Giza è uno dei luoghi turistici più frequentati al mondo. Ed è innegabile che sia anche l’area archeologica più presidiata da forze dell’ordine, guardiani, polizia in borghese e addetti alla sicurezza di ogni ordine e grado. In teoria, quindi, dovrebbe essere un luogo sicuro e protetto. Non solo da eventuali attacchi terroristici, come è ovvio, ma anche dall’assalto – altrettanto pericoloso – della variegata masnada di individui il cui unico scopo è quello di estorcere più denaro possibile ai turisti in transito.
In realtà sarebbe formalmente proibito accedere all’area (peraltro recintata e ben presidiata a tutte le entrate) senza un pass ufficiale o un biglietto d’ingresso regolarmente acquistato. Una volta dentro gli unici individui ammessi – oltre i turisti – dovrebbero essere le guide ufficiali, gli accompagnatori dei tour, gli addetti alle pulizie e poco altro. Invece c’è davvero il finimondo! Non appena si varca l’ingresso, inizia l’assalto all’arma bianca da parte di venditori di ogni genere di bene o servizio appena lontanamente immaginabile. E non c’è nessuno – dico nessuno – che alzi un dito per interrompere tale scempio. I guardiani restano al riparo del sole e non si smuovono neppure se crollassero le piramidi. Le forze di polizia ufficiali, che sfoggiano giubbotti anti-proiettile e armi da fare paura, non possono ovviamente dedicare la loro attenzione a fenomeni tutto sommato insignificanti.
Di conseguenza, il compito di arginare l’assalto è demandato agli accompagnatori, che lo svolgono di malavoglia, mostrando quasi un soprendente rispetto per una attività che da quelle parti è considerata altrettanto legittima di ogni altra. Pertanto, i turisti devono quasi sempre vedersela da soli, e spesso finisce a litigio. Non è raro vedere qualcuno che si svincola violentemente dalle opprimenti attenzioni di un nugolo di venditori che lo ha appena accerchiato. Quel che segue, in genere, è la fuga disordinata del malcapitato che tenta di liberarsi di alcuni di loro ma finisce, inevitabilmente, per cadere nella tela di altri famelici venditori, disposti poco più in là.
Il servizio più offerto, a dire il vero, è anche quello più utile. I venditori di bottigliette d’acqua, a volte deliziosamente fresche, sono ovunque e sembrano capire perfettamente quando è il momento di intervenire. Capita infatti che il calore intollerabile della piana, specie nelle ore centrali della giornata, costringa i turisti e trovare rifugio dietro qualche rara pietra o all’ombra di un monumento. Ed è lì che sbuca fuori, miracolosamente, un ragazzo con un frigo portatile e acqua a volontà. In quelle condizioni, solo guardare una bottiglia piena del prezioso liquido inibisce qualsiasi volontà di opporsi…
Un altro servizio, questa volta molto meno utile, è quello di offrire una foto ricordo con il monumento di turno in background. Questo tipo di agguato riguarda solo i proprietari di macchine fotografiche. I possessori di smartphone, infatti, essendo in grado di fare da soli i propri selfie, sono miracolosamente esentati.
La trappola scatta nei pressi di quasi tutti i luoghi più frequentati di turisti di Giza, come le tre principali piramidi, l’edificio che ospita la Barca del Sole, o perfino le mastabe più insignificanti e sperdute dell’area. Per non parlare delle innumerevoli varianti derivanti dal noleggio di un quadrupede (cavallo o cammello non importa): sopra, sotto, accanto, di fianco… Il pretesto è sempre valido: nessuno è in grado di scattare un selfie con la propria macchina fotografica stando contemporaneamente da una parte e dall’altra dell’obiettivo. Ecco allora che si presenta un solerte individuo che si presta generosamente allo scopo. Con ampi gesti e sorrisi rassicuranti ti fa capire che è disposto a scattarti quella tanto desiderata foto che include anche te, una volta tanto, tra i soggetti dei tuoi ricordi fotografici.
Queste persone sono particolarmente attive nei pressi della Grande Sfinge. Il servizio offerto è quello che si vede in foto: un ritratto con la Sfinge alla quale, per effetto della posizione e della prospettiva, sembra quasi che si regga il mento. Pochi riescono a farne a meno, e per molte ragioni concomitanti. In primo luogo, il percorso che conduce alla zona dalla quale la Sfinge si può ammirare (e fotografare) è molto stretto. Fin dai primi passi si viene bombardati da richieste sempre più pressanti e assillanti, che crescono di numero e intensità man mano che ci si avvicina al monumento. Una volta giunti davanti alla magnifica visione, l’oppressione diventa quasi intollerabile. Ed è difficile continuare a schernirsi, opporsi, svicolare… L’unico desiderio che ti rimane è quello di mettere fine a quell’assedio, cedendo alle offerte e scegliendo l’individuo più simpatico o meno prepotente di altri.
La persona che mi ha fatto quello scatto era una ragazza. Molto convincente, devo confessare, e piuttosto intraprendente, visto che non avevo neppure finito di dire di sì e mi aveva già tolto dalle mani la mia prezionsa Nikon. La foto che ha scattato, come si vede, non è tecnicamente perfetta. I due soggetti non sono contemporaneamente a fuoco, cosa facilmente regolabile se lei avesse avuto un minimo di conoscenza di come funzionava la mia macchina fotografica. Ma tant’è… il mio unico desiderio era quello di porre fine a quella ridicola pantomima e tornare in possesso del mio bene più prezioso.
Oggi, dopo tanti anni, devo confessare che quello scatto non mi dispiace affatto. E’ uno dei pochi in cui appare la mia immagine, quindi rappresenta una testimonianza a tutti gli effetti della mia vita di viaggiatore. Non mi pento, quindi, di aver ceduto alle avances interessate di quella ragazza di Giza.