Lasciando Fez e procedendo verso sud lungo la N8, è inevitabile attraversare l’Alto Atlante, il massiccio montuoso che fa da confine tra il nord mediterraneo e il sud sahariano. La strada si inerpica lentamente, iniziano a sparire i campi coltivati e le aree pastorali, la presenza umana si fa sempre meno evidente. Il panorama inizia a cambiare radicalmente: le aree boschive sono sempre più estese e frequenti. L’aria si fa più fresca e frizzantina. Ancora pochi chilomentri e ci troviamo a circa 1500 metri sul livello del mare e fatichiamo a credere di stare ancora in Africa. La grande montagna ci sovrasta in tutta la sua bellezza ed è tappezzata di neve in più punti anche in estate; ai suoi piedi, per parecchi chilometri, si scongono enormi foreste di conifere che ricordano le nostre Alpi. I villaggi hanno case dal tetto spiovente, tipiche delle zone con abbondanti precipitazioni nevose.
Siamo arrivati ad Azrou, un luogo simbolo di questa parte del Marocco, e non solo per le sue stazioni sciistiche. E’ questo l’habitat naturale (e non si sa ancora per quanto) delle famose bertucce dell’Alto Atlante, la stessa specie di scimmia che si trova anche in Europa, e precisamente a Gibilterra. Sono loro una delle attrazioni principali di questo posto così inusuale e affascinante. Insieme ovviamente agli immensi boschi di cedri secolari. E anche noi, nel 2007, siamo andate a trovarle.
Innanzitutto bisogna chiarire un concetto: sono bertuccie o macachi? Secondo l’attuale classificazione, le scimmie che abitano l’Alto Atlante appartengono alla specie Macaca Sylvanus, ma vengono chiamate anche Macachi di Barberia. Sono quindi dei macachi a tutti gli effetti, peraltro abbastanza riconoscibili, e la parola bertuccia è solo il nostro modo, in italiano, di chiamare queste scimmie.
Esistono molti spazi in cui è possibile posteggiare la macchina e dedicarsi alla ricerca di questi simpatici animali. Una ricerca che si rivela quasi sempre brevissima, visto che le bertuccie hanno capito perfettamente che conviene farsi trovare piuttosto che scappare via. I turisti, infatti, sono prodighi di doni alimentari, come brioche, patatine, frutta e verdura, e fanno la fila pur di avere un contatto il più ravvicinato possibile con i soggetti in questione.
Tutto questo malgrado sia ufficialmente proibito dare da mangiare alle scimmie. Ma che vuoi farci, a quanto pare l’unica forma di interazione che l’uomo concepisce con i suoi cugini animali consiste nel dar loro del cibo. Una brutta abitudine che incoraggia le bertucce a comportamenti sempre più aggressivi e prepotenti. Anche ad Azrou, così come in altre parti del mondo in cui i macachi vivono insieme all’uomo, occorre prestare molta attenzione quando ci si avvicina ad una scimmia che pensa di avere tutti i diritti di pretendere il tuo cibo.
Ad ogni modo, le bertuccie di Azrou mi sono sembrate mediamente più socievoli e rilassate dei loro cugini macachi. Sarà stato l’orario (le abbiamo incontrate all’ora di pranzo), o il caldo, che malgrado l’altitudine si faceva sentire, ma gli animali sembravano addirittura indifferenti alla nostra presenza. Le scimmie che si avvicinavano ai turisti con l’intento di indagare se avessero o no del cibo erano poche, per di più cuccioli o femmine gravide. Ovunque prevaleva una atmosfera di disinteresse generale, direi perfino di indolenza. Una coppia di turisti marocchini ha dato una banana ad un grosso maschio che l’ha presa, l’ha tenuta in mano come se non sapesse che farsene e poi l’ha lasciata a terra e se n’è andato.
In verità, a quell’ora del giorno, le bertucce di Azrou sarebbero impegnate in una occupazione ben più importante: fare un pisolino. E difatti, basta volgere lo sguardo in sù, fra i cedri, che si scopre dove sono finiti tutti gli animali che cercavamo. Stanno dormendo, distesi o accovacciati tra le biforcazioni dei rami, alcuni in pose stravaganti e un tantino pericolose. Si godono quel momento magico, post prandiale, di pace assoluta, scandita dal canto ossessivo delle cicale e dallo stormire del vento tra le foglie. E nessuno può distrarle da questa occupazione essenziale, neppure l’uomo con le sue patatine o i biscotti.