Perché fare un safari? E come si svolge un safari in Sri Lanka? Inserire un safari in un itinerario è una scelta che “brucia” almeno due giorni di viaggio, quindi va considerato attentamente. Sapere per grandi linee cosa ci si attende può aiutare a regolarci di conseguenza. Un safari, in effetti, potrebbe rappresentare il momento più esaltante di una vacanza oppure il più deprimente in assoluto. Tutto dipende dalle aspettative che su di esso riponiamo.
Allo scopo di sgombrare il campo da illusioni, equivoci e false speranze, dopo aver suggerito dove poter effettuare un safari pienamente soddisfacente in Sri Lanka, descrivo la mia personale esperienza ad Udawalawe. Spero sia utile per calibrare aspettative e ammortizzare eventuali delusioni.
Un safari a Udawalawe ricalca in quasi tutte le sue fasi qualsiasi altro safari del mondo. Chi ne ha già fatto uno, quindi, non troverà in questo articolo novità o dritte particolari. Come gli altri, infatti, la prima scelta da effettuare è quando fare questo safari: di giorno o di notte? In tutti i campi del mondo è possibile introdursi nella riserva di notte, per osservare il comportamento degli animali che agiscono prevalentemente con il buio. Questa opzione è indubbiamente più impegnativa – e in molti posti anche la più costosa – rispetto al safari diurno. Implica di dover trascorrere gran parte della notte in giro per il parco appostandosi pazientemente sotto qualche albero o in mezzo ai cespugli in attesa che accada qualcosa. In Sri Lanka, peraltro, ciò significa esporsi a temperature sensibilmente più basse che di giorno, quindi richiede anche abiti adatti per l’occasione.
La ricompensa, il più delle volte, è piuttosto scarsa. Anche se ci fossero centinaia di animali attorno a voi, sarebbe estremamemente complicato poterli vedere, se non di sfuggita, nel buio quasi pesto di una notte tropicale. Per non parlare della difficoltà di riprenderli o fotografarli. Il safari notturno, quindi, se non è motivato da una forte componente di curiosità scientifica, può rivelarsi un fiasco totale.
Il safari diurno comporta “solo” una brutta alzataccia. Per vedere gli animali in azione occorre approfittare del momento in cui tornano attivi dopo il riposo notturno. Questa opzione è quella più gettonata dai turisti mordi e fuggi, perché non implica lo spreco di un giorno di viaggio e quindi un pernottamento in definitiva poco utile.
Il nostro safari a Udawalawe è iniziato alle quattro del mattino, quando fuori era ancora buio. Per sbrigarsi non abbiamo fatto colazione e ci siamo recati piuttosto insonnoliti presso un posteggio dove ci attendeva la camionetta prenotata per la visita. Avevamo scelto un safari di breve durata, dalle cinque alle dieci del mattino, per cui avremmo poi mangiato al ritorno in albergo. Altri optano per una maggiore permanenza nel parco, e per loro gli alberghi preparano colazioni al sacco, più o meno ricche.
Il primo intoppo è costituito dall’attesa per fare il biglietto. Una fila interminabile di camionette ci si è parata innanzi azzerando quasi del tutto la possibilità di poter entrare nel parco quando era ancora deserto. Il nostro driver è corso a fare la fila al botteghino e ci ha lasciato in balia di insetti e noia mortale; non è tornato che quando il sole era già sorto da un pezzo, per cui anche il vantaggio dell’altazaccia mattutina ce lo eravamo abbondantemente giocato…
Una volta dentro la riserva, ci siamo diretti verso le zone che – stando all’esperienza del ranger che ci accompagnava – erano le più indicate per avvistare qualche animale. Lo facevamo noi ma lo facevano anche tutti gli altri. Di conseguenza, una volta raggiunta l’area propizia, era già intasata di camionette e turisti vocianti, tanto da far scappare i pochi animali che – eventualmente – erano presenti. Quando finalmente è stato il nostro turno, non c’era proprio nulla da osservare. Il ranger ha tentato – piuttosto goffamente – di indicarci un punto nella boscaglia in cui intravadeva un movimento… ma nulla, al massimo si trattava del solito pavone o di qualche cane randagio.
In parole povere, ciò che succede è proprio che non succede nulla! Si insegue continuamente l’avvistamento del momento ma quando finalmente ci si trova in posizione ideale, ecco che al massimo spunta una scimmia o uno scoiattolo. E’ tanta la frustrazione che ci si accontenta di fotografare una lucertola come se fosse uno dei “big five”. Si va in estasi per un pellicano spennato o per una cicogna come avessimo visto, che so, un leopardo o un rinoceronte… Il fatto poi che le camionette si limitano a percorrere i sentieri ultrabattuti su cui transitano tutti, continuamente, da mattina a sera, non facilita certo l’avvistamento di qualche animale prudente che ha capito l’andazzo.
L’unico punto davvero notevole di Udawalawe è una grandissima piana alluvionale che assomiglia, in tutto e per tutto, a una savana africana. Qui la siccità di 4 anni senza piogge ha ridotto i grandi bacini idrici a poche pozze isolate. Gli animali sono costretti a radunarsi presso di esse ed è quindi più facile appostarsi e osservarli in tutta calma. I coccodrilli sono praticamente ammassati uno accanto all’altro e si contendono i pochi punti di accesso all’acqua; attorno a loro circolano incuranti del pericolo uccelli trampolieri di tutte le specie – cicogne, cavalieri d’Italia, spatole, marabù – in cerca di qualcosa da mangiare; branchi di bufali selvatici si appropriano dei laghetti più melmosi, dove possono fare il loro benefico bagno di fango. Peccato che il ranger non ti permetta di scendere dalla camionetta. Oltre un certo punto di osservazione, inoltre, è impossibile andare, e dopo un po’ si deve tornare indietro.
Raggiunto questo limite estremo, in pratica il safari è finito. Da qui inizia una lunga corsa a ritroso, tanto più veloce quanto più si è in ritardo, che non si ferma neppure nel caso s’incontrasse un Brontosauro. Ogni camionetta, infatti, è in tutto e per tutto una attività imprenditoriale privata che deve massimizzare tempi e profitti nel corso della giornata. Quindi, più safari più ricavi.
Quanto a noi, eravamo del tutto paghi di quanto avevamo visto. Qualche elefante isolato, uccelli, molti coccodrilli, entelli e macachi, pavoni e due sciacalli… niente di tutto questo avrebbe accontentato il meno esigente degli escursionisti ma a noi, assonnati e affamati, ci bastava e avanzava. Nel nostro intimo probabilmente ci siamo detti: un safari, comunque, l’ho fatto. Pazienza per gli animali che potevo osservare e non l’ho fatto. Sarà per la prossima volta. Punto e a capo.