Chiang Mai attira migliaia di turisti da tutto il mondo perché è la base di partenza dei trekking per la foresta e le aree naturali circostanti. Ma da qualche anno è divenuta anche un vivace centro di attrazione per il suo affollato, colorato e multiforme mercato notturno, chiamato dai locali – con un pizzico di enfasi esotica – “night bazaar“. Un’area che comprende quasi tutta la parte vecchia della città, quella più animata, e molti luoghi più tranquilli, nascosti, suggestivi, meno frequentati ma altrettanto interessanti. Per i turisti il mercato notturno di Chiang Mai è la versione moderna, aggiornata e potenziata della “città del balocchi” di Pinocchio e Lucignolo. E in questo articolo cercherò di spiegare perché.
L’esistenza di un mercato notturno implica che ne esista anche uno diurno. Ed è così, naturalmente, non potrebbe essere altrimenti. Ma questa tipologia di mercato è poco appariscente, più tradizionale, molto simile a quanto si può trovare in altre città thailandesi, Bangkok in primis. Non è un luogo particolarmente originale, diciamo così, e non lascia nei turisti un ricordo indelebile. Tutto cambia appena il sole inizia a scendere dietro le chiome degli alberi.
Ciò che avviene non è un vero e proprio avvicendarsi tra esercenti diurni e notturni. Nessuno raccoglie le proprie cose e lascia il posto ai nuovi venuti. Ciò a cui si assiste è a una rapida quanto graduale trasformazione delle attività presenti. La bancarella che cucinava spiedini resta esattamente dov’è; ciò che cambia è che adesso, con le luci delle lampade appese ai tendoni e quelle che provengono dai locali adiacenti, sembra tutto diverso. Più colorato, festaiolo, rilassato e allo stesso tempo meno convenzionale. In una parola: più a misura di turista. Alle attività commerciali diurne, inoltre, si affiancano i piccoli imprenditori specializzati nell’offerta di cibo da strada. Essi riescono a riempire ogni minimo spazio disponibile in grado di ospitare una bancarella o un banchetto di vendita. Sono loro, in definitiva, le vere star del night bazaar di Chiang Mai.
Una volta tramontato il sole, il mercato si anima in modo improvviso. Migliaia di persone si riversano al suo interno per dedicarsi alle principali attività che assorbono l’attenzione di tutti. Che sono, in rigida sequenza temporale: trovare un posto dove mangiare; passeggiare lungo gli stretti corridoi creati dalle bancarelle alla ricerca dell’oggetto introvabile (meglio se falso) o del souvenir più a buon mercato; andare a bere qualcosa di alcolico assistendo ad uno spettacolo dal vivo.
Mangiare al Night Bazaar di Chiang Mai
E’ innegabile che la prima attività da svolgere è anche la più istintiva: mangiare. E d’altronde come potrebbe essere altrimenti? Fin dalle prime ore della sera, l’atmosfera si riempe di odori, profumi, effluvi che ti fanno letteralmente girare la testa. I fumi emessi dai vari fornelli, griglie, padelle, pentoloni iniziano a volteggiare in aria e la impregnano in modo permanente. Non riesci a fare un passo senza essere avvolto da un turbinio di aromi, tutti inequivocabilmente mangerecci, uno più ammaliante dell’altro. Non c’è un luogo, per quanto dimesso o marginale, che non solleciti in modo seducente il tuo senso dell’olfatto. Pertanto, inizi ad avere l’acqualina in bocca fin dal momento che lasci l’albergo, prima ancora di programmare la serata come si deve.
Le opportunità di mangiare qualcosa al volo, come è facile intuire, sono innumerevoli. Lo street food di Chiang Mai è qualcosa di unico e speciale perfino all’interno del già ricco e variegato panorama thailandese. Non ho mai visto in vita mia una così esagerata offerta di cibo come in questa sperduta cittadina del nord della Thailandia. Ci sono bancarelle letteralmente ricoperte di padelle, ciascuna piena fino all’orlo di una singola specialità, peraltro spesso di difficile individuazione: carne, pesce, molluschi, insetti, verdura… impossibile non restare impressionati. La foto sopra, d’altronde, testimonia fedelmente in quanti modi, anche molto fantasiosi e improbabili, è possibile trattare l’argomento “spiedino”. Inutile sottolineare che la bancarella in questione mostra solo spiedini di carne.
I turisti sono i primi fruitori di questo ben di dio. Un paio di spiedini di maiale, opportunamente marinati in salsa piccante e cotti fino a bruciacchiarsi su una griglia usurata fino all’esaurimento, sono solo un gradevole spuntino. Ma accompagnati da una birra Chang fresca o da un succo di frutta al mango, sono l’aperitivo migliore che ci sia per inaugurare una serata che si preannuncia memorabile.
Se la tentazione di assaggiare un po’ tutto viene adeguatamente repressa (e assicuro che non è facile), allora è possibile anche conservare un po’ di appetito per la cena vera e propria. Che a Chiang Mai, come in altre parti della Thailandia, praticamente non ha un orario prefissato. La gente qui mangia quando vuole e i gestori dei locali si adeguano volentieri. Di conseguenza, i ristoranti sono aperti anche tutta la notte e sfornano cibo a ciclo continuo.
Alla ricerca del falso perfetto
Placata la fame, almeno momentaneamente, la maggior parte dei turisti si dedica alla seconda occupazione più seguita e forse la più impegnativa in assoluto: vagare senza meta tra le bancarelle. Il che richiede non solo assiduità e concentrazione, ma anche un notevole dose di pazienza. Senza dimenticare una buona forma fisica, dato che le bancarelle, a Chiang Mai, sembrano non finire mai!
La mercanzia è proprio quella di un bazaar. Si vende di tutto, dai capi di vestiario agli orologi, dagli accessori per cellulari alle scarpe sportive, dalle borsette all’artigianato locale. Ma ciò che distingue questo mercato e lo rende così appetibile agli occhi dei turisti, è l’enorme offerta di prodotti contraffatti. Ed è qui che si concentra l’attenzione dei più, attratti dalla prospettiva dell’acquisto perfetto, quello di cui vantarsi al ritorno con gli amici, da sfoggiare orgogliosamente in ogni occasione pubblica e privata. Ogni sera, frotte di turisti accaldati e surriscaldati si insinuano tra gli stretti corridoi lasciati dalle bancarelle, urtandosi, creando ingorghi, mettendosi in fila, rovistando nervosamente, contrattando ferocemente… Il tutto per trovare il falso perfetto che darà un senso pieno alla propria vacanza.
Probabilmente oggi non è più così, ma quando ci andai io, nel lontanissimo 2005, Chiang Mai era la Mecca dell’orologio falso. Era possibile trovare perfino il modello unico, rarissimo, prodotto in poche decine di esemplari in qualche sconosciuto opificio svizzero degli anni Cinquanta. Rolex, Omega, Cartier erano le marche ovviamente più ricercate. I venditori, oltre che ai modelli esposti, invitavano a consultare i loro corposi cataloghi, composti da numerose pagine plastificate, dove venivano mostrate, opportunamente classificate, tutte le varianti possibili di ogni orologioesistente al mondo. Bastava indicare il modello preferito e il venditore incaricava un ragazzo di andare a prenderlo chissà dove. Operazione che, di norma, non occupava più di 10-15 minuti. Il modello arrivava quindi ancora confezionato nel suo cellophane, bello e lucente come se fosse nuovo (e vero).
Il discorso fatto per gli orologi si può estendere anche ad altri oggetti di lusso che a Chiang Mai venivano trattati alla stregua di mercanzia da mercato rionale. Parlo delle borse di marca, alcune esposte in bella forma su palchetti ordinati, altre gettate alla rinfusa in ampi contenitori di bambù dove sciami di donne invasate andavano a rovistare. I prezzi, ovviamente, allora erano davvero scandalosamente bassi, e prevedevano ancora un margine di trattativa.
Danze improvvisate e finti combattimenti
Dopo aver mangiato a sazietà e camminato per ore e ore tra bancarelle e negozietti alla ricerca del trofeo della vacanza, non resta altro che andare a rilassarsi in qualche locale e godersi uno spettacolo dal vivo sorseggiando un cocktail (o anche più di uno). I locali predisposti a questa attività sono moltissimi e per tutte le tasche. Alcuni all’aperto, altri al chiuso, con temperature che rasentano quelle delle tundre siberiane. Lo spettacolo più diffuso e con meno pretese è la danza tradizionale thailandese. Ballata da due o più ragazze, in genere occupa lo spazio strettamente sufficiente per ospitare un palco improvvisato. L’importante, comuque, è che non ostacoli il normale svolgimento delle attività del locale.
Le danzatrici sono di solito abbastanza impacciate, direi quasi improvvisate. Ho assistito spesso allo spettacolo delle danze thailandesi e mi sono abituato, con l’esperienza, a distinguere le professioniste da tutte le altre. La regola prevede che due ragazze sommariamente abbigliate si esibiscano in qualche goffa evoluzione in un cantuccio del locale. Di solito non sprecano tempo ed energie per raccogliere l’approvazione di un pubblico sempre piuttosto distratto. La generale attenzione, di solito, è fissata su ben altre faccende (cibo, alcol, partite di calcio in tv) e non è quindi una novità se tutto il resto passa praticamente inosservato.
Ben più attraenti, almeno ad un primo approccio, appaiono gli spettacoli di muay thai, la box thailandese. Si svolgono naturalmente in scenari più ampi, piazze, vasti saloni, veri e propri stadi. A parte i combattimenti ufficiali, che vengono svolti in luoghi appositi e per cui è necessaria la prenotazione, tutti gli altri eventi legati al muay thai sono poco più di una esibizione per turisti, scontri per di più simulati ad uso e consumo di macchine fotografiche e selfie.
L’incontro a cui ho assistito io si svolgeva in una piccola piazzetta al centro della quale era stato allestito il ring. Di fianco era stata montata una parete da free climbing, molto apprezzata dai ragazzini e dai turisti australiani. Intorno al ring i proprietari di un minuscolo bar avevano disposto decine di tavolini. La promozione di quella sera proponeva due cocktail al prezzo di uno e un vero combattimento di box thailandese dal vivo. Io e mia moglie, ormai esausti dopo ore di improduttivo vagabondaggio, abbiamo trovato la proposta allettante e ci siamo accomodati a neppure 2 metri dal luogo dell’incontro.
Il Muay Thai è un’antichissima arte marziale thailandese che prevede, come ogni forma di combattimento orientale, un rituale iniziale piuttosto complesso – e allo stesso tempo incomprensibile. I due atleti, dopo essere entrati nel ring, abbigliati con un curioso copricapo multicolore a forma di serpente, iniziano a passeggiare in circolo roteando i guantoni ed esibendosi in curiose genuflessioni e stiramenti. Questa pantomima dura abbastanza a lungo, accompagnata dal suono ossessivo e ipnotico di una musica piuttosto arcaica e ripetitiva.
Quando finalmente si dà il via all’incontro, ecco che immediatamente ci si accorge che di box vera se ne vedrà ben poca. I due contendenti, infatti, iniziano a prendersi a cazzotti e calci in modo assolutamente inoffensivo, facendo di tutto per evitare di farsi male davvero. Ci sono momenti – devo dire piuttosto esilaranti – in cui i due boxer si alternano nel colpirsi a vicenda, un colpo io un colpo tu, in sequenze ripetute in cui, alternativamente, uno dei due sembra avere la prevalenza sull’altro. Più che un combattimento sembra di assistere ad una danza. O alla versione orientale di un incontro di wrestling.
Alla fine, per forza di cose, dev’esserci un vincitore. Ed ecco che, a questo punto, inatteso come un fulmine a ciel sereno, arriva un cazzotto o un calcio da KO che manda uno dei due contendenti al tappeto. L’esibizione non prevede neppure l’eventualità di un conteggio: il match finisce così, tra l’indifferenza generale, con i due che si abbracciano e fanno un giro d’onore affiancati. Il ring viene pertanto lasciato, ripulito, purificato e inizia un nuovo combattimento.