La paella perfetta (purtroppo) non esiste

Esiste qualcosa di più tipicamente spagnolo della paella? Non credo. Essendo uno dei piatti più apprezzati dai turisti (meno dagli spagnoli), la paella è diventata uno dei piatti più iconici della cucina spagnola, e per questo viene inserita in ogni menu, cucinata a qualsiasi ora del giorno e latitudine, soggetta a improbabili accostamenti di pietanze e sapori… e non sempre con esiti felici. Di conseguenza, è facile incappare in ricette che – come avviene da noi per le amatriciane o per le carbonare – risultano piuttosto deludenti o perfino scadenti.

Il fatto è che tutti vogliono assaggiare, prima o poi, una paella. Questo piatto non solo è una esperienza gastronomica che non deve mancare, se vai in Spagna, ma rappresenta anche un modo intelligente di mangiare un piatto unico, saporito, ricco di ingredienti vegetali e animali, in grado di soddisfare il palato e al contempo di sostenere il fisico. Ma c’è paella e paella, come si può immaginare. Non tutte sono all’altezza delle aspettative.

A Tenerife è davvero difficile trovare una paella come si deve, e ciò si deve al fatto, non banale, che le Canarie non sono terra di paella. Tutti i ristoranti spagnoli ne hanno 3 o 4 varietà in menu, è vero, ma si tratta di prodotti spesso realizzati frettolosamente, ad uso e consumo di clienti stranieri che non sanno neppure come si cucina un uovo al tegame, figuriamoci una paella. In questi locali la versione più venduta (e più cara) è la paella de mariscos, la classica paella di mare, guarnita spesso di cozze e vongole e sormontata da uno/due enormi scampi appena cotti. La caratteristica di questo piatto, come ho potuto appurare personalmente, è che gli ingredienti sono stati cucinati separatamente e assemblati solo al momento dell’impiattamento. La presenza della padella scura con manici (la “paella”) è opzionale.

Le principali paelle offerte da El Paellador

Siccome è praticamente impossibile sottrarsi al rito, suggerisco una catena di ristoranti specializzati presenti anche sulle principali isole dell’arcipelago canario. Si tratta di “El Paellador“, provato in un paio di circostanze, che garantisce piatti che rappresentano un buon compromesso tra gusto, tradizione e costo contenuto.

Come si vede nell’immagine tratta dal loro catalogo, la varietà non è eccessiva. Si tratta in sostanza delle principali versioni di paella conosciute anche in continente, con nessuna o quasi digressione culinaria rispetto alle ricette originarie. Si può scegliere quindi la tradizionale paella valenciana, a base di coniglio e fagioli corallo, oppure quella di mariscos, dove al posto degli scampi si possono scegliere i gamberoni giganti. Per i vegetariani è presente anche la versione senza alcun tipo di carne.

Una delle varianti più gustose – a mio modo di vedere – è la paella negra, a base di sugo nero di seppia. In questo caso il riso risulta nero sia perché è nero di suo, sia per la presenza del nero di seppia, che peraltro dona al piatto un più deciso sapore di mare. Particolare anche la Fideuà (o Fideuà de Gandia). Si tratta di una variante della paella, che utilizza i vermicelli (fideus in catalano e valenciano) al posto del riso. Originaria della città di Gandia, nella regione di Valencia, la Fideuà è particolarmente popolare lungo la costa mediterranea spagnola.

E per chi non vuole misurarsi nella difficile attività di aprire vongole o scampi, ecco la paella del senorito (o paella senyoret, in catalano), dove tutti gli elementi sono stati preventivamente sgusciati e a volte sminuzzati, in modo da utilizzare solo la forchetta. Come dice il nome, da cui emerge una vena ironica e sprezzante, è la paella adatta ai “signori”, a chi non vuole sporcarsi le mani. Per gli altri, la massa del volgo, il piacere di sgusciare mitili e crostacei non ha prezzo…

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