Uno degli elementi che rendono critica l’ascesa alla Rocca di Sigiriya è l’ingombrante e inevitabile presenza di numerosi macachi dal berretto. Queste simpatiche scimmiette si sono appropriate della parte finale del percorso, quella che corrisponde all’ultimo pericoloso atto dell’arrampicata verso la sommità. E’ il loro regno e non c’è niente da fare: per raggiungere la vetta bisogna attraversarlo.
Si tratta di uno dei momenti più emozionanti (o terrorizzanti, a secondo dei punti di vista) dell’intera escursione. Dopo pochi gradini di pietra ormai in rovina, l’ultimo tratto prevede il transito su strette passarelle di metallo sospese sulla roccia. Un tragitto che può contribuire a rovinare la giornata perchè in alcuni punti – peraltro estremamente panoramici – la passarella si stacca dalla roccia e si libra spaventosamente sul vuoto sottostante.
Ed è proprio quassù, nel luogo più pericoloso, traballante, impressionante dell’ascesa, che le scimmie si accalcano numerose. Sembrano quasi preferire le zone dove i turisti sono costretti a procedere in fila indiana dato che lo spazio è limitato. Impassibili, incuranti del traffico di umani che le circondano, le scimmie scelgono i punti più strategici per osservare il via vai e godersi lo spettacolo.
La fotografia di questo articolo immortala il momento immediatamente precedente al balzo di terrore della turista spagnola. La donna stava prendendo fiato e ne approfittava per guardarsi attorno. Non si era affatto accorta che accanto, a non più di un metro di distanza, si era appollaiato un macaco, intento anch’esso a guardarsi in giro con apparente noncuranza. In realtà, tale atteggiamento nascondeva uno scopo ben preciso: tendere un agguato a qualsiasi elemento commestibile in possesso degli umani. Una attività che le scimmiette riescono a svolgere egregiamente, e senza conflitti tra di loro, semplicemente suddividendosi i luoghi più propizi per la caccia. Il fatto poi di potersi muovere agilmente sulle pareti quasi a picco della rocca rende questi ladruncoli ancora più subdoli ed efficaci.
Non sono rari, quindi, le tensioni tra primati e umani sulle passarelle di Sigiriya. E d’altronde c’è poco da fare: la via è unica, stretta, ripida, infida. Si scende e si sale su due linee adiacenti, entrambe limitate al transito di una persona per volta. Evitare le attenzioni di un gruppo di scimmie affamate è pertanto complicato, direi quasi impossibile, visto che non ci sono altre vie di fuga.
Di conseguenza, succede che ogni tanto si assiste ad un improvviso blocco della fila in qualche punto della passerella. E’ sufficiente la presenza di un macaco, anche di un cucciolo, per produrre una improvvisa frenata generale del flusso di visitatori. E se questo macaco si piazza proprio dove l’ho ripreso io, cioè presso una svolta della scaletta, allora sono dolori! Finché la scimmia non si sposta è praticamente impossibile passare. A nulla servono smorfie, gesti, urla sguaiate… se la scimmia ha deciso di restare, non c’è nulla da fare, resta al suo posto. L’unico sistema per farla sloggiare è distrarla. Come? Con il cibo, naturalmente. Ho visto un signore cingalese gettare un po’ di snacks sulle pareti adiacenti e attirare lì una torma di scimmiette assatanate. E’ bastato questo gesto per sgombrare il percorso. Almeno per qualche minuto…
La scenetta che ho immortalato con la mia Nikon ha avuto un seguito prevedibilissimo. La donna si è accorta della presenza del primate ed è esplosa in un urlo terrificante. Talmente forte che la scimmia stessa si è spaventata a morte ed è fuggita via. Un modo efficace di mandarla via, quindi, se non fosse che la fila si è fermata lo stesso per prestare soccorso alla turista che, nel frattempo, si era abbattuta sugli scalini. Diventando lei, questa volta, l’insormontabile ostacolo all’ascesa dell’ultimo tratto della Rocca di Sigiriya.