L’archeologia è uno dei motori propulsivi del turismo. Milioni di persone sono disposti ad affrontare lunghi spostamenti, disagi inenarrabili, spese elevate al solo scopo di poter vedere un insignificante mucchietto di rovine sgretolate o ammirare un monumento diroccato appena riconoscibile. Ma vuoi mettere il fascino della scoperta? Quell’eccitazione di trovarsi in un luogo unico, antichissimo, misterioso, come un moderno Indiana Jones? Niente ti può ripagare di quelle emozioni.
Che sono peraltro le mie emozioni. L’archeologia è un punto fermo di ogni mio viaggio. Si può dire che ci sono località che ho praticamente escluso dalle mie scelte turistiche proprio perché non possiedono questa componente essenziale. Se non c’è qualcosa di antico da visitare, allora difficilmente prendo in considerazione il paese in questione. No archeologia, no viaggio. Per questo motivo la Giordania, per me, è stata la vacanza ideale sotto tutti i punti di vista. L’offerta archeologica è praticamente infinita, coinvolgendo quasi tutte le epoche storiche: la preistoria, le civiltà mesopotamiche, la Grecia ellenistica, Roma, Bisanzio, l’Islam… Ce n’è per tutti i gusti, letteralmente!
Fra gli innumerevoli siti giordani di interesse storico, Jerash indubbiamente ricopre una importanza speciale. Non è solo un sito, peraltro magnificamente gestito. E’ una instantanea di un periodo storico estremamente importante per la nostra civiltà. Rappresenta il momento in cui Roma imperiale dominava il mondo conosciuto, e non solo con la forza delle armi. A Jerash (l’antica Gerasa), il dominio di Roma è straordinaramente presente, avvertibile anche oggi, ed è essenzialmente culturale. La città, infatti, è un capolavoro di monumenti di ogni tipo e funzione che coinvolgono ogni aspetto della civiltà romana al suo massimo splendore.
Ci sono terme, templi, strade perfettamente realizzate, piazze monumentali, fontane, ben due teatri. Il meglio di una civiltà che, con poche deviazioni, è rimasta quasi inalterata nel nostro dna storico. A Jerash, insomma, la storia della cultura occidentale si respira ancora forte e prorompente. Per questo è un sito che va assolutamente inserito nell’itinerario di viaggio ideale in Giordania.
Per raggiungere il sito archeologico di Jerash è necessario affidarsi ad un taxi o utilizzare – come abbiamo fatto noi – un’auto propria. Aspettare i mezzi pubblici è una perdita di tempo che potrebbe rovinare il resto della giornata. In estate, infatti, le temperature sono piuttosto elevate, e restare in attesa di un autobus che non arriverà mai sotto il sole cocente non è una buona idea. L’ingresso si trova alla fine di una bella strada che si snoda, da una parte lungo un wadi piuttosto ripido, dall’altra a ridosso della collina su cui sorgeva la città vecchia. Il panorama è molto bello, specie quello sull’attuale Jerash, così tipicamente mediorientale. Si intravedono peraltro molte rovine romane, un ponte bizantino e qualche caratteristica moschea.
Arrivati al sito, si pone il problema di dove parcheggiare. Ma niente paura: esiste un parcheggio interno che è molto ampio. In certe ore del giorno, quelle più accaldate, è praticamente vuoto. Noi non lo sapevamo e – temendo di non trovare posto – abbiamo lasciato la macchina più vicino alla città, facendo poi tutto il percorso a piedi. L’ingresso al sito è gratuito grazie al Jordan Pass. Quindi non bisogna sborsare quei 20 euro e passa per acquistare il biglietto.
Una volta entrati, ecco il primo magnifico monumento ad accogliere i visitatori: l’Arco di Adriano, costruito in onore della visita dell’imperatore romano Adriano alla città nel 129-130 d.C.. E’ semplicemente splendido e lascia senza fiato per la sua perfezione e il grado di conservazione. Il monumento, come del resto tutti gli altri, è realizzato con blocchi di pietra calcarea locale, che era facilmente disponibile in zona e ampiamente utilizzata nell’architettura romana per la sua durabilità e lavorabilità. Il colore chiaro a caldo di questa pietra caratterizza tutti i monumenti di Jerash.
Non è mia intenzione dilungarmi in descrizioni su cui, sinceramente, non ho competenza alcuna. Lascio questo fardello ai manuali di architettura, ai siti internet specializzati o anche alla sempre beneamata – e quasi mai utilizzata – Lonely Planet. Invito solo a seguire un itinerario, all’interno del sito, che in qualche modo possa ottimizzare i tempi, gestire le lunghe camminate, vedere quasi tutto ciò che vale la pena vedere, senza lasciare troppi rimpianti.
Innanzitutto, un consiglio di carattere generale ma vitale: indossare abiti leggeri e coprirsi con un cappello a falde larghe. Anche la kefià – che viene venduta praticamente ad ogni angolo di strada, in Giordania – va bene. Quanto alle calzature, non ci sono alternative alle scarpe chiuse, possibilmente da trekking. Il percorso, a parte qualche zona pavimentata (ma si tratta sempre di pavimentazione romana di 20 secoli fa), è piuttosto accidentato, e comprende lunghi sentieri sassosi, zone sabbiose, aree disseminate di ruderi di ogni dimensione. Dato che la visita sarà lunga, portarsi dietro anche molta acqua e del cibo. Non mancherà occasione, infatti, di avvertire quel tipico, fastidioso languorino che ci sorprende dopo aver compiuto una scalata piuttosto impegnativa. E di scalate del genere, a Jerash, ce n’è parecchie…
Dall’arco di Adriano inizia il percorso standard attraverso il sito. Una ampia strada, sul lato sinistro della quale sorge un circo molto ben conservato, conduce al pezzo forte di Jerash, ovvero il grande Foro ovale. Una meraviglia dell’ingegneria urbana romana, da ammirare soprattutto dall’alto. Consiglio quindi di arrampicarsi sull’edificio prospiciente, un teatro, e affacciarsi da lì per scattare le foto panoramiche più belle. Questo luogo è una vera e propria rarità. Non ne esiste infatti un Foro con questa struttura, così inusuale per i canoni, sempre piuttosto rigidi e razionali, dei romani.
Dopo aver ammirato questa piazza e la sua pavimentazione a cerchi concentrici (anche questa un unicum), consiglio di volgere sguardo e gambe verso il Cardo Maximo, ovvero una delle due strade principali (l’altro era il Decumano) che costituivano la struttura portante della viabilità cittadina. Questo ampio stradone, costeggiato di colonne, conduce dopo parecchie centinaia di metri verso l’altro arco della città, utilizzato come porta di ingresso Nord. Sulla strada si affacciano innumerevoli edifici, alcuni ancora in ottime condizioni, che attireranno sicuramente l’ammirazione anche dei meno competenti.
Un luogo, in particolare, mi ha colpito: il Ninfeo, ovvero la fontana monumentale della città. Una vero capolavoro, una meraviglia che all’epoca doveva lasciare attoniti chiunque l’osservasse. Il Ninfeo di Jerash è uno dei monumenti più impressionanti e ben conservati della città antica di Gerasa. Uno straordinario esempio di architettura idraulica romana che non solo riflette la maestria ingegneristica dei romani, ma anche la loro abilità nel creare spazi pubblici esteticamente gradevoli e funzionali. La struttura del ninfeo è caratterizzata da un’ampia facciata decorata con nicchie, colonne e sculture. Originariamente, la facciata era occupata da una serie di statue raffiguranti ninfe e divinità acquatiche, oggi scomparse, che enfatizzavano il legame tra l’acqua e la mitologia. L’acqua quindi intesa non solo come risorsa vitale, ma anche elemento di bellezza e di civiltà.
Dal Cardo Maximo ci si può spostare sulla collina per visitare uno dei grandi templi che rendevano Gerasa così famosa in tutto il mondo ellenistico-romano. Si tratta del Tempio di Artemide, protettrice della città, un esempio superbo di architettura religiosa romana. E’ quello raffigurato nell’immagine di copertina di questo articolo. Essendo posizionato sulla collina più alta di Jerash, la vista dal tempio di tutta la città è davvero notevole e vale la lunga camminata in salita per raggiungerlo.
Una volta ripresici dalla fatica, consiglio di ritornare indietro percorrendo la cresta della collina, che porta direttamente al Teatro Sud, il più grande dei due teatri di Jerash e anche il più famoso. E’ un’altra – l’ennesima – meraviglia di ingegneria e design, progettato per ospitare un gran numero di spettatori (circa 3000) e per garantire un’acustica eccezionale. Il suo stato è praticamente perfetto: ancora oggi si vedono i posti con i numeri (romani) incisi sotto. Viene utilizzato per rappresentazioni teatrali, liriche e sinfoniche. Quando ci sono andato io, per esempio, erano in programma concerti serali con Riccardo Muti come direttore d’orchestra.
Mi fermo qui. Dico solo che Jerash è un sito che offre un’esperienza unica nel suo genere, permettendoci di camminare tra le strade di una città romana quasi perfettamente conservata. La sua storia, la sua architettura e il suo attuale ruolo culturale ne fanno una meta imprescindibile per chiunque sia interessato all’archeologia e alla storia antica. Visitarla significa fare un viaggio indietro nel tempo, esplorando una delle città più affascinanti dell’antichità.