Questa è la cronaca per immagini dell’ascesa alla Rocca di Sigiriya. O meglio, degli ultimi 400 scalini, ovvero la parte più ardua, faticosa e – a tratti – angosciante della salita. La racconto in questo modo perché sono consapevole che non c’è niente di meglio che vedere con i proprio occhi per comprendere cosa davvero bisogna affrontare.
Il muro rosso
Le prime rampe di scale non sono eccessivamente impegnative, in verità. L’unico fastidio è il caldo e la difficoltà a muoversi liberamente, dal momento che in queste aree l’afflusso di persone avviene in tutti e due i sensi. Una volta sorpassata una zona piuttosto boscosa, che impedisce di scorgere le pareti della rocca, ecco che improvvisamente si scorgono i primi contrafforti quasi verticali della montagna. E alzando il naso, si intravede tra gli alberi una strana struttura in pietra colorata che sembra una muraglia.
Il corridoio degli specchi
La folla in salita inizia a rallentare: ci siamo, eccoci davanti alle scale di metallo. Pochi passi sono sufficienti per capire che l’ascesa non è solo un affare che riguarda i nostri muscoli e i nostri polmoni affaticati. Da ora in poi occorre fare davvero attenzione. Ogni scalino, infatti, sembra sospeso nel vuoto ed è consigliabile evitare di guardare di sotto. Alla fine di questo primo percorso il tragitto finalmente si spiana. Un lungo sentiero lastricato conduce all’interno di quella che era sembrata una muraglia di pietra rossa. In realtà si tratta di un corridoio artificiale, in cui la leggenda narra passeggiassero le concubine del re all’ombra del raggi infuocati del sole e, sopratutto, al riparo da sguardi indiscreti. Le pareti del muro sono così lisce che sembrano degli specchi, e qualcuno più volte ha tentato di dimostrare come fosse possibile, guardandole, veder riflesso il panorama esterno… Cosa che naturalmente noi non abbiamo notato per nulla!
Una scala a chiocciola traballante
Le passarelle in metallo vi sembravano instabili e malmesse? Non avete ancora visto niente! Perché niente può essere più terrorizzante delle scale a chiocciola che seguono il muro degli specchi. Nell’immagine si vedono abbastanza chiaramente. Sono due colonne distinte, una per chi scende e una per chi sale. Si procede in rigorosa fila indiana, badando bene a dove si mettono i piedi ed evitando di prestare ascolto ai sinistri scricchiolii che l’impalcatura produce sotto il peso delle persone. E più che il vuoto sottostante, è proprio questo continuo gemere del metallo che procura i brividi!
Una passerella sospesa nel vuoto
La scala a chiocciola sarà spaventosa quanto vi pare ma è l’unico modo per superare, con pochi passi, la prima parete di roccia, quella più ripida. Dopo averla affrontata inizia un lungo percorso in leggera salita, piuttosto agevole, che cinge la roccia e conduce ad un ultimo momento critico: la passarella sospesa ritratta qui sopra. La struttura in metallo, non più lunga di qualche decina di metri, conduce finalmente alle scale originarie del sito, o almeno a ciò che ne resta, opportunamente restaurato. Sono pochi passi, è vero, ma la pedana cigola e traballa pericolosamente, producendo un fenomeno alquanto comico: quasi tutti i presenti, pur di togliersi presto d’impaccio, tendono ad affrettare il passo, e in tal modo accentuano le vibrazioni e i tentennamenti della passerella!…
L'ultima rampa
Una volta giunti alle scale originali si conclude la prima fase dell’ascesa. La ricompensa è costituita da una ampia terrazza, opportunamente servita da bancarelle e chioschetti, nella quale la maggior parte dei turisti trova un attimo di riposo e riprende fiato. Da questa spianata è possibile dare un’occhiata al magnifico panorama che ci circonda e, cosa assai più interessante, all’ultimo blocco da scalare per arrivare in cima. L’immagine dà l’idea di cosa si osserva da sotto: il percorso è ormai affidato a solide scale in metallo con corrimano che si arrampicano, zigzgando, sull’ultimo contrafforte rimasto prima della vetta. Molte persone perdono speranza e fiducia nei propri mezzi proprio qui, davanti a tale spettacolo. E più che la difficoltà della salita, ciò che mette i brividi sono quei due o tre passaggi sul vuoto sottostante che si intravedono appena…
Dalla passarella
Ed eccoci dunque sulla famigerata passarella in metallo che conduce alla vetta. Ad essere onesti, da lontano sembrava peggio. Camminandoci sopra, invece, si intuisce che è robusta e ben fissata alla roccia. Non traballa eccessivamente ed è sufficientemente ampia da permettere l’appoggio sul malcorrente. L’unico disagio, a questo punto, sono le vertigini. Tuttavia, è indubbio che per chi ne soffre il problema non si pone affatto: semplicemente non si affronta la scalata. Ma anche per chi pensa di non soffrirne, la sensazione di essere sospesi nel vuoto crea qualche scompenso, lo posso assicurare.
La terrazza vista dall'alto
In effetti, una volta arrivati all’ultima svolta, è questo lo spettacolo che si osserva dall’alto: la terrazza sottostante è divenuta improvvisamente piccola e distante. Le persone rimaste giù sono appena disginguibili. Il che da un’idea di quanta strada (in salita) si è dovuta percorrere per otterere questa visuale.
Il panorama dalla vetta di Sigiriya
Arrivati in cima, la prima emozione forte la offre il panorama che ci circonda. Non ci sono parole per descriverlo, è semplicemente di una bellezza e maestosità impressionanti. La foresta secca avvolge ci circonda da tutte le parti, sconfinata, fitta e compatta come un tappeto verde. Solo in lontananza si intravedono alcune costruzioni e un enorme Buddha bianco che svetta sugli alberi. Le colline e i laghetti artificiali sono appena visibili attraverso la foschia che avvolge gli elementi più lontani. Immediatamente ci si dimentica della fatica per arrivare fin quassù, del fiatone, degli abiti zuppi di sudore e della sete che ci perseguita da qualche minuto (portarsi quindi acqua in abbondanza!). Tutto ciò che abbiamo sotto gli occhi non ha prezzo, lo posso assicurare, ed è una delle ricompense più appaganti dell’intero viaggio in Sri Lanka.
I resti del palazzo
Quanto alle rovine vere e proprie, la foto sopra mostra ciò che rimane, dopo secoli di guerre e intemperie, e il relativo stato di conservazione. I palazzi e le stanze che contenevano sono appena intuibili dai tracciati delle mura. Ci sono numerose scalinate, più o meno lunghe, che connettono i vari livelli della struttura. Dalla regolarità delle fondamenta si presume che il resto degli edifici fosse costruito in legno sopra di esse. Si notano numerose piscine, alcune ancora piene d’acqua, che dovevano fungere da cisterne. I turisti, una volta giunti fin quassù, sciamano lentamente in ogni direzione alla ricerca dei luoghi più suggestivi da dove fare fotografie e selfie. La maggior parte preferisce sedersi e asciugare il sudore al caldo sole del pomeriggio, in attesa del grande spettacolo finale, quello per cui, in fin dei conti, hanno affrontato tanta fatica…
Una vista spettacolare
Ciò che rende la scalata davvero appagante è la consapevolezza di aver compiuto un’impresa memorabile. E tale consapevolezza la offre solo questa vista. Si tratta della veduta della strada di ingresso alla Rocca. Quella che circa un’ora e mezza prima attraversavamo guardando timorosi l’enorme blocco rosa che ci si parava dinnanzi. Poco prima, infatti, stavamo laggiù, in messo a quegli alberi, piccolissimi e quasi indistinguibili per via della distanza. Adesso siamo quassù, in cima, soddisfatti e orgogliosi di quanto compiuto. E la lontananza di quei luoghi da dove adesso ci troviamo rende la nostra fatica ancora più nobile ed eroica…
Il tramonto da Sigiriya
Ogni sforzo, sacrificio, affaticamente muscolare compiuto per salire fin quassù, specialmente a quest’ora del pomeriggio, ha un unico scopo: ammirare il tramonto dalla vetta di Sigiriya. Uno dei momenti che gratificano la propria fame di emozioni forti e danno un senso all’intera vacanza. E’ evidente che la maggior parte dei turisti sceglie di salire alla vetta proprio nel primo pomeriggio, così da avere il tempo di arrivare in cima e scegliere il posto migliore dal quale godersi lo spettacolo. Alcuni trascurano perfino di farsi un giro tra le rovine pur di accaparrarsi gli spuntoni di roccia migliori! E così, man mano che il pomeriggio procede verso la sera, la vetta della Rocca comincia a riempirsi di gente, sempre di più, sempre più fitta e turbolenta… Ma c’è un problema. Il tramonto, da quelle parti, coincide con l’orario di chiusura del sito archeologico. Quindi è praticamente impossibile osservare l’intera discesa del sole fino alla sua destinazione finale. E non c’è nulla da fare. Alle 18:00 precise i guardiani della rocca iniziano a invitare tutti i turisti a iniziare la discesa di ritorno, e lo fanno in modo alquanto brusco e sbrigativo! E così il tanto agognato momento magico sognato di notte e a lungo atteso si riduce ad una ignominosa discesa verso valle. Che peraltro bisogna compiere in modo rapido, perché il buio, ai tropici, arriva presto e le scale di Sigiriya non sono per nulla illuminate!…