Il pezzo forte del Museo National de Antropología di Città del Messico è senza dubbio la Pietra del Sole. Collocata al centro della vasta Sala Mexica (la sala dedicata alla civiltà Atzeca), questo impressionante manufatto troneggia al di sopra di tutti gli altri reperti e attira immediatamente l’attenzione dei visitatori. La sua posizione, infatti, lo rende praticamente visibile da quasi ogni punto dell’esposizione.
Conosciuta anche come Calendario Azteco, questa pietra monumentale, risalente al periodo post-classico mesoamericano, non è solo un’opera d’arte di squisita fattura ma anche una testimonianza delle avanzate conoscenze astronomiche e cosmologiche degli Aztechi. In pratica, si tratta di un grande disco di basalto con un diametro di circa 3,6 metri e un peso di circa 24 tonnellate. Fu scoperta casualmente il 17 dicembre 1790, durante i lavori di scavo nella Plaza Mayor di Città del Messico. Inizialmente, in un’epoca in cui ogni testimonianza del passato pagano del Messico veniva nascosta, se non distrutta, fu utilizzata come rinforzo alla muratura di una delle pareti della Cattedrale Metropolitana. Successivamente fu trasferita al Museo Nacional de Antropología, dove è possibile ammirarla come uno dei pezzi più pregiati della collezione atzeca.
Ma cosa rappresenta realmente questo enorme disco al cui centro emerge, piuttosto inquietante, il volto di un demone che ci fa le linguacce? Senza addentrarci in spiegazioni didascaliche, dirò soltanto che il volto al centro è quello di Tonatiuh, il dio del Sole, e la lingua che sfoggia in modo irreverente è un coltello di pietra, simbolo dei sacrifici umani praticati dagli Atzechi (e non solo). Questo elemento centrale è circondato da quattro pannelli che rappresentano le quattro ere solari precedenti, ognuna delle quali finì in una catastrofe. Intorno al centro si dipanano anelli concentrici i cui simboli rappresentano i venti giorni del mese azteco, molte scene di combattimenti e rituali, simboli legati alla cosmologia e alla mitologia azteca. L’intero disegno è un’intricata rappresentazione dell’universo secondo la visione azteca, in cui gli esperti potranno scorgere dettagli che indicano l’importanza della religione, dell’astronomia e del tempo per questa civiltà. Noi, ovviamente, non abbiamo visto nulla di tutto questo.
La Pietra del Sole, malgrado il suo ottimo stato di conservazione, rimane un mistero anche per gli addetti ai lavori. Il termine “Calendario”, alla luce delle più recenti ricerche, è ritenuto infatti poco appropriato. Sembra piuttosto che venisse utilizzata come una sorta di strumento cerimoniale che combinava l’astronomia con la teologia: i due cardini di ogni civiltà che dipende dai fenomeni naturali e dai capricci della natura. I simboli scolpiti sulla pietra sono pertanto un riflesso delle credenze azteche sulla creazione del mondo e sul ciclo delle ere cosmiche. Eventi che, in qualche modo, andavano assecondati, ammortizzati, tramite cerimonie anche cruente.
Gli Aztechi credevano che ogni era fosse governata da un sole diverso e che la loro era attuale sarebbe stata distrutta da terremoti. La rappresentazione del dio del Sole al centro, con simboli di sacrificio, ci ricorda che il sacrificio umano nella religione azteca era fondamentalmente un mezzo per mantenere l’equilibrio cosmico e garantire la continuità della vita. Rappresentata, appunto, dal sorgere del sole ogni mattina. Evento a quanto pare non scontato, e ciò risulta ancora più controverso se si pensa che gli atzechi avevano delle conoscenze astronomiche molto avanzate. Con quel grado di competenza sui cicli di astri e pianeti, ci pare oggi impossibile temere che il sole, domani, all’improvviso, senza dare neppure un segnale premonitore, decida di non sorgere più…