La notizia del giorno, fresca di appena qualche settimana, è che la Thailandia, finalmente, dopo due anni di infiniti tira e molla, ha deciso di non imporre più alcuna restrizione all’ingresso dei visitatori nel paese. Una scelta forse tardiva, rispetto ai paesi vicini, ma da adottare tempestivamente in vista della stagione estiva imminente. Un’altra estate senza turisti, infatti, sarebbe una tragedia dalle dimensioni epocali, e il paese non se lo può più permettere!
D’altronde, il modo in cui il governo Thailandese ha gestito l’uscita dalla pandemia da Covid-19 è stato caratterizzato da una lunga serie di scelte infelici e disastri annunciati. Ne sono tutti consapevoli, i thailandesi per primi, che hanno visto azzerare i propri introiti turistici a causa dei timori e delle indecisioni croniche di chi li comanda. All’inizio, come altri paesi, è stata imposta la chiusura completa, tipo Cina. Ciò a tutelato la popolazione da una diffusione capillare della malattia, riducendo il numero di casi e di morti rispetto agli altri paesi. Le autorità hanno pensato, pertanto, che bastasse chiudersi dentro casa, sbarrare porte e finestre, e aspettare che la buriana passasse. Inutile quindi ricorrere alla vaccinazione di massa, come abbiamo fatto noi in Europa, perché sicuramente, prima o poi, la pandemia sarebbe cessata.
Ma non è andata proprio così – e il caso recente della Cina lo ha dimostrato senza possibilità di dubbio. Nel 2021, quando il mondo iniziava a riprendersi (anche grazie alla vaccinazione), la Thailandia si è trovata di fronte al dilemma se continuare a chiudersi – e perdere milioni di dollari dal turismo – o iniziare ad aprirsi al mondo. Si è scelta una via mediana, che in teoria consentiva l’ingresso nel paese, ma a tali condizioni da renderlo praticamente impossibile. Le regole d’ingresso infatti sono state impostate in modo molto restrittivo: tampone all’arrivo, quarantena lunga, residenza obbligata in uno dei costosissimi hotel a prova di covid, nuovo tampone dopo 5 giorni e alla partenza. Abbastanza da deviare il flusso vacanziero verso paesi limitrofi e concorrenti come l’Indonesia e la Malesia.
Quando si sono resi conto dell’enorme baggianata, i sagaci governanti thailandesi sono corsi ai ripari e hanno creato le isole sandbox. In sostanza dei piccoli santuari covid free nei quali non era più richiesta la quarantena, a patto di essere vaccinati, di sottoporsi al solito tampone all’arrivo e – soprattutto – di non pretendere di andarsene in giro per il resto della Thailandia, ancora ostinatamente chiusa ai visitatori esterni. Il risultato? Il flusso di viaggiatori si è ulteriormente ridotto, dato che le isole non erano proprio covid free: i locali, infatti, malgrado la propaganda, non erano stati vaccinati!
Questa è la storia. Dal 9 gennaio scorso la Thailandia ha capito che è finito il tempo delle incertezze e delle parziali marce indietro. Occorre fare un deciso passo avanti, dare certezze sia alla popolazione, sfinita dopo 2 anni di sofferenza, che agli operatori turistici internazionali, vettori aerei in testa, che devono avere il tempo di programmare i pacchetti e i voli per il paese.
Insomma, la situazione attuale è questa:
- Non c’è più nessuna restrizione all’ingresso in Thailandia
- Non è necessario mostrare la prova della vaccinazione Covid-19
- I viaggiatori non vaccinati possono viaggiare in Thailandia
- Per i turisti cinesi – per cui è richiesto un tampone al ritorno in patria – è necessaria una assicurazione sanitaria prima di entrare in Thailandia
- Nessuna assicurazione obbligatoria è prevista invece per gli altri viaggiatori, ma è fortemente consigliata