Una delle tappe fondamentali di una visita a Pechino è il Tempio del Cielo – o diversamente definito, Tempio del Paradiso. Si tratta di un grande complesso di edifici sacri, costruiti più o meno a cavallo tra il XV e il XVI secolo, che sorgono all’interno di un grandioso parco nel pieno centro della città. Un luogo che racchiude in pochi chilometri quadrati il meglio dell’eccellenza artistica della Cina. Non per niente, è nella lista del patrimonio Culturale Mondiale dell’Unesco.
Il parco, concepito per fare da degno contorno agli edifici che ospita, è uno dei luoghi dove trascorrere qualche oretta al riparo da traffico, rumori e smog. Tra i suoi viali alberati o all’interno dei suoi numerosi edifici, infatti, è possibile trascorrere il tempo passeggiando, giocando a Majiong o dama cinese, suonando strumenti impensabili, ballando o facendo ginnastica. Il fenomeno è più accentuato la mattina presto, quando il sole ha appena fatto capolino (quando si vede, beninteso) all’orizzonte e la nebbia avvolge ancora la città. E’ frequente imbattersi allora in gruppi di anziani che praticano il Tai Chi, muovendosi lentamente e sinuosamente in perfetta sincronia. All’imbrunire, invece, l’attività preferita sono i balli di gruppo al suono di vecchie canzoni popolari.
Il parco del Tempio del Cielo si raggiunge facilmente. Oltre al taxi, che ricordo costa pochissimo in Cina, esiste un efficientissimo servizio di metropolitana, in grado di collegare quasi tutti i luoghi che ospitano attrazioni turistiche della città. La fermata più vicina è la Tiantan East Gate della linea 5, che si trova ad est del complesso. A dire il vero non è proprio la fermata più agevole, se l’intento è di visitare subito – o soltanto – il Tempio del Cielo. Questo infatti si trova dall’altra parte del parco. Poco male, sarà l’occasione di farsi due passi in mezzo alla natura ed ammirare alcuni viali e giardini che hanno pochi uguali in Cina e nel mondo.
L’ingresso al parco non è gratuito, neppure per i residenti. Nel 2010 pagammo appena 15 yuan; oggi per gli stranieri è sensibilmente più caro: 30 yuan. Il Tempio del Cielo è stato la nostra prima visita in Cina in assoluto, raggiunto quasi subito dopo essere arrivati, malgrado la notte insonne in aereo. Ma la voglia di iniziare a girare per Pechino era troppa e – tra l’altro – il tempo stringeva: avevamo previsto “solo” tre giorni nella capitale e le cose da vedere erano così numerose…
La costruzione più celebre del parco è il Tempio del Cielo. Un edificio dalla inconsueta pianta circolare costruito nel 1420 che si erge in magnifico isolamento al centro di una ampia piazza lastricata. Non ci sono parole per descriverlo: è davvero un’opera d’arte, paragonabile, per ingegno, genio e maestria artistica ai monumenti del Rinascimento italiano. In particolare, ciò che riempe di ammirazione è l’ardito disegno dei suoi tre tetti a spiovente, rivestiti di maiolica celeste, il colore appunto del cielo. L’edificio, inoltre, è interamente in legno ed è stato assemblato senza utilizzare neppure un chiodo!
Degno di nota è anche la complessa struttura di scalinate che lo circonda. Sono tutte accessibili meno una, la più decorata e preziosa, caratterizzata da un rampate dragone in rilievo. Un tempo era calpestata esclusivamente dai nobilissimi piedi dell’imperatore ma oggi la si può ammirare solo da lontano, dietro una severa cancellata. In effetti la funzione originale del tempio era quella di luogo destinato ai sacrifici propiziatori. In parole povere, ingraziarsi il cielo e ottenere piogge e raccolti abbondanti. Un rito che poteva compiere solo l’imperatore, l’unico in grado di poter chiedere qualcosa al cielo essendone figlio per linea diretta. La cerimonia, che doveva essere sontuosa e grandiosa come solo i cinesi sanno organizzare, si svolgeva ogni anno durante il solstizio di inverno.
Il parco ospita anche numerosi edifici minori. Luoghi che un tempo erano destinati quasi esclusivamente al relax dell’imperatore, comprese le sue concubine e gli ospiti più graditi. All’ombra degli stessi portici dove un tempo passeggiava solitario il “figlio del cielo”, oggi si mescola una folla eterogenea di gente comune e di turisti, tutti impegnati a godersi quanto più possibile la frescura degli ambienti e la bellezza del luogo. Gli autoctoni, in particolare, si dedicano ad alcune attività di puro e semplice svago, come giocare a dama (cinese). Ne abbiamo visti parecchi, disposti sia a terra, sui marciapiedi, sia sulle panchine dei giardini. Sebravano molto assorti, perfino avulsi da tutto ciò che li circondava, e ciò era perlomeno curioso, visto che erano circondati da una folla di personaggi che commentavano rumorosamente ogni loro mossa.
Un altro tipo bizzarro scoperto tra un corridoio e l’altro è quello che si vede nella foto accanto. Si tratta di un vecchietto che suona uno strumento indiscutibilmente a fiato dalla forma e dal suono piuttosto eccentrici. La presenza di numerose canne d’organo, di varia lunghezza, non lasciava dubbi che si trattasse di una specie di organetto a fiato. Il problema era che tali suoni sembravano quelli di una cornamusa, o anche di una armonica a bocca, emessi tutti insieme, contemporaneamente, in una sorta di accordo maggiore quando espirava e minore quando inspirava.
Come si vede dalla foto, l’omino non stacca mai la bocca dal boccaglio al quale è attaccato. Il che produce un po’ di disorientamento in chi lo osserva per la prima volta – come noi allora – perché sembra che non abbia proprio labbra – o che lo strumento se le sia ingoiate. Fatto sta che il vecchietto continuava imperterrito a inspirare ed espirare dentro il boccaglio producendo sempre la stessa litania, a volta leggermente più ritmata del solito.
La gente comune gli dedicava l’attenzione minima sindacale. Alcuni gettavano nella sacca che teneva a terra qualche moneta o bancanota di scarso valore. Paola e Daniela, invece, non hanno resistito alla tentazione di farsi scattare una foto in sua compagnia. Il vecchietto non ha fatto una piega, ha continuato a suonare imperterrito malgrado lo scompiglio intorno a lui. L’unico cenno di distrazione lo ha avuto solo al momento di controllare quanti soldi gli avevamo lasciato. E’ stato solo allora che ha staccato la bocca dalla sua buccina permettendici di sincerarci, con un sospiro di sollievo, che anche lui possedeva delle labbra, rosse e pendule ma sane!…