Un viaggio in Giapppone senza visitare Hiroshima sarebbe come andare a Roma senza vedere il Colosseo. Non si tratta di una esagerazione, e lo dice chi, fino all’ultimo, ha pensato di non inserire questa città nel suo viaggio. Mi sembrava una tappa inutile, oltretutto notevolmente fuori mano rispetto al giro previsto. Inutile perché pensavo che una città ricostruita ex-novo non avesse le attrattive di altri luoghi, ben più longevi o meglio tenuti in termini di attrazioni.
Invece no, bisogna andare a Hiroshima perché è un simbolo, punto e basta. Uno dei pochi che ancora resiste nella memoria collettiva. Insieme a Roma, Atene e poche altre città, Hiroshima è un luogo che tutti, immediatamente, sanno identificare, perfettamente, senza il minimo tentennamento. E non parliamo di una concezione astratta, ma di qualcosa di tangibile, reale; come spaventosamente reale è l’edificio dell’immagine di questo articolo.
Si tratta del vecchio municipio della città. Niente di particolarmente prezioso, a dire il vero: un normalissimo palazzone di cemento del XX secolo sormontato, in origine, da una cupola di vetro. E dunque, cos’ha di tanto particolare questo rudere? Niente, se non fosse che è l’unico edificio rimasto in piedi dopo lo scoppio della bomba atomica del 6 agosto 1945. L’unico. Tutto il resto è stato raso al suolo e spazzato via come polvere. Abitanti compresi.
Ma come ha fatto questo palazzo a restare così come lo vediamo, cioè più o meno integro? La “Little Boy” (così era stata chiamata la bomba destinata a Hiroshima) non era un ordigno tradizionale, che esplode a contatto del terreno. La sua funzione era quella di deflagrare ad una certa distanza dal suolo, esattamente 600 metri, così da moltiplicare l’effetto distruttivo della spaventosa onda d’urto prodotta. Onda che, a quanto pare, non coinvolse ciò che stava esattamente sotto il punto di esplosione, ovvero il Municipio di Hiroshima, che restò dunque miracolosamente illeso (o quasi).
Oggi quel palazzo è diventato il Monumento alla Pace. Un nome che è la testimonianza più tangibile di come i giapponesi guardano al loro passato. Senza disconoscerlo, ovviamente, ma rinnegando solo i principi che portarono a quel tragico evento, ovvero la guerra di aggressione che loro stessi portarono in mezza Asia. Lasciare in piedi quell’edificio in rovina è il monito che i giapponesi hanno voluto imporre sopratutto a se stessi, per evitare gli errori del passato o comunque di andarci vicini.
Così forse si spiegano le innumerevoli scolaresche giapponesi che affollano la spianata di fronte al Monumento della Pace. E’ evidente che il sistema non vuole nascondere nulla alle nuove generazioni, anzi… L’organizzazione di queste gite a Hiroshima hanno al contrario lo scopo di far conoscere, fin dalla più tenera età, cosa è successo allora, senza filtri o commenti inutili. E sopratutto senza retorica o strumentalizzazioni – come forse si farebbe da noi – ma semplicemente recandosi davanti ad un monumento e osservandolo in silenzio.
Anche i turisti stranieri vengono coinvolti in questa atmosfera di cordoglio pacato, sereno, rispettoso. Perfino la fenesia di immortalare tutto con il cellulare o la macchina fotografica sembra placarsi. Tutti appaiono assolutamente consci del luogo in cui si trovano e di ciò che rappresenta, non solo per il Giappone ma per l’umanità intera. Questa è Hiroshima, la prima città che ha conosciuto l’olocausto nucleare, lo sanno tutti… quindi bisogna portarle rispetto. Punto e basta.