Visitando templi e monasteri in Vietnam non passerà inosservata una pratica religiosa per certi versi stravagante. Sto parlando di quello che viene definito, in termini occidentali, il culto della “Lady Buddha”: una divinità femminile rappresentata sempre in atteggiamenti tipicamente buddisti.
La religione, si sa, è una disciplina complessa che tende (volutamente) ad oltrepassare i limiti della comprensione razionale. Le religioni orientali, in particolare, si caratterizzano per la proliferazione di divinità che in qualche modo servono a rappresentare ogni aspetto del mondo naturale. Non si tratta solo di una tendenza orientale, è ovvio. Basti pensare alla nostra mitologia greco-romana. Ciò che accomuna queste religioni è il tentativo di rendere divino ciò che non si comprende appieno. Un modo molto umano per appioppare alla natura un significato e pensare di averne in qualche modo il controllo.
Alcune religioni si sono limitate agli aspetti più importanti, essenziali, dell’esistenza umana. Altre, come l’induismo, hanno decisamente esagerato. In India, fin dalle epoche appena successive all’età della pietra, la religione è riuscita ad attribuire una qualche forma di scintilla divina praticamente a qualsiasi cosa animata o inanimata del mondo reale. Tutto, potenzialmente, poteva essere l’emanazione di una entità soprannaturale, che fosse una divinità vera e propria o uno spirito o un demone non importa. Da qui la diversificazione degli dei, che ha finito per affollare il pantheon induista con più di dieci mila divinità diverse!
Il buddismo, al contrario, si è sempre distinto per una gestione più “sobria” del parco divinità a disposizione. Nato quasi in contrapposizione con l’induismo, da cui derivava, e da cui attingeva gran parte del panorama mitico di base, il buddismo si è sempre caratterizzato per una spiccata predilezione per l’interiorità e la ricerca di una via personale, intima, anticonvenzionale all’illuminazione. In questa dottrina non c’era spazio per troppi dei o demoni; tutto ciò che contava erano gli insegnamenti di Buddha, l’Illuminato, il Maestro. Niente altro poteva essere più importante di questo.
Date queste premesse, figuratevi la mia sorpesa quando, arrivato in Vietnam, mi trovo davanti ad una statua di una donna che in piedi, sorridente, impartisce una specie di benedizione come se fosse il Buddha in persona! L’ho notata in vari templi buddisti e in una città, Da Nang, ho intuito che era diventata una specie di santa protettrice del territorio, tanto era venerata. Come una nostra santa, nè più nè meno! Ma chi è quindi questa Lady Buddha che solo qui, in Vietnam, viene così devotamente onorata tanto da essere diventata, nel tempo, una sorta di Madonna buddista?
Secondo una leggenda indiana, Kwan Yin (Guanyin) era una bellissima principessa indiana che lasciò il marito e la bella vita per vivere in un convento. Lo scopo: diventare un bodhisattva (essere umano illuminato). Tale scelta l’ha accomunata a quella, ben più celebre, del Buddha storico, il principe Siddhartha Gautama.
Dopo aver raggiunto l’illuminazione e il diritto di entrare nel Nirvana, la leggenda narra che Kwan Yin sentì un grido disperato che proveniva da qualcuno sulla terra. Kwan Yin tornò rapidamente indietro e giurò di rimanere lì per aiutare tutti coloro che soffrono a raggiungere lo stesso livello di illuminazione che aveva raggiunto lei. Il nome di Kwan Yin significa infatti “Colei che ascolta le grida del mondo”.
Nonostante le continue controversie sulle vere origini storiche di Kwan Yin come divinità femminile, sembra che la rappresentazione di un bodhisattva buddista come “dio” e “dea” non sia in contrasto con la dottrina buddista; chiunque, infatti, può raggiungere l’illuminazione, non importa il genere. Oggi il ruolo di Kwan Yin nel buddismo vietnamita è straordinariamente simile a quello di una Madonna saggia e compassionevole. La sua figura è diventata un vero e proprio ideale di femminilità, grazia e bellezza in quasi tuttta l’Asia.
Tale fervore raggiunge il massimo della grandiosità proprio a Da Nang. La pagoda di Linh Ung, alle porte della città, è un monumento che ben difficilmente passa inosservato. Sulla sua sommità, infatti, si erge la statua più grande del mondo di un Buddha femminile. La figura, costruita in un accecante marmo bianco, è alta ben 67 metri e poggia le proprie fondamenta su una base a forma di loto. La statua ha 17 piani. I credenti li salgono per devozione; i turisti, più pragmaticamente, affrontano l’impresa (che equivale ad un vero e proprio trekking) per ammirare, da ogni piano, gli spettacolari panorami della città di Da Nang e dei suoi ponti.