Kuta Lombok è una splendida località ma offre ben poche attrattive, a parte il mare e il cibo. Tuttavia, basta noleggiare uno scooter e dopo appena qualche centinaio di metri ci si immerge nella parte più tribale, primitiva, tradizionale e misteriosa dell’isola. Il fascino di Lombok, infatti, risiede nella possibilità di scoprire ogni giorno un mondo nuovo.
Il primo luogo da visitare, anche in termini di vicinanza alla cittadina, è il villaggio Sasak. I Sasak sono una etnia di Lombok che è riuscita a mantenere più o meno inalterato il proprio modello di vita tradizionale. Secondo le guide turistiche, vivono ancora oggi come cento anni fa, rispettando riti e consuetudini dei loro avi. La loro esistenza è scandita dai ritmi della natura e la loro religione si colloca a metà strada tra induismo e islam. I villaggi più genuini si trovano a nord, presso il grande vulcano Gunung Rinjani. Per chi alloggia a Kuta e non vuole sobbarcarsi perlomeno 2 ore in motocicletta, si può accontentare del villaggio Sade o di quello più caratteristico di Rembitan, raggiungibili entrambi in pochi minuti.
Il villaggio Sasak che noi abbiamo deciso di visitare è Sade. Fin dal nostro arrivo ci siamo accorti che di tribale c’era ben poco. Un ragazzo in jeans ci ha invitati a posteggiare i nostri scooter in una ampia zona che sembrava adibita proprio a questo scopo. Appena scesi, ci è venuto subito incontro un signore, dall’età indefinita ma tendenzialmente anzianotto, abbigliato in modo tradizionale, che ci ha invitato a fare un giro turistico in sua compagnia per le vie del villaggio. Ha subito premesso che non voleva nulla per lui: solo alla fine dell’escursione, se volevamo, potevamo fare un’offerta libera che sarebbe andata interamente nelle casse della comunità.
Sulle prime siamo rimasti un po’ sconcertati. Speravamo infatti di poter muoverci a nostro piacimento, come siamo abituati a fare, senza nessuno che ci indicasse cosa vedere o ci obbligasse a visitare ciò che non ci interessava. Ma subito ci siamo resi conti che a Sade non funzionava proprio così. Senza una guida del villaggio non si può andare da nessuna parte, sembra sia una regola non scritta ma rigidamente imposta a qualsiasi visitatore.
Il nostro tour del villaggio Sasak di Sade è iniziato seguendo quindi un itinerario che, fin dai primi passi, ci è apparso chiaro fosse indirizzato verso alcune, imprescindibili, tappe fondamentali. Il che non ha pregiudicato comunque il piacere di passeggiare all’interno di un autentico villaggio tribale indonesiano. Il luogo, infatti, di per sè è a dir poco affascinante. Le case sono quasi tutte costruite in maniera tradizionale: le pareti, che poggiano su uno zoccolo duro costituito da una malta a base di escrementi di bufalo, sono composte da pannelli di stuoie vegetali intrecciate, alcune dal disegno estremamente semplice, altre più elaborato. I tetti, come in altre parti di questa area del mondo, sono ricoperti da una spessa coltre di paglia di riso, talmente fitta da non lasciar passare l’aqua quando piove e sufficientemente robusta da resistere alle intemperie del clima.
I vicoli si susseguono in un intreccio che in alcuni punti sembra quasi ben progettato, in altri invece regna l’improvvisazione. Ogni tanto si erge tra i tetti un magazzino tipico di Lombok, come quello della foto, destinato a difendere (sopratutto dai topi) il bene più prezioso prodotto nel villaggio, ovverossia il riso. La struttura è veramente notevole, se si pensa che è costruita senza usare neppure un chiodo o una vite…
La passeggiata sarebbe stata anche gradevole se a un certo punto l’omino, con una accelerazione del passo che nessuno di noi si aspettava, non ci avesse condotto in direzione del vero obiettivo di tutto il giro. Eravamo giunti infatti nel mercato di chincaglierie, souvenirs e prodotti per turisti del posto. Una sorta di “forche caudine” cui tutti i turisti, prima o poi, sono costretti ad affrontare e superare – spesso con perdite (di denaro) – per raggiungere l’uscita.
Ad essere onesti, questo luogo non è il tipico bazar come ce ne sono altri un po’ dappertutto in Oriente. L’atmosfera è singolarmente rilassata: i venditori non sono assillanti e sembrano badare più alle porprie faccende quotidiane che ad accalappiare turisti. La merce, quasi sempre di ottima fattura, è disposta su banchetti o appesa alle pareti, gradevolmente ordinata e in bella mostra. La caratteristica comune è che ogni abitante possiede la sua piccola attività commerciale… Può essere un moderno banchetto di manufatti in tessuto colorato, oppure un semplice tavolino un po’ sghembo, in cui vengono esposti oggetti francamente inutili ma allo stesso tempo irresistibili… ce n’è per tutti i gusti, davvero. E ribadisco che le condizioni sono ottimali sia per procedere ad un eventuale acquisto che per continuare a passeggiare curiosando un po’ dappertutto.
Una delle cose più interessanti di questo villaggio Sasak è l’opportunità di entrare all’interno delle sue abitazioni. Si chiede sempre il permesso, ovviamente, ma sembra che la gente del luogo sia abituata a tali intromissioni nella propria sfera più intima e non ci faccia più caso. Noi abbiamo visitato la casa di una vecchina, piccola e rugosissima, completamente prima di denti. La sua dimora era praticamente un antro oscuro, composto da una grande camera centrale e da due o tre cubiculi laterali, probabilmente adibiti a zona notte. Un grande braciere troneggiava proprio al centro della stanza; intorno solo oggetti di uso comune e qualche stuoia, il che testimoniava che gran parte della vita quotidiana si svolgeva all’aperto.
Usciti da questa bella esperienza, l’omino ci ha condotti con una rapidità inaspettata verso l’uscita. Era arrivato il momento di fare l’offerta che, lungi dall’essere libera, ammontava a 100.000 rupie a capoccia. Cifra che abbiamo sborsato senza neppure un tentativo di contrattazione visto che l’omino, da gentile e sorridente che era, aveva assunto un atteggiamento sbrigativo e severo.
Mentre lasciavamo il villaggio per raggiungere i nostri scooter, ci siamo imbattuti in un matrimonio locale. O meglio, in quel momento, così comune dalle nostre parti, in cui gli sposi scelgono un luogo particolarmente caratteristico per realizzare il cosidetto “book” fotografico. A quanto pare il villaggio Sasak di Sade è considerato un luogo privilegiato per questa operazione. La curiosità era semmai nel vestito della sposa. Tipicamente occidentale, sia pure un pochino eccessivo, con tanto di vertiginosa scollatura… Bella ragazza, non c’era che dire, nondimeno qualcosa di strano c’era. Ed erano i suoi parenti e amici, che l’avevano accompagnata al villaggio, tutti rigorosamente in vestito locale. Un contrasto niente male, devo dire, che non mi sono fatto mancare di immortalare nella foto sopra.