La decisione di far iniziare il viaggio in Messico dalla capitale ha sollevato una serie di reazioni che sinceramente non mi aspettavo. La più comune è stata di sgomento, se non addirittura di aperto disappunto. Perché – mi dicevano – andare in un posto considerato come minimo “poco sicuro”? Perché non fare come tutti gli altri turisti? Saltare a piè pari la capitale e concentrare il viaggio solo su Yucatan e Chiapas? In fin dei conti, che c’era di tanto interessante a Città del Messico?
In parole povere, l’impressione che ho avuto è stata che la metropoli messicana fosse considerata uno dei posti più malsani della terra. Un luogo in cui si concentravano, nell’ordine, tutte le porcherie che angustiano l’umanità: delinquenza diffusa, povertà, degrado, affollamento, sporcizia, droga… Qualcuno si è spinto oltre, asserendo che la capitale fosse l’arena in cui si confrontavano tutte le gang mafiose dall’Alaska alla terra del Fuoco, e quindi soggetta a sparatorie, rapine, regolamenti dei conti, ecc.. Un luogo da evitare come la peste, quindi, e senza alcun ripensamento.
Questo ritratto di Città del Messico è assolutamente fuorviante, direi perfino disgustoso. Non è affatto un crogiolo di nefandezze e pericoli vari. E’ solo una grande città, con i suoi alti e bassi, naturalmente, ma quale metropoli al mondo non ne ha? Al contrario, posso affermare con convinzione che Città del Messico possiede dei quartieri molto gradevoli e nel complesso assolutamente tranquilli. E il suo centro è elegante, monumentale, a tratti perfino grandioso; come deve averlo una capitale che si rispetti, appunto.
Il primo mito da sfatare riguarda l’ordine pubblico. In tre giorni di permanenza non ho mai avvertito la benché minima sensazione di pericolo. Ho girato a piedi per gran parte della città, ho preso mezzi pubblici e metropolitana, ho mangiato in bettole inenarrabili, ma sempre, dico sempre, mi sono sentito assolutamente a mio agio. Anche fenomeni come l’accattonaggio, che in alcune città sono molto fastidiosi, a Città del Messico non si avvertivano quasi per niente. C’erano mendicanti, è vero, ma si limitavano ai gesti strettamente necessari per attirare la tua attenzione e poco altro.
Di conseguenza, anche fenomeni strettamente correlati all’ordine pubblico, come la povertà o il degrado, sono poco appariscenti. Non nego che anche Città del Messico, come altre metropoli sudamericane, abbia la sua bella dose di bidonville e quartieri dormitorio, ma girando per le zone più frequentate del centro è quasi impossibile accorgersene. Anzi, ci sono aree che per bellezza architettonica, gestione degli spazi e del traffico, sembrano molto simili a quelli di grandi città europee, come Madrid o Parigi.
Secondo mito da sfatare: i trasporti pubblici sono scadenti. Falso! Mai affermazione fu più avventata. E siccome l’ho sentita dire, spesso, da chi non ha mai preso un solo bus durante la sua permanenza a Città del Messico, mi pare anche una mezza ingiuria. Io ho sperimentato il bus, la metro e il taxi e non ho mai avuto alcun problema. Gli autobus, certo, non sono un modello di efficienza e rispetto dell’ambiente, ma circolano dappertutto con una certa frequenza e sono, stando alla mia esperienza, piuttosto puntuali. In alcune ore del giorno appaiono esageratamente affollati, è vero, ma chi vive a Roma non può certo lamentarsi! Alcuni, poi, sembrano non avere proprio i vetri ai finestrini, e quindi durante il viaggio si è esposti a tutte le intemperie.
Se da una parte i mezzi su strada appaiono datati, poco manutenuti e soprattutto estremamente inquinanti, dall’altra bisogna ammettere che la Metropolitana di Città del Messico è davvero capillare ed efficiente. Iniziata a costruire nel 1969, oggi può vantare una estensione di circa 200,8 km. Le linee sono ben 12, tutte ben tenute e facili da trovare; le stazioni 185 e di queste ben 24 sono di scambio. In pratica, non c’è angolo della città che non sia raggiunta dal servizio metro. Di conseguenza, visto il traffico che c’è in superficie, la Metropolitana resta qui – come altrove – il modo migliore di spostarsi da un punto all’altro della città senza dover pagare un prezzo elevatissimo al traffico urbano in termini di tempo, salute mentale e denaro.
Va da sè, quindi, che i taxi, pur essendo numerosissimi, non sono la scelta più idonea quando bisogna spostarsi a Città del Messico. Restare intrappolati nel traffico in un auto, anche se provvista di aria condizionata, non è proprio il massimo, e non solo nella metropoli centroamericana. Ci sono molte compagnie private di taxi, è vero, ma la maggior parte non ha il tassametro a bordo. Se non ricordo male, quelli con la fascia rosa e il simbolo del taxi sopra il parabrezza sono mediamente “in regola”, anche se il più delle volte il tassametro viene tenuto spento o nascosto alla vista del cliente. Per tutti gli altri vale la sacra e inderogabile pratica della contrattazione, meglio se effettuata prima di entrare in macchina. Ma non aspettatevi richieste esagerate: le tariffe urbane, tutto sommato, sono modeste.
Il mezzo privato più economico e, per certi versi, più efficiente resta come al solito Uber. Si stabilisce tutto prima, tramite l’app, si paga in anticipo con Paypal o carta di credito (ma si può scegliere di pagare in contanti all’autista) e tutto fila liscio come l’olio. Per questo consiglio di installare subito l’app sul proprio cellulare non appena messo piede in Messico.