L’immigration card è una cartolina consegnata ai passeggeri in aereo poco prima dell’arrivo in un paese straniero. In alternativa, si può trovare negli aeroporti davanti ai varchi della dogana di ingresso. Bisogna compilarlo in ogni suo campo e presentarlo insieme al passaporto. E’ inoltre obbligatorio conservarlo fino all’uscita dal paese, quando verrà mostrato all’ufficiale addetto al controllo passaporti e ritirato. In sostanza, l’immigration card è la versione moderna del “salvacondotto” di antica memoria: senza di esso non si entra, non si transita e non si esce da un paese.
E’ facile quindi capire perché rappresenta un vero e proprio fardello psicologico per chiunque lo possegga. L’idea stessa di perderlo è ritenuta una catastrofe. Presentarsi al controllo passaporti in uscita senza di esso è una eventualità che fa venire la pelle d’oca talmente è carica di (presunte) conseguenze negative. Ma è proprio così? Cosa succede davvero se si perde l’immigration card?
Come si compila l’immigration card
Ma andiamo per ordine e iniziamo con il descrivere come si compila. Perché anche questa (all’apparente) semplice operazione può trasformarsi in un percorso a ostacoli. La cartolina è più o meno la stessa in quasi tutti i paesi del mondo. Consiste in due parti simili da compilare in ogni campo. Una verrà trattenuta al momento dell’entrata nel paese; l’altra viene riconsegnata al visitatore, opportunamente timbrata, e conservata finché non si esce dal paese. I campi riguardano i più comuni dati personali: nome e cognome, numero di passaporto, paese d’origine, data di nascita. E fin qui niente di particolarmente complicato.
I problemi iniziano quando bisogna rispondere ad alcune domande che, a seconda dei casi, risultano equivoche, controverse, o addirittura di natura personale. La prima, definiamola tecnica, è specificare il numero del volo con il quale si arriva nel paese. Niente di grave, per carità: del resto su quel volo ci stai viaggiando, quindi basta dare un’occhiata alla porzione di biglietto che ci è rimasta al momento dell’imbarco – e che io consiglio vivamente di conservare fino all’uscita dal paese, specie in paesi più “severi” come la Cina.
Il campo successivo induce a una riflessione più approfondita: bisogna specificare la propria occupazione. In pratica potremmo scrivere di tutto: saltimbanco, calciatore, astronauta, tanto a nessuno verrà in mente di verificare la veridicità di tali asserzioni. L’unica professione che è bene non riportare – specie in alcuni paesi o destinazioni – è quella del giornalista. Se lo sei scrivi qualsiasi altra cosa, è meglio.
Altro campo controverso: ci viene richiesto quanto guadagnamo ogni anno. I fini sono evidentemente statistici, perché è ovvio che non è possibile verificare alcunché (non ci riesce neppure lo Stato di appartenenza, figuriamoci uno Stato estero). Eppure ho visto molta gente sbiancare in volto e chiedere ansiosamente alle hostess se doveva compilare o meno questo campo. Ripeto: fra tutti i quesiti proposti, questo è il meno attendibile, quindi siamo liberi di poter imbrogliare a nostro piacimento, magari segnalando la fascia di reddito più alta.
Perdere l’immigration card: cosa succede veramente?
Una volta passato il controllo passaporti, consiglio di conservare la frazione di cartolina in nostro possesso con tutta la cura del caso. Alcuni paesi (mi pare l’Egitto) la spillano nella stessa pagina dove è stato apposto il visto, quindi l’eventualità di smarrirla è ridotta a zero. In tutti gli altri casi, sarebbe bene tenerlo dentro il passaporto: potrebbe essere richiesto per esempio al momento di prenotare un posto su un treno (come succede in Cina).
E se si perde? Ho visto parecchie persone disperarsi, dare di matto perfino, perché non riusciva a trovare più l’immigration card! E’ una esagerazione, e lo spiego con la mia recente – seppur indiretta – esperienza personale.
Di ritorno dal nostro ultimo viaggio in Vietnam e Thailandia, proprio a Bangkok, mia moglie si accorge di non avere più l’immigration card con sé. Seguono momenti di incertezza e di preoccupazione perché è la prima volta che ci succede e francamente non sappiamo cosa fare. L’idea di presentarsi davanti all’ufficiale di dogana senza quel minuscolo pezzo di carta ci terrorizza e viene scartata subito. La Thailandia è un paese tranquillo, accogliente, accomodante con i turisti, è vero: inoltre, stai per lasciare il paese, quindi l’interesse degli impiegati dovrebbe essere quello di mandarti via senza alcun rimpianto… Ma non ci fidiamo di tali ragionevoli considerazioni. Meglio andare sul sicuro e quindi ci rivolgiamo all’ufficio informazioni dell’aeroporto di Don Muang.
La signorina ascolta il nostro quesito con attenzione e poi si illumina in un sorriso confortante: non c’è alcun problema, dice, basta comunicarlo al momento del check-in. Ed è proprio ciò che bisogna fare se si perde l’immigration card. Quindi occorre recarsi ai banchi per il check-in (anche se lo hai già fatto online o non devi imbarcare il bagaglio) e richiedere una nuova copia dell’immigration card. Poi bisogna semplicemente compilarla come se non fosse successo nulla, come se il viaggio non fosse mai iniziato. Una volta arrivati al controllo passaporti l’ufficiale di dogana si limiterà a ritirare l’interno documento – dopo averlo opportunamente vidimato – senza fare una piega. Tutto qui.
D’altronde, sarebbe davvero arduo sostenere la validità odierna di un documento cartaceo, che si presta a deterioramento, cancellature, smarrimento, quando tutti gli uffici passaporti del mondo sono ormai provvisti della migliore tecnologia informatica. L’immigration card, da questo punto di vista, mi sembra quasi un retaggio un po’ ingombrante e inutile del passato.