Fin dal primo giorno che abbiamo messo piede a Lombok ci ha tormentati un dubbio atroce: siamo arrivati fin qui e non andiamo alle isole Gili? Non ci facciamo neppure un salto? E se non ci andiamo, il rimorso di non averle viste non ci perseguiterà per sempre?
Le isole Gili, per chiarire, sono un minuscolo arcipelago non distante dalla costa nord-occidentale di Lombok. Si tratta di tre isolette dalla forma tondeggiante, differenti per estensione ma non per morfologia o bellezze naturali. Sono circondate da un mare cristallino e da aree di barriera corallina da fare invidia a luoghi ben più celebri. Il successo di queste isolette, tuttavia, non è dovuto solo alle indubbie qualità naturali. Il mito delle Gili è un altro, evidente sopratutto a Gili Air, la più piccola e la più vicina delle tre. Qui non esistono mezzi a motore. Ci si muove solo a piedi, in bicicletta o al massimo con delle carrozzelle trainate da minuscoli cavalli. Ciò ha alimentato l’utopia che sulle Gili si potesse vivere come un tempo, direttamente a contatto della natura e con i contadini locali, campando solo dei prodotti della terra e del mare…
Animati dalla curiosità di verificare questo mito, ci siamo risolti di affrontare la traversata dell’isola per vedere almeno una delle Gili. Non volevamo abbandonare gli agi del nostro alloggio a Lombok, quindi abbiamo deciso per una scappata e via, una gita di un giorno, tanto per farci un’idea e non avere rimorsi. Per questo ci siamo rivolti a una agenzia di viaggi di Kuta che fortunatamente aveva il pacchetto giusto per le nostre esigenze: partenza la mattina presto, arrivo a Pemenang, traghetto per Gili Air, giornata a disposizione (come si suol dire), ritorno alla base entro il tramonto. Una ammazzata, ma tant’è…
Da Kuta a Pemenang
La strada che conduce al molo di Pemenang attraversa alcuni dei luoghi più suggestivi dell’isola, e solo per questo motivo vale la pena percorrerla. Prima s’inoltra nelle aree agricole più floride, caratterizzate da estese coltivazioni di frutta e riso e dalle immancabili bancarelle al ciglio della strada. Poi si inerpica lungo le pendici di un altipiano la cui foresta prende il posto delle piantagioni e via via che si sale diventa sempre più fitta e ombrosa.
E’ qui che si può notare un fenomeno curioso. Centinaia di macachi si appollaiano sul guardrail della strada e sembrano dedicarsi ad un passatempo molto particolare: osservare il traffico di auto, moto e camion che passa loro davanti. Sembra proprio che siano lì per questo, per assistere a uno spettacolo che si ripete ogni giorno e che loro apprezzano particolarmente. Non ci sono altre motivazioni plausibili di un tale comportamento. Lassù i contadini non passano, nessuno lascia del cibo, qualsiasi attività umana si svolge a chilometri di distanza. Si tratta evidentemente di un piacere fine a se stesso e nulla più, una meritata pausa di relax che i primati si concedono tra la ricerca del cibo e le baruffe quotidiane…
Un imbarco problematico
Una volta arrivati a destinazione, inizia una lunga trafila per acquistare il biglietto dell’imbarcazione. Che noi pensavamo fosse, allora, un traghetto vero e proprio, e invece si trattava della solita lancia a motore con tettoia. Ma prima bisognava assicurarsi questi benedetti titoli di viaggio, e per questo il nostro driver ci ha posteggiati di fronte ad un locale che aveva un nome piuttosto evocativo: Bunga Bunga Bar. Ha raccolto i soldi, li ha contati e si è intrufolato all’interno del locale, dove evidentemente era stato collocato un ufficio apposito. Siamo stati lì ad aspettarlo, sotto il sole cocente, per almeno tre quarti d’ora, chiedendoci se lo avremmo mai rivisto!…
Dopo un po’ eccolo riemergere dalla folla con il solito sorriso sdentato da programma. Ci ha condotto alla spiaggia, presso l’area di imbarco per Gili Air, che era (ed è ancora) una semplice lingua di sabbia attraversata dalle corde delle barche attraccate poco più in là. Qui occorre aspettare il proprio turno. Le imbarcazioni vanno e vengono di continuo e ogni volta si riempono all’inverosimile prima di decidersi a partire. L’attesa non è particolarmente lunga, a dire il vero, ma quando tocca a noi bisogna affrettarsi a prendere posto, altrimenti può capitare di non trovarne affatto e di fare il viaggio in piedi.
In realtà, i passeggeri di queste barche non sono solo turisti. Anche molti autctoni la utilizzano per fare la spola tra le isole e la terraferma, trasportando con loro anche famiglie intere e mercanzie di ogni tipo. Quando è toccato a noi abbiamo assistito a un vero assalto all’arma bianca. Essendoci messi in fila sulla spiaggia, noi quattro siamo riusciti a trovare uno spazio che ritenevamo sufficiente, ma nel breve volgere di qualche minuto ci siamo ricreduti. Una folla di turisti con zaini e valige ha invaso ogni anfratto dell’imbarcazione, rendendo impossibile qualsiasi movimento. A questi si è aggiunta una folla di indonesiani con le loro mercanzie e la barca è improvvisamente diventata una trappola per topi. Le merci – frutta e verdura in genere ma anche qualche imballo corposo – veniva invariabilmente spostata verso prua, guarda caso proprio dove mi ero accomodato io. Che venivo sospinto sempre più verso il ponte di prua, quello scoperto, dove alla fine, impossibilitato a tornare indietro, mi sono sistemato facendo buon viso a cattivo gioco.
Primo approccio a Gili Air
L’approdo a Gili Air avviene né più né meno come l’imbarco: tutti fuori saltando direttamente sulla battigia, sperando di non capitombolare e bagnarsi i vestiti. Operazione resa ancora più difficoltosa dall’elevato numero di barche che arrivano nello stesso momento, intralciandosi reciprocamente. Ma una volta messi i piedi a terra, ecco che si apre davanti ai nostri occhi l’incanto del paradiso perduto, la meravigliosa isola Gili Air, perla dell’Indonesia… Ma che delusione!
Fin dal primo passo ci appare chiaro che l’isola non è altro che una continua, ininterrotta, persistente successione di attività per turisti. Dello stesso tenore di quelle che si trovano a Phuket, o a Goa, o a Bali, o in qualsiasi altro luogo della terra dove c’è una spiaggia, un mare e le idee per farli fruttare. I locali si susseguono ai due lati della famosa strada sabbiosa senza soluzione di continuità. Ristoranti, negozi di souvenirs, bar, noleggiatori di maschere e pinne, gelatai… e poi ancora pensioncine, guesthouse, lavapanni, agenzie di viaggio, noleggio biciclette… Sembra di trovarsi a Ko Samui, senza il traffico, i ladyboy e il cemento, ma le cose non cambiano di molto.
Le tanto decantate spiagge dell’isola sono sulla nostra destra, ma appaiono e scompaiono continuamente. Gli stabilimenti balneari, infatti, sono così numerosi e talmente appiccicati uno all’altro che è quasi impossibile avere una visione libera del mare che circonda l’isola. Molte di esse, inoltre, sono ridotte a pochi metri di larghezza, totalmente occupati da obrelloni, sdraio e lettini, quasi ci trovassimo a Rimini in alta stagione. Una sola spiaggia presenta qualche area meno frequentata, ma è quella più vicina al molo, quindi infastidita dal via vai continuo delle barche.
I trasporti, come accennavo all’inizio, sono assicurati da una forma particolare di taxi: la carrozzella con cavallo. Sia la prima che il secondo presentano alcune caratteristiche peculiari. La carrozzella è un abitacolo di plastica e metallo più affine a un’automobile che a un calesse. D’altronde, le ruote sono due pneumatici… Questi mezzi a due file di posti presentano anche un opportuno portabagagli disposto sul tetto, indizio che suggerisce una florida attività di accompagnamento turisti da e verso gli alberghi. I cavalli sono l’altra curiosità dell’isola. Non sono pony, eppure sono piccolissimi! Non raggiungono il metro e mezzo di altezza. Mi è venuto da pensare al fenomeno dell’insularità, che riduce la dimensione delle creature viventi nel corso dell’evoluzione. Ma ovviamente non può essere questo il motivo. Sembrano piuttosto simili ai cavalli delle steppe, quelli utilizzati dai mongoli, e forse è da lì che provengono… E anche questa mi è sembrata una ipotesi un po’ stiracchiata.
Il giro completo dell’isola Gili Air dura appena 2 ore. Tutto qui. Ogni tanto si incrocia una strada (sempre sabbiosa) che va verso l’interno. Percorrendola si raggiunge la parte forse più autentica dell’isola, quella abitata ancora dai pochi contadini rimasti. Qui si notano parecchi campi coltivati, di dimensioni modeste a dire il vero dato che sono circondati da alberghi e locali di ogni tipo. Nondimeno, si tratta di una convivenza affascinante, perché si confrontano in pochi metri quadri da un lato la vita reale dei contadini, dall’altro la vita effimera, falsata, impalpabile dei turisti. Un confronto che deve farsi più acuto la sera, quando l’isola diventa una località di divertimento in piena regola, con luci, suoni, rumori e orde di gente che si muovono da un locale all’altro.
Le Gili, una riflessione finale
Insomma, vale la pena andare alle Gili? Sono davvero quel paradiso che viene descritto nelle guide di viaggio e nei report dei viaggiatori? Io direi di no. Il loro inequivocabile fascino sta nella presenza, in uno spazio raccolto e intimo, di tutto ciò che un turista chiede a una località di villeggiatura tropicale. C’è il sole, il mare, la natura; ma anche le comodità derivanti da una capillare organizzazione alberghiera, dalla presenza di locali di tutti i generi e per tutti i gusti, dal cibo genuino e comunque a buon mercato. Gili Air mi ha dato l’impressione di essere nel complesso un enorme, unico resort allargato. Un luogo omogeneo, insomma, per offerta di prodotti e servizi. Un villaggio turistico globale in cui è possibile convivere con gli indigeni e le loro galline, perché no. E’ fico, da raccontare quando torni. O camminare a piedi nudi tutto il giorno, tanto delle scarpe non ce n’è quasi bisogno. Bellissimo! O mangiare il mango appena raccolto da un albero, o un pesce appena pescato la sera sulla spiaggia… Tutto fantastico, speciale, irripetibile… oggi. Ma domani? E dopodomani? Ecco che in breve si entra nella logica del villaggio turistico, dove ogni giorno si fanno più o meno le stesse cose anche se gli animatori ti fanno credere che non è così.