La folle espressione di compiacenza che trapela dall’immagine non lasci ingannare. Ben presto sarà soppiantata dallo sgomento e dall’incredulità. Come in un film horror, infatti, non appena si spengono le luci e si va a dormire, nei treni a cuccette cinesi inizia una fase che inizialmente potremmo definire di insofferenza, ma che in pochi attimi si trasforma in disagio, sofferenza fisica e persino terrore. Esagero? Racconto la mia esperienza e valuterete voi.
Innanzituto spiego in breve come si svolge la procedura completa in questione. Come ho raccontato qui, i biglietti per le lunghe percorrenze si prenotano online attraverso le agenzie di viaggio cinesi. Per pochi dollari in più, questi intermediari sono disposti a inviarti i biglietti a casa, in stazione o all’albergo indicato, ed è lì che li abbiamo trovati anche noi. Una volta in possesso dei documenti di viaggio, ci si avvia alla stazione, si superano i doppi controlli di sicurezza, si procede verso il gate da cui parte il treno. Quando chiamano i passeggeri – in genere appena 10 minuti prima della partenza – occorre mettersi in fila, tenere la posizione dall’assalto dei viaggiatori cinesi, notoriamente poco abituati a rispettare le file, e infine, superato l’ultimo controllo di biglietto e passaporto, si giunge sulla banchina del proprio treno. Il vagone si trova facilmente, è segnalato anche a terra; raggiungere il proprio scompartimento è altrettanto semplice, le indicazioni sono le stesse dei nostri treni a cuccette.
Uno scompartimento di seconda classe cinese è composto da 4 letti a cuccette. Niente di diverso, quindi, dai nostri. L’ambiente mi è sembrato leggermente più ampio di uno scompartimento italiano, i letti forse più soffici, il letto superiore sicuramente più distanziato da quello inferiore. La prima anomalia è che mancano del tutto le cinghie di sicurezza per le cuccette superiori. Pare quasi che i cinesi non corrano mai il rischio di cadere giù dal letto a causa di una frenata o di un sonno particolarmente agitato.
Altra rilevante differenza: manca la scaletta! Per arrampicarsi sul letto superiore bisogna piazzare un piede su un apposito rilievo ricavato nei pressi della porta. Non è proprio agevole compiere questa operazione: rappresenta addirittura un azzardo per chi è basso di statura. Per costui, quindi, è consigliato scegliere la cuccetta inferiore. Per tutti gli altri si tratta di trovare un buona presa e tirarsi energicamente su. La cosa che mi ha sorpreso è l’estrema agilità con cui le ragazze e le donne mature riescono a compiere tale acrobazia. Evidentemente i cinesi hanno le contorsioni nel sangue…
Una volta partiti, spengono le luci. Si va a dormire. Non si spegne però la radiodiffusione. Ecco l’aspetto straordinario di tutta la faccenda. L’impianto audio interno diffonde continuamente spot pubblicitari inframmezzati da lunghi monologhi; a quanto ho intuito sono dei racconti o delle poesie, affidati ogni volta alternativamente a una voce di donna e a una di uomo. Finito il raccontino, iniziano di nuovo gli inserti pubblicitari, caratterizzati da lunghi e rumorosi jingles e da tutte le espressioni di cui è capace la lingua cinese. Tutto ciò mentre la gente cerca di prendere sonno all’interno degli scompartimenti.
Io non potevo credere alle mie orecchie (è proprio il caso di dirlo), lo giuro! Ho pensato: prima o poi spengono sto fracasso e ci lasceranno dormire. Invece, dopo il primo ciclo, ecco che tutto si ripete da capo. Pubblicità, jingles, racconti. Passata un’ora, sono ancora sveglio come un grillo e contino a chiedermi: ma possibile che nessuno si lamenti? Al terzo loop mi rizzo in piedi, cerco in ogni anfratto dello scompartimento qualcosa che mi consenta di spegnere l’audio dal di dentro. Niente, non c’è nulla. Guardo gli altri tre e la tipa alla mia altezza dorme in una posizione sconnessa, e russa come un trombone; la ragazza sotto sta giocando con il cellulare ed è in cuffia; mia moglie, abbastanza sorpredentemente, riposa leggiadramente. Mi rimetto giù, cerco di rassicurarmi che non può continuare all’infinito: prima o poi la finiranno.
Passa il tempo. Siamo al quinto loop, ormai conosco a memoria la seguenza delle pubblicità, potrei recitare io stesso larghi brani dei monologhi che ascolto, ma niente sembra cambiare. Le cose peggioramno quando il treno si ferma in una stazione. Con il treno in movimento, infatti, il sonoro viene contrastato e a volte superato dai rumori prodotti dal vagone e dagli effetti esterni, specie in galleria; ma quando il treno è fermo il fastidio si tramuta in tormento… L’audio sembra aumentare, nel silenzio generale si ode solo quella orribile sequenza di voci, musica ed effetti, non c’è nulla che possa limitarla. Io faccio di tutto: mi avvolgo la testa nel lenzuolo, la metto sotto il cuscino, provo ad ascoltare della musica dal mio cellulare ma per quanto alzi il volume non riesco a ricacciare fuori dalle mie orecchie il frastuono imperante nello scompartimento.
Quando infine dispero di prendere sonno e mi predispongo a passare una notte in bianco, ecco che, miracolosamente, la radio tace. Per un paio di minuti stento a credere che sia vero: mi aspetto che da un momento all’altro riprenda con la pubblicità, i jingles e i monologhi. Non oso modificare la posizione che ho infine sperimentato e che attenua il fracasso. Passano i minuti, il treno si rimette in moto; il familiare rumore del vagone che sferraglia comincia a fare il suo effetto tranquillizzante, e in breve, senza neppure accorgermente, mi trovo addormentato.
Questa avventura mi ha traumatizzato, lo confesso. Tanto che al ritorno, dovendo prendere un altro treno a cuccette, mi sono ingollato un sonnifero sperando che riuscisse a contrastare quelle prime 2-3 ore di sofferenza acustica. Questa volta, tuttavia, la sequenza di pubblicità e discussioni, pur iniziando al momento della partenza e risultando decisamente più lunga, è stata lanciata solo una volta. Niente ciclo, quindi. Ciò mi ha fatto riflettere: non è che sul treno da Kunming a Dali, all’andata, qualcuno si era scordato di spegnere il dispositivo?