C’è qualcosa del Cairo che i turisti considerano poco interessante, o comunque fuori dalla portata della loro comprensione. Alludo al Cairo islamico, ovvero l’elemento più autenticamente e genuinamente egiziano – a mio parere – di questo paese. La visita del Cairo, pertanto, si riduce alla piana di Giza (Piramidi), il museo egizio e, se si ha tempo e spirito d’avventura, il mercato di Khan al-Khalili. Non c’è tempo per la città vera e propria, con i suoi vicoli, i palazzi fatiscenti, le piazze gremite di gente, le moschee. Queste ultime, sopratutto, sono la vera anima della città, la sua essenza più intima. E la moschea di al-Azhar può essere considerata il “Vaticano” dell’Islam moderato.
Un po’ di storia
Il Cairo non esisterebbe neppure se non fosse per l’Islam. Ai tempi dei romani era una semplice roccaforte (Babilonia sul Nilo) collocata strategicamente tra le Piramidi e il deserto. Dopo l’invasione araba, la città si sviluppò rapidamente perché il sultano la preferì ad Alessandria come capitale del nuovissimo stato islamico. L’antica metropoli mediterranea, infatti, era ritenuta ancora troppo ellenistica e cristiana per i suoi gusti. Per questo il Cairo è così esageratamene “araba” rispetto per esempio ad altre grandi metropoli del nord Africa come Casablanca, Tunisi e Tripoli.
Nel corso del tempo la città crebbe in dimensioni e in ricchezza, iniziando a rivaleggiare con gli altri centri dell’islam (Damasco, Bagdad, Medina) in quanto a bellezze architettoniche, commerci, cultura. Grazie alle sue sconfinate riserve alimentari, sostenute dalla generosità del Nilo, divenne in breve la prima potenza del Mediterraneo. Allo stesso tempo, anche gli studi religiosi fiorirono e si svilupparono in maniera autonoma rispetto al resto dell’Islam. Per un lungo periodo il Cairo divenne persino sede del Califfato, ovvero la massima autorità in materia di Islam. Non è quindi una sorpresa che la città sia così ricca di moschee e madrasse.
Una visita alla moschea di al-Azhar
A dir il vero, né io né mia moglie avevamo intenzione di affrontare una complicata e culturalmente impegnativa visita alla moschea di al-Azhar. La nostra intenzione, ben più modesta, era quella di recarci al mercato di Khan al-Khalili, passeggiare per le sue stradine affollate e poi, con calma, dirigerci verso la grande moschea per ammirarla da fuori, a distanza di sicurezza. Non essendo per niente certi che le visite fossero permesse – sopratutto agli “infedeli” – avevamo serenamente rinunciato all’idea di farci avanti e provare ad entrare. Del resto, eravamo condizionati dai racconti in cui si affermava che in certi luoghi di culto islamici non fosse gradita la presenza di occidentali. Si parlava addirittura di fastidio e di manifestazioni di aperta intolleranza, specie dopo gli eventi che avevano condotto alla rivoluzione contro il regime di Mubarak.
Come al solito, si trattava di falsità ed esagerazioni. In nessun luogo sacro islamico ho mai riscontrato diffidenza o ostilità nei miei confronti. Meno che mai, poi, al Cairo. La grande moschea di al-Azhar è liberamente visitabile da chiunque, a patto di non interferire con le pratiche di culto dei fedeli. Esattamente come avviene in qualsiasi altra moschea di Istanbul o di Marrakech. L’unica avvertenza è quella di rispettare il silenzio (come si farebbe in una chiesa), vestirsi in modo acconcio (come si farebbe in una chiesa), evitare di parlare a voce alta (come si farebbe in una chiesa). Le donne, inoltre, devono coprirsi il capo con un drappo o un fazzoletto. Tutto qui.
Noi siamo stati adescati da uno dei guardiani posti all’ingresso. Ci ha chiesto in inglese se volevamo essere accompagnati, per visitare i luoghi più interessanti dell’edificio sfruttando la sua familiarità del luogo. Un po’ esitanti abbiamo accettato. D’altronde non sapevamo neppure dove iniziare la visita. Una guida ci avrebbe aiutato e sopratutto evitato brutte figure.
L’università islamica
Al-Azhar non è solo la più importante moschea dell’Egitto E’ anche una prestigiosa università islamica, e dato che è stata fondata nel X secolo, si tratta probabilmente di una delle più antiche al mondo. Insieme alle corrispondenti (ma non altrettanto antiche) università di Fez (Marocco) e Tunisi, rappresenta il vertice del pensiero teologico sunnita islamico. Il che è quantomeno curioso, considerando che fu fondata da una dinastia di conquistatori sciti…
In quanto Università, è quindi frequentata da studenti provenienti da tutti gli angoli del mondo islamico. L’immagine sopra l’ho scattata all’interno di uno degli ambienti più vasti dell’edificio. Ci sono egiziani, naturalmene, ma anche altri nord africani, arabi, indonesiani, malesi e moltissimi africani. L’ambiente è sobrio e fresco. Le colonne sono tutte variamente antiche, proveniendo da templi e chiese preesistenti alla costruzione dell’edificio. Gli studenti di teologia si accovacciano sui tappeti e iniziano chi a leggere in silenzio, chi ha borbottare, i versetti del Corano. L’atmosfera è rilassata, pacata; non c’è un rumore fuori contesto nè un trillo di cellulare. Per non dare fastidio ho cercato di limitare il raggio di azione dei miei movimenti, ma mi sono ben presto reso conto che nessuno faceva caso a me, o quasi.
Il panorama dalla sommità della Moschea
La prima parte della visita, condotta in maniera piuttosto frettolosa, ci ha consentito di conoscere quasi tutti gli ambienti che costituiscono la struttura interna della moschea. Sale, biblioteche, un mausoleo dedicato a un sufi del passato, la tomba di un grande condottiero in granito nero. Tutto molto interessante, ma niente in confronto a quanto ci attendeva una volta usciti. La seconda parte, ben più esaltante, era infatti l’ascesa ai piani superiori, o meglio, alle terrazze che sorgono tra una cupola e l’altra. Per arrivarci abbiamo attraversato l’enorme cortile interno della moschea, il luogo di preghiera per eccellenza nella tradizione islamica.
Raggiunta una porticina, ci siamo inerpicati per una scala di pietra stretta e angusta e, dopo qualche minuto, abbiamo raggiunto la prima terrazza. Lo spettacolo che si è parato davanti a noi era favoloso. Da una parte vedevamo il grande cortile delle preghiere; da lassù era più agevole apprezzare la struttura regolare, elegante ma sobria, dell’intera costruzione. Dall’altra, si ergeva la città vecchia, quella più popolosa e popolare, caratterizzata da case in perenne costruzione, catapecchie, palazzoni anonimi e senza intonaco, superbe moschee contornate da minareti. Una vista che raramente è possibile ammirare da qualsiasi altro edificio della città.
Spostandosi verso una terrazza più elevata, infine, ecco la magnifica veduta che si è parata davanti ai nostri occhi. Proprio davanti a noi si elevava, in tutta la sua maestosa bellezza, il minareto più famoso della moschea. Un capolavoro dell’arte ottomana eretto proprio sulla piazza principale, dove inizia il famoso mercato di Khan al-Khalili. Un magnifico esempio di commistione tra il sacro e il profano, la spiritualità della religione e la praticità degli affari.
Saremmo rimasti molto più tempo ad ammirare il panorama e scattare foto se non fosse stato per il sole. Era appena passato mezzogiorno e ci siamo resi conto che stavamo letteralmente andando a fuoco! Mi ricordo che avevo le labbra screpolate e un insopprimibile bisogno di bere. Le due bottigliette d’acqua che ci aveva offerto il guardiano- compreso nel biglietto – erano già state scolate abbondantemente. Lasciata la moschea, pertanto, ci siamo precipitati proprio nella piazza antistante, laggiù, dove si intravedono alcui alberi e qualche ombrellone azzurro. Una abbondante spremuta di arancia ci ha risollevato fisico e morale.