Turisticamente parlando, esistono pochi posti al mondo che possono essere considerati, a tutti gli effetti, “galline dalle uova d’oro”. Luoghi cioè capaci di produrre reddito a palate, a ciclo continuo, senza richiedere quasi il benché minimo sforzo da parte dell’uomo, sia in termini di risorse fisiche che economiche. Una di queste è senz’altro la Baia di Ha Long. E l’attività produttiva più diffusa è quella delle crociere.
Le crociere per la celeberrima baia omonima sono il fulcro di qualsiasi attività economica da qui ad Hanoi e forse anche oltre. Si tratta di una forma di sfruttamente delle risorse naturali spinta quasi all’estremo, ma capace ancora oggi di produrre quella ricchezza che sostiene gran parte dell’economia del paese. Ogni cosa qui viene pensata, realizzata, costruita, montata, sviluppata in funzione della Baia. Ciò non solo ha trasformato l’industria turistica locale, gonfiandola in modo esagerato di iniziative di ogni tipo e per ogni tasca, ma ha modificato i connotati della stessa cittadina che dà il nome alla famosa baia.
Ha Long, infatti, fino a pochi anni fa era una anonima località di pescatori provvista di un porticciolo naturale appena sufficiente a dare riparo a qualche barca. La scoperta (o riscoperta) delle bellezze naturali della baia ha causato una forte domanda di servizi e strutture in loco. Tutti volevano vedere la baia, ad ogni costo. Di conseguenza, le poche barche idonee a portare in giro i turisti di giornata non bastavano più. Adesso occorreva attrezzarsi in modo più efficiente per venire incontro alla grande richiesta di soggiorni che proveniva da ogni parte del mondo.
Nel giro di pochi anni l’offerta di escursioni è andata rapidamente crescendo e diversificandosi. Dalle barchette con bilanciere in grado di fare solo pochi chilometri al giorno si è passati alle imbarcazioni a più posti. Da queste inevitabilmente alle ben più remunerative navi da crociera, provviste di camere arredate, ristoranti e ogni altro ben di dio. Dalla semplice escursione in giornata, andata e ritorno, si è giunti a offrire crociere che durano 2, 3 anche 5 giorni all’interno della baia. Insomma, in brevissimo tempo la crociera è divenuta praticamente la “gallina dalla uova d’oro” di questa parte del Vietnam. L’altra occupazione tradizionale, la coltivazione delle perle, è diventata una semplice attività accessoria alla prima: si può dire che riesce a sopravvivere, in qualche modo, solo grazie all’afflusso di turisti interessati quasi esclusivamente alle crociere.
Il boom turistico che si è verificato dopo le liberalizzazioni degli anni 90, ha sconvolto inoltre anche l’aspetto urbanistico di Ha Long. Oggi è una mostruosa località di villeggiatura che si è espansa a dismisura tutto intorno al porto e continua ad erodere territori a vantaggio di sempre più estesi e tentacolari complessi residenziali e alberghi. Ciò che si vede, arrivando con il bus da Hanoi, è una sequenza quasi ininterrotta di hotel, pensioncine, agenzie turistiche, negozi di souvenirs, parchi a tema, ristoranti, supermarket, centri di prenotazione, bar e caffetterie… Praticamente non si scorge più una abitazione locale, privata, adibita cioè al semplice ricovero notturno di un residente – semmai ce ne fosse ancora uno.
Tale corsa all’edificazione selvaggia ha prodotto un effetto a dir poco sconcertante. Molti edifici, specie nelle zone più periferiche, hanno tutta l’apparenza di non essere ultimati. Alcuni appaiono fatiscenti, privi di pareti o balconi, con i piloni scoperti e le scale senza corrimano. E nessun segno di cantiere in attività. All’interno, tuttavia, ho notato molti segnali che qualcuno, in un modo o nell’altro, ci vivesse. Lenzuoli appesi ad asciugare, numerose suppellettili, perfino il fumo di qualche focolare.
Come si spiega tale fenomeno? Cosa ha determinato questo selvaggio e sconclusionato boom edilizio? A mio parere sono stati eretti centinaia di edifici, di ogni dimensione e tipologia, per assecondare la grande richiesta di alloggi turistici. La cittadina, in qualche modo, ha scommesso tutto sulla sua posizione privilegiata: si è proposta cioè come alternativa alle sistemazioni classiche, collocate ad Hanoi, ma distanti decine di chilomentri dalla baia. In pratica, l’idea era di attirare i turisti direttamente sulla costa, a ridosso dei moli da cui partono le crociere, e quindi offrir loro un luogo più agevole ed accessibile rispetto alla capitale.
Tuttavia, la corsa a costruire alberghi e resort in batteria dev’essersi arrestata improvvisamente qualche anno fa. Solo così si spiegano gli edifici desolatamente vuoti o perfino appena abbozzati che ho visto in città. Ce ne sono talmente tanti da fare impressione! In alcuni punti Ha Long sembra una città abbandonata! Cos’è avvenuto dunque? Probabilmente, seguendo sempre il filo del mio ragionamento, si è andati oltre la domanda effettiva di alloggi e soggiorni prevista: non sono arrivati tutti i turisti che ci si aspettava. La maggior parte di essi – e noi tra loro – preferiscono ancora fare base ad Hanoi prima di avventurarsi in una crociera.
L’emblema più clamoroso di tale mancanza di lungimiranza è chiaramente visibile qualche chilometro prima del porto. Ci si passa accanto con il pulman proveniente dalla capitale e molti, probabilmente, non ci fanno caso. Si tratta di un parco dei divertimenti a tema che esibisce, al suo interno, proprio dietro i cancelli di ingresso, una gigantesca statua di King Kong. Non sono riuscito a fotografarlo perché l’ho appena intravisto. Ma posso assicurare che non si è trattato di un sogno: era proprio il gorilla più famoso del cinema, realizzato in un accecante ed anonimo grigio chiaro.
Questo parco, dedicato evidentemente al protagonista di Skull Island (il film in parte girato proprio tra Ha Long e Tam Coc), sembrava seguire il destino della città. Appena abbozzato, con molte strutture ancora allo stato di piloni e barre di acciaio, non rivelava la presenza di alcuna attività lavorativa. Non si scorgeva neppure qualche betoniera o camion predisposto al trasporto di rifiuti. Per non parlare della mancanza assoluta di muratori o operai. Era stato abbandonato, forse in attesa di tempi migliori, e i cancelli chiusi con una solida catena. Condannando per l’ennesima volta il povero scimmione ad un destino di cattività perpetua, tanto per cambiare…