte dello Yunnan è considerata una delle mete più celebri del paese, la stessa Lonely Planet dedica ad esso una buona parte del suo ingombrante manuale di viaggio. Eppure i turisti occidentali erano proprio pochi; e fra questi pochi, la metà erano italiani!
Passeggiare su questi viali pedonali, comunque, è una attività molto gradevole – sempre che non piova, naturalmente. La strada – e questa è una caratteristica di ogni centro abitato dello Yunnan – presenta un canale laterale di sfogo dentro cui le acque cristalline scorrono come torrenti montani. Ogni tanto si apre un cortiletto con un tempietto familiare, con i suoi bravi bstoncini di incenso che contribuiscono a profumare l’aria.
A Dali c’è molto da vedere, altrettanto da acquistare. Le case sono in legno e restaurate secondo i vecchi sani criteri, quindi sembrano più antiche di quanto lo siano realmente. A pianterreno, come si vede in foto, una serie infinita di esercizi commerciali in cui è difficile non trovare qualcosa da comprare. Fra tutti i beni disponibili, consiglio di entrare in una caffetteria locale e assaggiare il famoso – per i cinesi, ovviamente – caffè dello Yunnan. Un gusto anonimo, a dire il vero, a metà tra il caffè americano e un kopi indonesiano; vale la pena tuttavia dedicare un po’ di attenzione al metodo di preparazione, che è tradizionale e divertente.
Altro alimento da street food, tipico della cittadina, sono i succhi di melograno prodotti al momento; i frutti in questione sembrano acerbi perché i chicchi sono gialli o addirittura biancastri, non rossi come i nostri; il gusto tuttavia è all’altezza delle aspettative. Non altrettanto il prezzo, perché mi pare che un bicchiere costi 3 euro, cioè l’equivalente di una colazione all’americana completa in un hotel 4 stelle!