Nel Guangxi l’occupazione turistica per eccellenza è quella di navigare sui fiumi a bordo di zattere di bambù. Si tratta di una pratica molto redditizia e diffusa ovunque: è sufficiente disporre di un corso d’acqua, anche un rigagnolo appena più ampio di una pozzanghera, e una zattera con 10-12 tronchi di bambù affiancati. L’industria della escursione su zattera è divenuta così profittevole che molti contadini o pescatori si sono entusiasticamente gettati a capofitto sul nuovo business. Con il risultato che alcuni specchi d’acqua sono talmente affollati di imbarcazioni, la maggior parte delle quali inutilizzate, che si fatica a pensare che ci siano nel mondo tanti potenzali clienti da poter accontentare tutti.
L’immagine sopra dà l’idea di come è cresciuta esponenzialmente questa pratica nel corso degli anni. E si tratta di una foto scattata nell’agosto del 2010, quando la Cina non era ancora stata investita dal boom turistico di questi ultimi anni. Come si può notare, le zattere soon tutte uguali, capaci di ospitare due persone alla volta più il conduttore; alcune sfoggiano un ombrellone da mare, ma posso assicurare che il più delle volte è inutile, perché il clima, da quelle parti, è quasi sempre umido e coperto. L’utilizzo del giubbotto di salvataggio, almeno all’epoca, era aleatorio.
In quell’afoso e umido agosto, arrivammo a Yangshuo con un giorno di anticipo rispetto alla tabella di marcia stabilita con Guido e (futura) consorte. Dopo aver preso possesso delle nostre camere e aver compiuto il solito giro di orientamento nei dintorni dell’albergo, ci siamo trovati di fronte all’eventualità di trascorrere un intero pomeriggio senza sapere esattamente cosa fare. Intraprendere le escursioni tipiche della zona era fuori discussione, visto che le avevamo programmate per sei persone. Non ci restava altro che bighellonare per il villaggio e aspettare che arrivasse la sera.
Percorrendo la suggestiva stradina che costeggiava il fiume Yulong, siamo giunti, quasi per caso, proprio a ridosso delle scalinate che si vedono nella foto. Neppure il tempo di comprendere cosa avevamo davanti che siamo stati circondati da uno sciame di persone che ci invitavano, alcuni con gesti piuttosto rudi, a seguirli sulla propria zattera. Pur sapendo che qualche giorno dopo avremmo affrontato lo stesso tipo di escursione, ma questa volta sul ben più scenografico fiume Li, abbiamo accettato volentieri la proposta. Sarebbe stato un modo rilassante e divertente per trascorrere quelle due-tre ore che ci separavano dalla cena.
Dopo una serrata e concitata contrattazione, abbiamo scelto i nostri due “zatterieri” fra quelli che ci sembravano più robusti e in carne. Da qui in poi, dopo aver superato il tappeto di zattere alla deriva disposte una appresso all’altra, ci siamo inoltrati nel fiume Yulong. Che è un corso d’acqua tranquillo, placido, direi perfino rassicurante, assolutamente adatto ad una navigazione su un’imbarcazione precaria come una zattera di bambù. Le acque – almeno nel 2010 – erano di una trasparenza straordinaria. Era possibile scorgere le alghe e il fondale, mai troppo profondo, e ogni tanto il guizzare di qualche pesciolino.
L’escursione segue un tragitto in favore di corrente. Si naviga a trazione umana, nel senso che il conducente, posto all’estremità posteriore della zattera, spinge il mezzo in avanti con una lunga pertica di bambù. Non si raggiungono mai velocità preoccupanti, salvo quando ci si trova davanti a delle lievi rapide – probabilmente realizzate dall’uomo per regolare il flusso del fiume – che occorre superare con un salto. Tuttavia, l’idea di dover affrontare quel dislivello mentre si sta seduti su semplici seggiole agganciate a tronchi di bambù, rende la cosa francamente inquietante.
Assicuro che non è niente di che. Il passaggio avviene senza neppure il minimo scossone. Sembra quasi di pattinare sopra le rocce e anche il tuffo successivo non solleva che pochi schizzi d’acqua. Eppure ad ogni rapida gli strilli si moltiplicano, con grande divertimento degli “zatterieri”, che a volte provano ad affrontare gli ostacoli con maggiore velocità del dovuto pur di terrorizzare i loro clienti.
L’unico aspetto poco piacevole è una sorta di agguato fotografico che si svolge, invariabilmente, dopo la prima cateratta. Ecco cosa avviene. Alcuni fotografi si appostano su chiatte collocate immediatamente dopo la rapida. I turisti sono così presi dal timore di affrontare il loro primo salto che non se ne avvedono. Questi individui, pertanto, scattano alcune foto e poi raggiungono velocemente un gruppo di grandi chiatte ormeggiate poco più avanti. I nostri conducenti, consapevoli di ciò, con una faccia tosta impareggiabile, conducono le zattere proprio nei pressi di questi capannoni galleggianti. Qui i fotografi ci invitano a salire e controllare se le foto scattate poco prima sono di nostro gradimento.
In teoria non sarebbe obbligatorio acquistare alcunché. Ma le foto sono quasi sempre molto divertenti, direi perfino comiche, perché immortalano la nostra espressione proprio nel momento di superare il famigerato dislivello. Le nostre facce, ritratte proprio in quell’attimo di terrore, sono uno spasso, e sarebbe un peccato lasciarle lì, in quello sperduto agglomerato di capanne galleggianti della Cina. Di conseguenza, quasi tutti i turisti (compreso noi) acquistano la foto senza fiatare.
Un’altra attività predatoria ai danni dei malcapitati turisti fluviali è il forzato incontro con alcuni commercianti di vari generi alimentari. In genere è poprio il nostro “zatteriere” che ci conduce nei pressi di queste grandi chiatte, alcune provviste anche di tavolini e seggiole, dove poter gustare qualche manicaretto locale o bere del thé o una birra ghiacciata. Più spesso, si tratta di un abbordaggio in piena regola: una barchetta come la nostra, stracarica di frigoriferi e panieri di cibo, si accosta improvvisamente al nostro fianco e inizia a seguirci da presso. In genere queste imbarcazioni pirata sono condotte da tenaci e spietate donnine, pronte a tutto pur di farci acquistare qualcosa. Anche speronarci, come è accaduto a noi!
Il pretesto di tale abuso piratesco è sempre lo stesso: offrire al nostro conducente una birra ghiacciata. Che diventano due, perché fa caldo e lui ha tanta sete… A queste si aggiungono due lattine di Coca Cola, per me e per mia moglie, tanto per far compagnia al nostro zatteriere… Non sia mai che beva da solo! In parole povere, malgrado tutti i nostri tentativi di rifiutare qualsiasi prodotto ci offrisse, alla fine abbiamo acquistato proprio due birre e due Coca. Non c’era altro modo di togliercela di dosso.
Compiuta la rapina, la donnina ha sganciato la sua zattera dalla nostra e ha indirizzato la prua verso la prossima vittima. Noi, più confusi che arrabbiati, ci siamo goduti le due bevande riservando loro un’accoglienza molto più benevola di quanto credavamo, visto il clima e il caldo soffocante. Il nostro “zatteriere”, dopo la prima birra ingurgitata quasi tutta in un fiato, ha iniziato a cantare a squarciagola una canzone tradizionale. Una nenia che ho trovato molto primitiva, ancestrale, ma allo stesso tempo, davanti al magnifico scenario che avevo davanti agli occhi, di una bellezza sconvolgente.