Se c’è un posto da inserire a tutti i costi in un itinerario ideale del Vietnam, questo è Hoi an. E’ una piccola e graziosa cittadina collocata proprio nella parte mediana del paese, famosa per il suo stile di vita, per la produzione delle lanterne di tutti i colori e per la deliziosa cucina. Si trova poco distante da Danang, ovvero la capitale della regione, che al contrario è una cittadona mostruosa, tentacolare e priva di reali attrattive turistiche. Hoi an, da questo punto di vista, si può dire che rappresenti l’antitesi perfetta alle città vietnamite votate alla modernità più eccessiva. E per questo è opportuno sceglierla come base di partenza per le escursioni in zona.
Peccato che Hoi an sia un luogo idilliaco solo sulla carta. La realtà infatti è molto diversa da ciò che è lecito aspettarsi, perlomeno dando credito alle migliaia di immagini che circolano in rete. La piccola e graziosa cittadina coloniale, così tranquilla, tradizionale, affascinante, si rivela quasi subito per ciò che è in realta: e cioè un caotico e traumatizzante ammasso di attività turistiche di ogni genere. Volte ad accalappiare turisti di ogni genere, età, razza, religione e soprattutto portafoglio.
Ingresso a pagamento
La prima avvisaglia di ciò che ci aspetta si ha proprio all’ingresso della “old town” (che è poi l’unica zona interessante di Hoi an). Per entrare, infatti, occorre acquistare un ticket turistico. Il biglietto costa 120.000 Dong (4,5 Euro circa) a persona. Tale obolo è richiesto ufficialmente per il mantenimento e la conservazione della città, che è un sito patrimonio Unesco. In teoria il biglietto sarebbe obbligatorio. Tuttavia, abbiamo notato che – eccettuato un paio di punti particolarmente controllati dalla polizia locale – è praticamente un gioco da ragazzi evitare di pagare, dato che gli ingressi al centro storico sono moltissimi, e da tutti i punti cardinali. Però è sempre meglio acquistarlo e mettersi il cuore in pace.
Il biglietto consente l’accesso a piedi a tutte le strade del quartiere della Città Vecchia di Hoi An e l’ingresso a una serie di edifici storici, nonché musei e spettacoli teatrali. Ma attenzione, non più di cinque. Superata tale soglia, bisogna acquistare biglietti aggiuntivi. E qui sì che occorre munirsi di questo famigerato ticket, perché la maggior parte degli edifici o dei monumenti a pagamento hanno sempre dei controllori che presidieranno l’ingresso.
Quando fu introdotto per la prima volta il sistema dell’accesso a pagamento, i turisti dovevano acquistare un biglietto per persona al giorno, per ogni giorno trascorso nel centro storico di Hoi An!Tuttavia, poiché ciò è scomodo e costoso, rappresenta un disincentivo a venire in città e – soprattutto – è difficile da monitorare da parte delle autorità, è ormai prassi tollerata che tutti i visitatori acquistino almeno un biglietto quando arrivano a Hoi An, e questo sarà sufficiente per la durata del loro soggiorno (anche se sul biglietto è indicato che è valido solo per 24 ore).
Una folla esagerata
Una volta superate le barriere di ingresso, un lungo viale pedonale conduce verso il centro della Città Vecchia di Hoi an. Questa graziosa strada alberata, fiancheggiata da edifici che rivelano una certa età, è il viatico perfetto per ciò che si presenterà fra poco, una volta raggiunto il fiume. Purtroppo, man mano che si va avanti, lo scenario si fa sempre più affollato, convulso, caotico, perché la folla di turisti inizia a diventare sempre più densa e compatta. Il top della confusione si raggiunge proprio sul ponte raffigurato sopra. Pur non essendo l’unico ponte di Hoi an, e neppure il più vecchio, la gente fa a spintoni pur di transitarci sopra almeno una volta. Sembra essere il punto più rappresentativo di tutta la cittadina, quello che non devi assolutamente mancare. Ed è lì pertanto che si creao i maggiori ingorghi.
La maggior parte dei turisti sono orientali. La cittadina, con le sue caratteristiche lanterne rosse, sembra essere una meta molto gradita a cinesi, giapponesi, coreani e – naturalmente – i vietnamiti abbienti. Sono loro principalmente che si ammucchiano sulle malferme assi del ponte per scattare selfie e ammirare il fiume. Posso assicurare che in certi momenti della giornata è una vera impresa raggiungere un parapetto per scattare la canonica foto dal ponte. I turisti occidentali, specie quelli nordici, preferiscono andare in giro in bicicletta, e a quanto pare godono un mondo poter attraversare il ponte, avanti e indietro, mettendo in difficoltà i pedoni.
Questo incessante via vai viene osservato con scarso interesse dai barcaroli locali, per i quali il momento cloux della giornata arriverà all’imbrunire. Per adesso si limitano a sistemare le loro imbarcazioni, a mangiare qualcosa al volo, a chiacchierare e fumare placidamente uno accanto all’altro, incuranti dell’agitazione che cresce intorno e sopra di loro. Ma di questo evento ne parlerò più diffusamente in un prossimo post.
Street food alla vietnamita
Come in qualsiasi città orientale, lo street food è una delle attrazioni maggiornamente apprezzate dai turisti di ogni latitudine. A maggior ragione a Hoi an, che è celebre proprio per la sua cucina raffinata e variegata. L’offerta è grande e adatta a tutti i palati: si va dai ritrovi al coperto, completi di sedie e tavolini, alle bancarelle da strada come quelle che si vedono nella foto sopra: minuscoli bossoletti su ruote, provviste di bombola del gas, cucina, griglia e un piccolo frigorifero per le bevande fresche, che offrono in genere una sola tipologia di pietanza, declinata in non più di una dozzina di modi.
A Hoi an, cittadina vicina al mare, il pesce la fa da padrone. La specialità più gradita, specie dai turisti vietnamiti, è il calamaro appiattito ed essiccato, che viene consumato come uno snack, passeggiando per strada. L’odore che emana non è granché, bisogna ammetterlo, però il sapore compensa ogni sensazione sgradevole. Molto gradite – e questa è forse una eredità francese – sono le rane fritte, che vengono appese un po’ lugubramente lungo gli assi portanti delle bancarelle o infilzate su esili spiedi di legno.
Le varietà di spiedini – come tradizione – non si contano: quelli di pesce, davvero deliziosi e soprattutto abbondanti, sono composti da una serie di pezzi impilati uno sull’altro e raggiungono, in certi casi, il mezzo metro abbondante di lunghezza. Sono farciti da molluschi o gasteropodi, che resistono meglio alla griglia, inframmezzati da peperoni o frutta (ananas o mango). Gli spiedini di carne, invece, risultano meno distinguibili: le varietà di carne sono sicuramente molte, ma è difficile capire a quale animale appartenga ciascun pezzo abbrustolito, se muscolo o interiora.
Alcuni spiedini sono composti da un solo pezzo, ma non una parte dell’animale… dall’animale stesso! Così è possibile vedere conigli, piccoli uccelli, scoiattoli, polli e altri animali su cui è meglio non indagare oltre.