Sulla sponda occidentale del Lago Inle, nel cuore di un’area piuttosto boscosa, sorge Indein, un minuscolo e insignificante villaggio di agricoltori che è divenuto celebre per le antiche pagode che lo circondano. Oggi è una delle attrazioni più visitate (clima permettendo) di tutto il Myanmar, ma non aspettatevi chissà quale meraviglia dell’architettura religiosa birmana. La maggior parte dei templi è in condizioni precarie e molti versano praticamente in rovina.
Nondimeno, il tour delle pagode di Indein è un must a cui molti turisti si piegano volentieri. Più che altro perché prevede un lungo giro in barca, delle tonificanti camminate nella soffocante giungla birmana, qualche leggera scalata alle colline circostanti e una visita veloce ai mercati posti sulle sponde del lago. Un pacchetto completo, quindi, che impegna quasi tutta la giornata. Peccato però che il villaggio si raggiunga solo in barca e possa essere visitato solo nella stagione delle piogge. Quando cioè l’acqua dell’Inn Thein – il torrente stretto e tortuoso che attraversa risaie e canneti di bambù – è abbastanza alta da permettere la navigazione.
In caso contrario – e per farlo apposta è stato il nostro caso – occorre lasciare la barca a molti chilometri di distanza dai primi templi e intraprendere un lungo giro che attraversa qualche isolato villaggio e campi di girasoli e mais. Una camminata che ha lasciato il segno, dato che si è svolta, almeno nella sua prima sezione, costantemente in salita. Tuttavia, è stata l’occasione per avere un contatto diretto con la bucolica vita quotidiana delle popolazioni locali.
Oltre che per la sua splendida collezione di pagode di varie forme e dimensioni, il borgo birmano è conosciuto perché ospita un mercato all’aperto di prodotti agricoli e manufatti artigianali. Si tratta del “mercato dei 5 giorni” di Inle, chiamato così perché si svolge in un ciclo di 5 giorni a rotazione e coinvolge 5 villaggi intorno al lago. Gli appartenenti all’etnia Pa-Oh, che vivono nelle colline circostanti, invadono pacificamente i mercati per vendere i loro raccolti, ordinatamente disposti su lunghe stuoie di fibre vegetali. Allo stesso tempo si tratta di un’occasione irripetibile di poter acquistare beni decisamente meno naturali ma altrettanto indispensabili come gasolio, batterie, utensili per cucina, pesino schede telefoniche.
Le pagode che rendono famoso Indein, chiamate anche stupa, sono monumenti votivi buddisti. Nati come semplici cumuli di pietre, ammassate in forma di cono a coprire una reliquia, sono diventati col tempo costruzioni funebri sofisticate e ricche di dettagli architettonici. Le più ricche, ovviamente, contengono le reliquie delle persone più in vista. Hanno la forma di una campana con il picco in metallo dorato, impreziosito da gioielli e sormontato da una decorazione a forma di ombrello sacro (lo “hti”).
Le pagode sorgono essenzialmente intorno a due zone, quella di Nyaung Ohak e quella di Shwe Inn Thein. Il primo sito (che in birmano significa “gruppo di alberi di banyan”) è il più malandato dei due: gli stupa sono in gran parte in condizioni pietose e anche quelli che si reggono in piedi sembrano poter crollare da un momento all’altro. Di questi, molti sono talmente ricoperti di vegetazione che si fatica a riconoscerne le forme. Quindi occhio a non avvicinarsi troppo. Altri, al contrario, sembrano ben conservati, mostrando decorazioni in stucco che raffigurano divinità femminili e animali mitologici. Nei più antichi sono appena riconoscibili anche affreschi di Buddha.
Superato a piedi un pontile in legno che scavalca un rigagnolo appena visibile tra la folta vegetazione, si giunge al secondo gruppo di pagode, quello di Shwe Inn Thein, sulla cima della collina. Ci si arriva percorrendo una lunga scalinata coperta fiancheggiata da bancarelle di oggetti votivi e souvenirs. Qui ci sono più di mille edifici costruiti tra il XVII e il XVIII secolo, alcuni dei quali verniciati di fresco e intonacati in oro nel corso di restauri realizzati grazie alle donazioni di famiglie ricche birmane e di stranieri. Probabilmente alcune di queste pagode risalgono ai tempi dell’imperatore indiano Ashoka che li fece costruire per diffondere il buddismo.
Malgrado lo stato complessivo dei templi, qui a Shwe Inn Thei, sia più confortante, non mancano le criticità. Vaste aree in cui gli stupa, alcuni di fango e pietra, alcuni finemente decorati, altri perfino coperti con metalli preziosi, sono in condizioni preoccupanti. Se la maggior parte di essi risulta grossomodo restaurata, alcuni sono stati semplicemente liberati dalla vegetazione che li ha ricoperti nel corso del tempo e risultano, in alcune loro sezioni, parzialmente sbriciolati. Senza un deciso intervento dell’uomo, non penso che resteranno a lungo in piedi…
Da questo sito si può godere di un panorama che affascinerà soprattutto i fotografi. Il mare di guglie decorate, alcune dorate, insieme alla vista sul lago e alle scene di vita quotidiana che si intravvedono nei campi sottostanti, sono tutti soggetti che non passeranno certamente inosservati ai più sensibili. La serenità e la pace che pervade ogni cosa, animata o inanimata, conferisce inoltre a questo luogo un’atmosfera indiscutibilmente mistica e riflessiva.