A tutti noi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di intraprendere un lungo e disagevole trasferimento per assistere ad un matrimonio. Che si tratti di un parente alla lontana, o di un amico, o di un semplice collega a cui sei legato appena, non importa. Se l’evento si svolge distante da casa tua, volente o nolente sei costretto a spremerti le meningi per programmare un vero e proprio viaggio. E se il matrimonio si svolge in Cina, le cose si complicano alquanto…
Nel dicembre del 2014 ricevetti un messaggio sul cellulare da parte del mio amico Guido. Mi comunicava, senza premesse o fronzoli inutili, che si sarebbe sposato a febbraio del 2015. Con la sua fidanzata cinese, Suzhan, con la quale già da qualche tempo conviveva. Bella notizia, pensai io, era ora! Ma poi lessi il seguito del messaggio: Guido mi chiedeva se per me era un problema partecipare al suo matrimonio. Problema? Certo che è un problema, pensai istintivamente io. Parliamo della Cina, mica di Poggibonsi.
Nondimento, il fascino di un tale invito mi turbava terribilmente. Confesso senza pudori che io amo la Cina. Ci sono stato tre volte e ogni benedetto anno è la destinazione che mi viene in mente al momento di progettare le vacanze estive. Il primo viaggio, nel 2010, lo feci insieme proprio a Guido e Suzhan, oltre che ai nostri consueti compagni di viaggio Daniela e Sergio. Quel viaggio, che coinvolse quasi tutte le mete più celebri del grande paese, è ancora una delle più ardite e riuscite imprese che sono riuscito a compiere – e prima o dopo ne parlerò anche in questo blog.
Insomma, l’esca era stata gettata. Che fare? Guido, generosamente come suo solito, mi aveva assicurato che avrebbe pagato tutto lui. L’unica cortesia che mi chiedeva era quella di prendermi cura di sua madre, che a oltre 80 anni suonati non avrebbe mai potuto affrontare un viaggio simile da sola. Una cortesia da nulla, per me e mia moglie, perché la signora era (ed è ancora) una splendida viaggiatrice, di grande compagnia, assolutamente in grado di badare a se stessa.
A quel punto ci eravamo incartati. Non avevamo ancora deciso nulla, ma ci rendevamo conto che un rifiuto avrebbe compromesso anche la possibilità della signora di assistere al matrimonio del figlio. Ma non voglio affermare che è stato questo il motivo per cui abbiamo accettato. Non sarebbe giusto né per la madre di Guido né per noi stessi. La verità è che, ad un certo punto, abbiamo deciso di accettare l’invito per la motivazione più ovvia, banale, scontata che ci sia: ma quando mai avremmo avuto più l’occasione di vedere un matrimonio cinese? In Cina? La risposta è stata: mai! Quindi bando alle incertezze e iniziammo a programmare l’ennesimo viaggio, questa volta breve e stagionalmente inconsueto, ma sempre di un viaggio si trattava.
Dopo qualche ricerca e fiumi di mesaggi su Wechat con Guido, disgnammo il seguente itinerario:
Pechino (2 notti)
Scalo iniziale, obbligato, per organizzarci, smaltire il fuso, fare gli ultimi acquisti e visitare qualche monumento che non avevamo ancora visto della capitale. Da qui avremmo preso un treno notturno per il sud.
Ruichang (2 notti)
Centro nevralgico del viaggio, questa piccola città sperduta della Cina era il luogo di origine della famiglia di Suzhan. Pur pernottando qui, in questi due giorni abbiamo anche visitato (per motivi squisitamente burocratici) la capitale della provincia, Nanchang
Pechino (1 notte)
Questo pernottamento è stato fortemente voluto da mia moglie per permetterci di visitare le ultime attrazioni di Pechino prima di lasciarla – forse per sempre. Una giornata freddissima che abbiamo trascorso da semplici turisti e che ci ha lasciato ricordi indelebili