La maggior parte dei paesi rilascia il visto al visitatore appena mette piede nel paese, in genere all’aeroporto, con una semplice procedura di riconoscimento. Altri richiedono che il viaggiatore si procuri il visto prima di entrare nel paese, ed è il caso di molte nazioni a grande vocazione turistica, come gli Stati Uniti, la Cina e l’India. In questo caso le operazioni da compiere per ottenere l’agognato visto possono essere anche lunghe, complesse, a volte perfino incomprensibili. Talmente ostiche da scoraggiare perfino il viaggio!
Negli ultimi anni è stato fatto un tentativo per agevolare, per quanto possibile, il compito dei viaggiatori e allo stesso tempo sgravare il lavoro degli addetti alle dogane, istituendo il visto elettronico online, quello che comunemente viene chiamato ETA. Non è più necessario recarsi agli uffici consolari, come avveniva prima, consegnare passaporti e documentazione, augurarsi che sia tutto a posto e tornare dopo qualche giorno per ritirare il visto. Adesso si fa tutto online. Il che non significa che la procedura sia diventata più semplice e comprensibile. Tutt’altro. E il visto per l’India, denominao eVisa, appena fatto, lo dimostra.
Innanzitutto, occhio ai siti non ufficiali. Se digitiamo su Google “eVisa India” e verranno visualizzati almeno una decina di siti che hanno tutta l’apparenza di essere autorevoli e legali, ma che non sono quello che cerchiamo. Attenzione, non sto dicendo che sono dei siti fake, assolutamente: ciò che fanno, più prosaicamente, è di costruire una bella serie di pagine html piuttosto ben fatte, con tutte le informazioni che servono, e condurre l’utente verso il modulo ufficiale del governo indiano, quello che conta davvero. La fregatura è che, alla fine della procedura, il costo base del visto viene caricato con un sovrapprezzo che può anche essere del 100%. E il bello è che non lo si capisce se non dopo aver ottenuto il visto, cioè ormai a cose fatte!
L’unico sito ufficiale che rilascia visti online per l’India, pertanto, è questo: https://indianvisaonline.gov.in/evisa/tvoa.html. Sono perfettamente consapevole che si presenta male e può risultare perfino sospetto. Ma è davvero lui, il sito del governo indiano, l’unico che rilascia l’eVisa per l’India. Io stesso, quando ci sono entrato, non potevo credere che un paese informaticamente avanzato come l’India potesse ancora realizzare siti come questo. Evidentemente ai dirigenti del governo non interessava granché la forma o lo stile, ma solo che facesse il suo lavoro e basta. E pazienza se poi la maggior parte degli utenti stranieri lo scambia per un fake…
Veniamo alle fasi della compilazione. La prima pagina non presenta problemi: bisogna solo dichiarare la nazionalità, il tipo di passaporto posseduto, il luogo di arrivo in India e che tipo di visto si richiede (il visto turistico è il primo). Attenzione alla voce “Expected date of arrival“: si aprirà un datario in cui i giorni opzionabili sono solo i prossimi 30. Se la data di arrivo è oltre quei 30 giorni e si procede oltre, il visto sarà automaticamente di un anno, e quindi costerà il doppio! Pertanto, consiglio di fare l’eVisa per l’India cercando di includere la data di arrivo entro i prossimi 30 giorni mostrati dal datario. La validità effettiva del visto, di 30 giorni, partirà come di consueto dal giorno di arrivo.
Una volta cliccato sul pulsante “Continue” i dati immessi vengono automaticamente salvati, ma è sempre possibile tornare indietro a modificarli, in caso di errore.
E’ dalla seconda pagina che sorgono i primi dubbi. Come si nota dalla schermata, iniziano a fioccare le domande strane, o comunque, inconsuete. La prima delle quali è quella relativa alla “Citizenship/National Id No.”, obbligatoria, che risulta incomprensibile visto che, poco prima, avevamo già dichiarato la nostra nazionalità. Evidentemente si tratta di qualche tipo di riconoscimento burocratico applicato in India e per noi assolutamente sconosciuto. Nel dubbio, inserire N/A, come ho fatto io. La seconda domanda inconsueta, perlomeno per noi europei, è quella relativa alla religione. La tendina mostra tutte le religioni possibili immaginabili praticate nel mondo dai tempi dell’homo erectus, ma non c’è l’opzione “nessuna religione”! Tuttavia, se si selezione “Others”, appare un campo in cui inserire qualsiasi cosa ci viene in mente.
La terza pagina è dedicata ai dati personali del richiedente. Anche qui la domanda inconsueta è quella sui “Family details”, ovvero la richiesta di inserire i dati personali anche del padre e della madre. Per noi europei si tratta di una richiesta quantomeno inappropriata. Mia moglie, per esempio, ha entrambi i genitori defunti, eppure è stata costretta a inserire dati che per un burocrate indiano sono probabilmente inutili e soprattutto assolutamente non verificabili da parte di un governo estero. Ma forse una spiegazione c’è. Il fatto che si chieda, per il padre e la madre, sia la nazionalità presente sia quella passata denota il tentativo di conoscere qualcosa del passato del richiedente che affonda nelle origini tumultuose della Repubblica Indiana, probabilmente ai tempi della “partizione“.
La quarta pagina ci chiede innanzitutto di elencare tutti i luoghi che intendiamo visitare in India. Qui possiamo sbizzarrirci, perché non credo si possa effettivamente realizzare un controllo dei nostri spostamenti. Tuttavia, è bene fare attenzione ad alcuni luoghi, come ricorda l’avvertenza a lato del campo: ci sono aree, in India, per cui è necessario chiedere un permesso supplementare alle autorità centrali e locali (vedi Kashmir).
Inoltre, dove ci chiede se abbiamo prenotato qualche hotel tramite un tour operato locale, anche se lo abbiamo fatto è meglio rispondere NO. Se si clicca su Yes, infatti, si apre sotto un altro formulario pieno di campi in cui bisogna dare i riferimenti più minuti sull’agenzia scelta, chi ne è il responsabile, telefono, indirizzo, ecc., tutte informazioni che ci porterebbero via un mare di tempo.
Subito dopo, iniziano le domande – piuttosto insistenti – se siamo già stati in India. Addirittura viene richiesto di dichiarare l’ultimo visto per l’India. Infine, ultima domanda trabocchetto: ci chiedono di elencare tutti i paesi visitati negli ultimi 10 anni. A parte il fatto che il nostro passaporto elettronico avrebbe tutte le risposte, la domanda ha chiaramente lo scopo di verificare se siano stati in Pakistan o in paesi poco graditi. Le sezioni riguardanti i SAARC country non ci interessano. Invece è obbligatorio segnalare nel campo Reference Name in India il nome, l’indirizzo e il telefono del primo albergo (si ricava dalla prenotezione). Allo stesso tempo, è bene comunicare anche un eventuale indirizzo di riferimento in Italia, non si sa mai.
La quinta pagina mostra le consuete, assurde domande che fanno un po’ tutti i paesi che temono infiltrazioni terroristiche (compresi gli USA). Il modulo, come si vede, è impostato tutto sulle risposte positive! Quindi guai a distrarsi, o ci sognamo il visto ora e probabilmente per il resto della nostra vita!
E finalmente si arriva alla fine del percorso: la pagina con le coordinate della richiesta e l’id da conservare per verificare successivamente lo stato di lavorazione del visto. In effetti non è proprio la pagina finale, perché a questo punto è necessario fornire le immagini del passaporto (della pagina con la foto) e una proprio foto recente, senza occhiali, su sfondo chiaro, quadrata, che non superi i 150kb di dimensione. Fatto questo, se non ci sono ulteriori intoppi, si arriva alla pagina di conferma finale dei dettagli, con l’elenco di tutte le risposte date nelle pagine precedenti. Controlliamo bene e poi passiamo all’ultimo step.
Siamo arrivati al momento del pagamento. Che può essere effettuato esclusivamente con carta di credito o PayPal. Per un visto di 30 giorni il costo è 25 euro circa; per un visto annuale si arriva a 40 euro. Il visto da 30 giorni permette due ingressi nel territorio indiano; il visto annuale è multingresso.
I tempi di lavorazione della richiesta sono sorprendentemente rapidi. Il mio visto è arrivato in giornata. Quello di mia moglie ci ha messo un solo giorno in più, probabilmente perché lo abbiamo fatto la sera. Il formato è PDF e quindi è possibile conservarlo nel proprio cellulare. Nondimeno, le autorità indiane raccomandano di stampare (a colori) il visto e di portarlo in formato cartaceo. Probabilmente ci verrà sequestrato alla dogana e sostituito con un timbro sul passaporto o con una etichetta adesiva.