Non occorre fare un elenco di quali e quante meraviglie naturali esistono a Bali. Anche un novizio (di terre tropicali, s’intende), è in grado di immaginare, senza compiere eccessivi sforzi cerebrali, che cosa lo aspetta una volta messo piede nell’isola. E d’altronde, il primo impatto, già fuori dell’aeroporto, è piuttosto eccitante. La natura incombe sulle strutture costruite dall’uomo con tutte le variazioni del caso: cespugli enormi, muri di bambù altissimi, macchie di fiori colorati, alberi giganteschi… Sembra quasi che intenda mettere in chiaro chi comanda davvero laggiù.
Ciò che emerge chiaramente è che Bali non è solo la terra delle spiagge, del surf, dei templi, della vita notturna e del cibo raffinato… è anche un luogo per molti aspetti primordiale, vergine, misterioso, in cui la natura domina ancora come mille o un milione di anni fa. E solo in alcuni punti l’uomo, con la determinazione e la tenacia di chi deve sopravvivere, ne ha modificato i connotati. Il centro di Bali, dove le colline si tramutano in montagne e la vegetazione si fa più fitta, è caratterizzato infatti da una natura sempre più prepotente e rigogliosa, dove le piantagioni e le risaie iniziano gradualmente a restringersi, rimpicciolirsi, a ridursi fino a scomparire. Stritolate da questo mostro verde che è la foresta pluviale…
Le cascate di Bali
In questi luoghi all’apperenza ostili, inospitali, inaccessibili, sorgono le attrattive forse più appaganti dell’isola. Alcune sono molto famose, altre praticamente sconosciute: tutte degne comunque di una o più escursioni. Fra questi luoghi che hanno conservato un aspetto primigenio, direi che i più emozionanti sono senz’altro le cascate. Esse sorgono in scenari da mozzare il fiato, dal punto di vista paesagistico e naturalistico, e anche se non sono quasi mai facili da raggiungere, vi assicuro che la sfacchinata sarà ampiamente ricompensata. Inoltre, per chi ne avesse voglia (e coraggio), è possibile vivere l’emozione di un bagno in mezzo ai flutti o in qualche placido laghetto ai piedi di esse, una esperienza per molti versi irripetibile.
Il nostro intraprendente Gedé, autista e guida turistica allo stesso tempo, ci ha convinti ad effettuare una escursione a suo dire grandiosa. Un complesso di cascate che formavano laghetti (alcuni balneabili), canyon, ruscelli in piena… il tutto nello scenario fantastico di una selva fitta e imponente. Una cascata, in particolar modo, sembrava degna di una visita ravvicinata: si trattava di un fiotto d’acqua che in un punto si diramava in due e investiva un laghetto molto profondo dalle acque cristalline. Ne parlava utilizzando iperboli, superlativi assoluti, accompagnando le frasi in inglese con gesti inequivocabili. Non ci siamo fatti ripetere il messaggio: abbiamo accettato e un giorno (piovoso, guarda caso) siamo andati a vedere la famosa cascata Gitgit a Singaraja.
Si tratta, in realtà, di una delle cascate più accessibili in assoluto di tutta l’isola, nel senso che si trova vicino alla strada principale. E per questo è diventata uno dei luoghi più affollati di Bali dopo le spiagge del sud. Una piccola delusione, per noi che speravamo di raggiungere un posto incontaminato, deserto, da esplorare a nostro piacimento senza essere disturbati. Invece la gente c’era, eccome! Turisti cinesi in gran numero, per lo più, e qualche coppietta alla ricerca disperata del selfie perfetto.
Discesa nel canyon della Gitgit
La prima parte della camminata è piuttosto agevole: si percorre un sentiero in discesa, non proprio ripido ma sdrucciolevole, specie se piove, e si raggiunge una prima piscina (quella della foto) in cui molti locali e pochissimi turisti fanno il bagno. Si tuffano da un masso levigatissimo nell’acqua cercando di centrare l’unico punto del laghetto profondo abbastanza da evitare sfracellamenti. E posso assicurare che si tratta di uno spazio davvero ristretto, come penso testimoni abbastanza bene la foto che ho scattato.
Procedendo su passarelle di legno bagnate e instabili, si arriva in un altro luogo magnifico, dove il fiume sembra accelerare. Qui l’ambiente si fa più stretto, le pareti del canyon ci sovrastano e una nebbia vorticosa avvolge ogni cosa. Bisogna quindi stare attenti ai propri dispositivi, o comunque tenere ben asciutte le lenti di essi, perché dopo qualche minuto ci si trova praticamente zuppi. Questa è l’ultima fermata per tutti quei turisti che, privi di scarpe adatte o costume, non sono in grado di procedere oltre all’interno del canalone. Per i più temerari, resta l’ultimo tratto, quello più pericoloso, che porta alla vera superstar del luogo: la cascata gemella.
La camminata diventa più difficoltosa: adesso non ci sono più sentieri o tavolati sicuri dove mettere i piedi. Ci si muove sulla nuda terra, ridotta a fanghiglia, e sui massi lucidi e lisci come vetro che emergono dai flutti. Molti a questo punto si pentono di essere arrivati fi lì e tornano indietro, ingolfando il flusso di chi, volenteroso e tenace, intende proseguire dritto. Ma passato l’ingorgo, ciò che si apre davanti ai propri occhi è uno spettacolo senza paragoni. Non lo commento nemmeno, lascio ogni spiegazione all’immagine qui accanto, con mia moglie che guarda estasiata la cascata gemella Gitgit.