Esiste un piatto cinese più celebre degli involtini primavera e dei wanton al vapore? Esiste eccome. Può sembrare un’eresia, lo ammetto, ma a mio parere è l’anatra alla pechinese. E’ una specialità che per molti versi travalica i confini della gastronomia e si perde nel limbo della leggenda… La ragione è semplice: si tratta di un piatto molto difficile da trovare nei ristoranti cinesi in occidente (e in Italia in particolare). E semmai fosse in menu, bisognerebbe comunque ordinarlo con qualche giorno di anticipo.
In Cina, ovviamente, è un piatto comunissimo. L’anatra alla pechinese, come si intuisce dal nome, è una delle ricette tipiche della capitale ma si può trovare ovunque esistano allevamenti di anatre, e cioè praticamente dappertutto. A Pechino è offerta un po’ da tutti gli esercenti della ristorazione: dai grandi ristoranti di lusso ai chioschetti agli angoli delle strade. D’altronde, che sia un piatto molto comune è piuttosto evidente. Basta farsi un giro nei quartieri più popolari della città, magari tra i vicoli degli ultimi hutong, e dare una sbirciatina ai localini senza pretese che sorgono come funghi al loro interno. Le batterie di anatre laccate che penzolano dagli appositi sostegni sono ovunque, e il loro numero da’ un’idea di quanto siano apprezzate.
Ma come si mangia l’anatra alla pechinese? E come si serve? A differenza di quanto siamo abituati noi occidentali, che tendiamo ad eliminare la pelle del pollame, in Cina è proprio la pelle dell’anatra il pezzo forte della ricetta. La marinatura e la successiva cottura in forno chiuso, infatti, le donano una croccantezza favolosa, quasi da patatina. Il sapore, poi, è davvero unico e originale, con quella nota dolce che personalmente trovo fantastica. La caratteristica tipica di questo piatto, infatti, è un mix di dolce e salato che lo rende, a seconda dei palati, irresistibile o disgustoso… Peraltro, si tratta di un sapore piuttosto comune nel nord della Cina, dove lo zucchero e il miele vengono utilizzati in cucina in modo forse eccessivo.
L’anatra alla pechinese, di regola, viene portata intera a tavola. E’ un abilissimo addetto che si occupa di tagliarla. La pelle è la prima ad essere distribuita. Ridotta in fettine finissime, è servita su contenitori che contengono una spolverata di zucchero. Ebbene sì, a quanto pare la dolcezza di base non è sufficiente: occorre intingere la pelle nello zucchero e poi, se piace, passarla anche in una salsa aromatizzarla all’aglio. Secondo i buongustai cinesi è questo il modo migliore di gustarla.
L’addetto poi procede a tagliare la carne in listarelle lunghe e strette, che vengono depositate con estrema delicatezza sui piatti dei commensali. Ma attenzione: afferrarle con le bacchette e ficcarsele il bocca è assolutamente proibito! I clienti cinesi che vi siedono attorno probabilmente inorridirebbero. Mangiare l’anatra laccata alla pechinese è un’arte e un rito religioso al tempo stesso. Occorre quindi rispettare alcune semplici regole per rendere il tutto un’esperienza indimenticabile. Ed ecco come.
Nei ristoranti tradizionali o quelli di buon livello, la pietanza viene accompagnata da un set di alimenti che hanno lo scopo di esaltarne il gusto e accrescere l’esperienza sensoriale. La carne in sé, in effetti, non è proprio il massimo del sapore. Ma se consumata insieme a vegetali vari (in genere bastoncini di cetriolo, ravanelli, germogli di soia, cipollotti) e intrisa in una salsa saporita, come quella di soia o – ancor meglio – l’hoisin, allora acquista un sapore tutto da scoprire. Il modo forse più comune (e divertente) di approcciare l’alimento è quello di avvolgerlo in una specie di piadina semi trasparente, molto leggera, e mangiarlo con le mani. Ebbene sì, con questi involtini le bacchette, una volta tanto, sono bandite.
Ciò che si mangia dell’anatra alla pechinese è appena il 20% dell’animale. E il resto? Che fine fa? Sembra che anche in Cina la tendenza sia quella di non buttare nulla. La carcassa rimanete, ossa comprese, è destinata ad una ulteriore cottura in acqua bollente per ricavarne un brodo da zuppa particolarmente apprezzato. La carne, oramai stracotta, può essere fritta, condita con salse varie o perfino saltata nel wok insieme a pepe del Sichuan e verdure. Un utilizzo che dà origine a piatti davvero gustosi, come ho avuto modo di appurare io stesso in altre parti della Cina.
Il ristorante stesso, a fine pasto, chiede al cliente se vuole portarsi via ciò che non ha consumato. E’ una abitudine diffusa e a mio modo di vedere assolutamente sana. Non importa se hai appena mangiato in un ristorante da 2 o 5 stelle: l’anatra l’hai pagata e sarebbe un peccato lasciarla o – peggio – buttarla via. E nessuno si fa pregare, naturalmente.