Il mio unico, breve, faticoso trekking nella giungla

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Nuovo giorno, nuove avventure

La mattina, di buon’ora, mi sono affacciato dal parapetto di stuoie per controllare la situazione nel cortile sottostante. E ho tirato un sospiro di sollievo. Nessuna traccia dei misfatti della notte precedente. Anzi, alla luce di un pallido sole, tutto sembrava incredibilmente familiare, pacifico, rilassato. I fantasmi della notte si erano dissolti come per incanto lasciando il campo ad una visione d’insieme tutto sommato serena e rassicurante. I pochi autoctoni erano impegnati nelle faccende mattutine; il grosso bufalo se ne stava accucciato nel fango dinnanzi alla stalle e non sembrava poi così smisurato come ci era apparso la notte prima; i nostri compagni di viaggio erano già sotto, al tavolo della colazione, intenti a consumare il magro pasto con la solita allegria di sempre.

Il momento della colazione (frugale)

Una allegria un tantino stemperata però da un nuovo disagio. Quasi nessuno di essi si era portato qualche capo di ricambio. I pantaloncini e i costumi utilizzati il giorno prima e stesi sulle corde che reggevano le zanzariere per tutta la notte, non si erano affatto asciugati. Così come le magliette e probabilmente anche qualcosa di più intimo. L’umidità della notte aveva perfino peggiorato la situazione. Le due coppie, pertanto, sembravano abbastanza sconsolate mentre verificavano lo stato dei loro abiti. L’australiana, peraltro, aveva iniziato a grattarsi furiosamente e tradiva un certo malumore per la situazione incresciosa.

Io e Paola, invece, eravamo gli unici che vedevamo le cose con un inopinato ottimismo. Avevamo con noi un cambio per ogni capo di vestiario e ne abbiamo approfittato senza alcuna concessione alla pietà per i nostri sfortunati compagni di avventure. Ci siamo presentati quindi a colazione radicalmente rivestiti di tutto punto, puliti e profumati come se fossimo usciti da una Spa. Non descrivo, per decenza, la smorfia di disappunto che si è dipinta immediatamente sul volto dei 4 ragazzi…

Conclusa la estremamente frugale colazione ci siamo preparati per riprendere la marcia. E abbiamo avvertito, improvviso e inatteso come un fulmine a ciel sereno, il borbottio di una motocicletta. In breve è apparso un indigeno che trasportava dei fasci di bambù su una moto a due tempi vecchia e decrepita. Paola ha subito cambiato colore: fino alla sera prima, infatti, Gnam le aveva assicurato che eravamo nel pieno della giungla, che nessun mezzo moderno poteva arrivare fin lassù, che non c’era modo – visto che lei lo aveva espressamente richiesto – di poter accorciare il ritorno prendendo un mezzo a due o quattro ruote. E invece ci accorgiamo che la modernità era arrivata anche in quel piccolo e sgarrupato villaggio karen.

La sorpresa si è tramutata in rabbia feroce quando ci siamo accorti che, dall’altra parte del villaggio, si apriva una vera strada che scendeva a valle. Percorsa, di tanto in tanto, da automobili e furgoncini di ogni tipo e dimensione. Gnam, per farsi perdonare, ha accettato di portare lo zaino di Paola per il resto della camminata. E tutto si è risolto nel migliore dei modi.

Il programma dell’escursione, a questo punto, prevedeva un lungo giro che avrebbe attraversato un paio di villaggi karen. Ciò per darci modo di familiarizzare con gli usi e le abitudini di vita di questa gente, acquistare qualche souvenir e donare, se era possibile, qualche migliaio di baht a favore delle scuole locali.

Lasciamo il villaggio per avventurarci all’interno delle risaie

Ma prima abbiamo attraversato un’altra zona tappezzata di risaie. Uno dei luoghi più affascinanti di tutto il percorso. Questa volta saltellare da un terrapieno all’altro non ci è apparso così faticoso e pericoloso come il pomeriggio precedente. Anzi, il ritorno alla civiltà infondeva in noi sei, nessuno escluso, un entusiasmo e una vitalità sconosciute. Inoltre aveva smesso di piovere e di lì in avanti il tempo ci avrebbe dato una tregua inattesa.

Da qui in poi la strada di noi e i due danesi s’è divisa da quella della coppia australiana. Loro continuavano imperterriti il loro trekking nella giungla thailandese. Da come ci hanno guardati, al momento dei saluti, mi è parso di cogliere un velo di rammarico per non aver scelto un tour più breve. Ma sarà stata un’impressione, non so, mi auguro di sì…

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