Da questo articolo inizia la cronaca – spero fedele e dettagliata – del matrimonio del mio migliore amico in Cina. Chi non fosse interessato a vicende in gran parte personali è pregato di non continuare nella lettura. Ma io sconsiglio di farlo. Non per biechi calcoli legati alla visibilità o popolarità sul web.
In questo articolo – e negli altri che seguiranno – cercherò di fornire un esaustivo resoconto di come avviene un tipico matrimonio della provincia cinese. Un evento, cioè, che pochi occidentali hanno occasione di vivere in prima persona. Io sono stato tra i pochi fortunati, quindi i miei racconti potrebbero costituire un interessante approfondimento per chi ama viaggiare e in particolare ama la Cina. Consideriamoli una sorta di perfezionamento antropologico al nostro mestiere di viaggiatori curiosi e aperti a tutte le culture del mondo.
La mattina del 12 febbraio 2015 io e mia moglie ci siamo svegliati di buon’ora in un lussuoso albergo posto alla periferia di Ruichang. Non avevamo dormito moltissimo, a dire il vero, malgrado il letto fosse comodo e la camera ben riscaldata. Durante la notte la città era stata improvvisamente svegliata da un tripudio di fuochi artificiali da lasciare senza parole. Per circa un’ora abbiamo assistito ad uno spettacolo pirotecnico che per quantità di petardi sparati e qualità di disegni nel cielo non aveva rivali al mondo. La mattina dopo abbiamo saputo che si trattava della celebrazione del giorno che introduce alla settimana del Capodanno cinese. Da questo momento in poi, in ogni città o piccolo borgo della Cina, le notti si festeggiano in questo modo…
Dopo una lauta colazione, ci siamo trovati nella hall dell’abergo con Guido. Era il giorno della cerimonia ufficiale, dopo le formalità pubbliche del giorno prima, e quindi sembrava visibilmente agitato. Ciò che gli procurava ansia è stato chiaro qualche minuto dopo, quando sono arrivate le cugine di Suzhan e la zia (ebbene sì, prima dell’imposizione del figlio unico). Portavano ripiegata una specie di palandrana finemente ricamata e di color rosso acceso. Sebrava in gran parte rifinita con la seta, tanto era luminosa e morbida. Malgrado le apparenze era un abito maschile, e hanno subito insistito perché Guido la provasse.
Mentre all’ingresso dell’albergo veniva predisposto il palchetto che avrebbe accolto i partecipanti al matrimonio, Guido, davanti ai pochi che se lo filavano, ha dovuto sottoporsi alla prova del vestito nuziale. Con mille cautele, cercando di non fare movimenti bruschi, ha indossato quel delicato pezzo di stoffa del tutto simile alla tunica di un mandarino cinese. Per completare l’abbigliamento, è stato poi costretto a mettersi in testa un cappello rosso che, per certi versi, assomigliava ad un copricapo cardinalizio.
Sembrava finita lì, ma ci ingannavamo. La procedura della vestizione non era ancora iniziata. Quella era, per così dire, una prova non ufficiale per assicurarsi che la taglia dell’abito fosse quella giusta. Tutto quello che aveva appena compiuto, Guido lo avrebbe dovuto ripetere davanti alla videocamera della troupe incaricata di girare il filmino ufficiale del matrimonio. Solo in questo modo la vestizione dello sposo sarebbe restata negli annali delle cerimonie matrimoniali di Ruighang e nei ricordi più intimi delle famiglie coinvolte.
Il ritardo del videomaker ci ha dato modo di venire a conoscenza di una usanza piuttosto bizzarra. La zia di Suzhan ha consegnato a Guido una busta di plastica, di quelle da supermercato, dentro cui erano conservati numerosi cartoncini rossi. Mi pare fossero 100, ma non ne sono sicuro. Il futuro sposo ha iniziato a parlottare con le tre donne per capire il senso di quel dono. In breve, sia lui che noi siamo venuti a sapere che ogni cartoncino in realtà era un elegante involucro contenente una bancanota da 10 yuan. Si usavano come forma di pagamento ritualizzato per convincere la futura moglie a seguire il marito fuori della casa dei genitori. Il rituale sembrava piuttosto complicato, e malgrado la zoppicante traduzione in simultanea di Guido non ci ho capito quasi niente. Ma avremmo compreso ogni cosa poco dopo, e lo racconterò nel prossimo articolo della serie.
Una volta al completo, ci siamo recati tutti nella camera dell’albergo che aveva ospitato Guido quella notte. Qui il nostro amico è stato costretto a rifare tutto da capo: si è rimesso la tunica ma senza troppa fretta, visto che il videomaker voleva riprenderlo in più di una posizione. Mentre compiva l’operazione riusciva anche ad essere spiritoso – ovviamente in cinese – e i presenti sembravano apprezzarlo molto. Infine ha indossato una specie di gilet rosso-nero, quello che si vede nell’immagine di questo post. Un indumento importante, a quanto ho capito, perché ha completato l’immagine formale che la tradizione imponeva.
L’effetto finale è quello dell’ultima foto. Il nostro amico, oramai trasfigurato, calato nei panni (nel vero senso della parola) dello sposo cinese, era pronto per la successiva – complicatissima – operazione: il “rapimento” ritualizzato della sposa.