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Visita ai villaggi karen
Con uno spirito che non pensavamo più di avere, ci siamo inoltrati all’interno dei villaggi di nativi alla ricerca dello scatto perfetto e delle emozioni che solo questi luoghi possono procurare. Le agenzie di viaggio di Chiang Mai chiamano questo momento l'”Hill tribe tour“, ovvero il tour delle tribù delle colline, ed è una delle escursioni più gettonate perché offre una opportunità più unica che rara per venire in contatto con gli abitanti di questi luoghi magnifici.
L’agglomerato che appariva più grande, animato e popoloso della zona è stato anche quello in cui abbiamo iniziato a vedere i bambini. Normalmente, in queste zone rurali o forestali, i bambini sono sempre dappertutto, spuntano fuori come funghi dai posti più inaspettati. Li vedi giocare per strada, nei cortili, tuffarsi nudi nelle acque dei fiumi, ricorrersi sui sentieri. Tuttavia, nel corso dell’escursione e fino a quel momento non avevamo visto neppure un bimbo, neppure per sbaglio. Il che mi aveva vagamente messo in apprensione. Ma quella mattina, non appena varcato l’ingresso del villaggio, un nugolo di pargoletti ci ha circondato chiedendoci qualcosa in dono.
L’assedio è durato un attimo. Subito è intervenuta una vecchina abbigliata con un costume tradizionale che ha dissolto l’assembramento distribuendo un po’ a casaccio qualche scapaccione ben assestato. Il branco si è disperso subito, ma i bambini si sono tenuti a tiro di turista, seguendoci ad ogni nostro spostamento a debita distanza e commentando qualsiasi cosa facevamo con risa e gridolini eccitati. La vecchina, invece, ha continuato a inveire contro di noi finché non le si è avvicinato Gnam, che le ha detto qualcosa a bassa voce tale da placare immediatamente (e miracolosamente) qualsiasi malanimo.
La vita quotidiana del villaggio ci è apparsa quindi in tutta la sua grandiosa semplicità. In un angolo, un gruppo di uomini stava tirando su lo scheletro in bambù di un nuovo edificio. Alcuni di essi penzolavano pericolosamente dai punti più alti e meno solidi dell’intera struttura, ma non mostravano alcun timore. In un altro angolo del villaggio alcune donne stavano stendendo i panni lungo un filo. Gli abiti che avevano appena lavato erano di tutti i tipi, ma fra essi ho notato – con una certa sorpresa, almeno allora – parecchie magliette di squadre europee di calcio, fra le quali moltissime del Chelsea, del Manchester United, del Milan e perfino una della Roma!
A questo punto non potevamo esimerci dalla tappa obbligata di ogni tour del genere: la sosta al mercato locale, per l’acquisto dei tanto desiderati quanto inutili souvenir del luogo. Il luogo deputato a tale scopo non era proprio un mercato, ma una serie di tettoie sopraelevate, una appresso all’altra, dentro cui bivaccavano annoiati i commercianti. I souvenir in questione erano gli stessi che, due sere prima, avevamo visto sulle bancarelle del Night bazar di Chiang Mai. I prezzi erano decisamente più alti, tuttavia bastava davvero poco per farli scendere repentinamente. Evidentemente la gente del luogo, meno smaliziata di quella di città, non aveva tempo e voglia di mettersi a contrattare fino allo stremo delle proprie forze.
I danesi si sono scatenati e alla fine hanno acquistato esattamente i ninnoli più venduti al mercato di Chiang Mai. Io volevo assolutamente portarmi dietro un ricordo di quella giornata ma non sapevo decidermi tra la chincaglieria esposta perché non c’era niente che soddisfacesse la mia aspirazione. Questo fino a quando Gnam ci ha accompagnato presso l’ultima tettoia dove una coppia di signori vendevano anche alcuni strumenti musicali. Il proprietario si è subito affannato a mostrarci i suoi pezzi migliori tra i quali spiccavano una serie di flauti di canna decisamente interessanti.
Cogliendo il mio interesse (peraltro condiviso dal giovane danese), ci ha mostrato come si suonavano, accompagnato in questo dalla moglie, che in un cantuccio ci osservava incuriosita. Il suono emesso da quegli strumenti primitivi mi ha letteralmente ammaliato. E senza neppure provarlo, ho acquistato un flauto praticamente a scatola chiusa. Solo molto tempo dopo, tornato a Roma, mi sono accorto che quello strumento era praticamente impossibile da suonare, dato che mancava proprio l’accessorio essenziale per produrre il fischio…
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