La feluca è per definizione la barca del Nilo. Dal Cairo alla diga di Assuan, fende da secoli le acque del più lungo fiume del mondo, trasportando uomini e merci da una sponda e l’altra e collegando efficacemente le varie comunità. E’ un simbolo egiziano a tutti gli effetti, al pari delle piramidi o dei colossi di Abu Simbel.
Innanzitutto chiariamo subito cos’é una feluca. Una feluca è sostanzialmente un’imbarcazione marittima, prestata al fiume, realizzata seguendo un design molto antico, inalterato da generazioni, e provvisto di ampie vele triangolari di tela e uno scafo interamente in legno. In teoria, l’imbarcazione farebbe affidamento unicamente sull’energia eolica per la propulsione. In realtà tutte le feluche di Assuan sono equipaggiate con potenti motori giapponesi, magari un po’ datati, che consentono di gestire la navigazione in qualsiasi situazione metereologica. Una feluca trasporta comodamente da 1 a 10 persone; il ponte, generalmente piuttosto stretto, dispone di sedute laterali in legno coperte da morbidi cuscini e tappeti colorati; è dotato di un baldacchino che offre ombra e protezione dal sole. Il capitano, infine, governa la barca a poppa, utilizzando un timone a barra e gestendo le cime delle vele senza quasi spostarsi.
Il luogo in cui abbondano più feluche che in qualsiasi altra parte del paese è senza dubbio Assuan. La capitale del sud dell’Egitto, infatti, trae gran parte della sua linfa (economica) vitale dal Nilo. Oggi come 5000 anni fa, non c’è attività che non si svolga sulle sponde o solcando le acque del grande fiume africano. Comprese le attività turistiche, ovviamente, e fra queste la prima in assoluto è senza dubbio la gita in feluca. Che offre l’opportunità di ammirare i dintorni della cittadina, il deserto, l’isola Elefantina, i castelli arabi, i monasteri, da una prospettiva senz’altro unica. Se una volta le feluche venivano utilizzate in gran parte per la pesca, oggi se ne trovano ben poche impegnate in questa attività. In realtà, la maggior parte delle feluche di Assuan sono occupate nello scorazzare i turisti da una parte all’altra del fiume. A cifre quasi sempre accessibili, previa doverosa trattativa, ovviamente.
Uno dei luoghi più affascinanti di Assuan, in effetti, è proprio il lungofiume di fronte alle isole. Non quello situato più a nord, dove si ammucchiano le navi di crociera per Luxor. Io intendo quel tratto di riva più a sud, adiacente ai quartieri popolari e al suk di Assuan, dove invece le feluche dominano incontrastate. Su questi moli i proprietari delle feluche si appostano per tendere delle vere e proprie imboscate ai turisti e vendere un giro con la propria barca, ormeggiata appena sotto. Alcuni si limitano ad un approccio discreto, l’indicazione del prezzo e delle mete da raggiungere e qualche lieve insistenza, ma poi lasciano perdere. Tuttavia, per il turista che riesce a superare un blocco se ne presenta subito un altro, e un altro ancora e così via fino a che non si entra nella città vecchia. Difficile quindi evitare di cedere, prima o poi, e concedersi una gita in feluca.
Nel 2012 la situazione era decisamente più traumatica. Di turisti ce n’erano pochi, specie in quella zona, poco frequentata dai clienti delle navi da crociera (che dispongono di imbarcazioni private); quei pochi venivano abbordati con veemenza, direi perfino con maleducazione, e risultava difficile potersi trarre fuori da questi pericolosi quanto fastidiosi agguati. Si percepiva, insomma, una tetra atmosfera di crisi, acutizzata dalla caduta verticale dell’afflusso turistico dovuto alla recente rivoluzione.
Di conseguenza, ogni singolo turista era visto come un portafoglio che cammina. Quel pomeriggio di 12 anni fa, io e mia moglie eravamo praticamente gli unici non autoctoni presenti sul lungofiume di Assuan. Chiunque incrociassimo ci guardava come una preda da ghermire al più presto, e comunque prima che lo facessero gli altri. Camminando sul marciapiede con il Nilo a sinistra e la strada a destra, eravamo continuamente affiancati, da un lato da feluche piccole e grandi i cui proprietari cercavano senza troppe cerimonie di attirare la nostra attenzione; dall’altro dalle immancabili carrozzelle con cavallo scheletrico che si trovano quasi dappertutto presso i siti turistici egiziani. E tutti ci vendevano le stesse identiche escursioni! La concorrenza, da quelle parti, era limitata a qualche lievissima differenza di prezzo, non alla qualità e varietà del servizio offerto.
La cosa buffa – e triste allo stesso tempo – era che non bastava rifiutare decisamente per sperare di essere lasciati in pace. Una volta licenziata una feluca, ecco che ne prendeva il posto un’altra, e questa ci accompagnava per qualche decina di metri finché anch’essa non riceveva il benservito. E così via, per almeno quasi tutto il tratto pedonalizzato. Stessa cosa dalla parte della strada, con le carrozzelle che avevano formato una lunga processione dietro di noi e si davano ordinatamente il cambio ogni volta che la prima della fila non otteneva il risultato sperato.
Questa incredibile situazione si è protratta fino a che la strada non ha svoltato verso l’interno della cittadina. Le feluche sono rimaste sul fiume e le carrozzelle non ci hanno più seguito, dato che stavamo addentrandoci in vicoli sempre più stretti e meno redditizi.