I controlli in aeroporto sono necessari e sacrosanti, è chiaro, ma alle volte possono risultare particolarmente sfiancanti. In India questo concetto è coniugato all’eccesso. Si tratta di un fenomeno piuttosto comune, devo dire, che riguarda equamente sia gli autoctoni che gli stranieri, e scontenta un po’ tutti. Non è raro assistere a proteste, a volte veememti, di comuni cittadini indiani a causa di un controllo piuttosto accurato, per non dire pignolo, del proprio bagaglio a mano.
Se si trattasse di un evento che ci tocca subire una volta sola, sarebbe un fastidio tutto sommato sopportabile. Il problema è che i controlli dei bagagli, in India, iniziano all’ingresso dell’aeroporto, continuano al check-in, proseguono ai nastri trasportatori. Ma non basta. Una volta sbarcati dall’aereo, ecco che è necessario sottoporsi – di nuovo – al controllo del bagaglio a mano, effettuato con gli stessi criteri dell’andata. E’ come se i vari aeroporti indiani non scambiassero le informazioni tra di loro. O non si fidassero dei reciproci controlli.
Facciamo un esempio. Un individuo con bagaglio a mano e bagaglio da stiva arriva all’aeroporto di Mumbai, diretto a Bangalore. All’ingresso lo attende una prima estenuante fila, resa ancora più lenta dalla pignoleria dei poliziotti e dall’indisciplina dei viaggiatori, per testare il contenuto del bagaglio da stiva, che viene infilato in un macchinario che ne verifica il contenuto ai raggi x. Ma non è finita qui. Se la compagnia aerea è IndiGo, ad esempio, si è costretti a fare un’altra fila per ripetere lo stesso identico procedimento. In questo caso però, anche il bagaglio a mano subisce la stessa sorte del bagaglio da stiva. Ambedue, infatti, vengono sigillati con una cordicella di plastica, con la promessa (mai mantenuta) che all’arrivo un addetto provvederà a tagliarla.
Il viaggiatore di questo esempio finalmente raggiunge i counter per il check-in del bagaglio da stiva. Operazione che – a parte la fila – in genere non presenta particolari problemi. Quindi si dirige verso l’area controlli vera e propria. In Italia – e in Europa in genere – ho notato che molte procedure sono state abbandonate. Non è più necessario gettare via le bottigliette d’acqua, per esempio, o tirare fuori il pc portatile dallo zaino. In India, al contrario, sono state inasprite. Una volta arrivati davanti ai nastri per depositare il bagaglio a mano, un addetto molto scrupoloso, con genti eloquenti e in un inglese storpiato, invita il malcapitato viaggiatore a liberarsi di tutto ciò che potrebbe far squillare il controllo.
E va bene, fin qui niente di strano. Ci liberiamo dell’orologio, del portagoglio, delle chiavi, della cinta e tutto ciò che potrebbe risultare vagamente metallico. Ma è con il materiale video-fotografico che ho notato una incomprensibile testardaggine. Ad Aurangabad mi hanno chiesto di estrarre macchinetta fotografica e videocamera dallo zainetto. Non contenti, mi hanno intimato di tirar fuori anche le batterie di riserva e i filtri fotografici. In pratica, ho dovuto riempire ben 4 contenitori per metterci dentro ogni dotazione elettronica che possedevo, accuratamente separata l’una dall’altra!
A Mumbai il controllo del bagaglio a mano è risultato catastrofico. Il trolley di mia moglie è stato bloccato per un controllo. Dentro hanno trovato il tagliaunghie e lo hanno requisito. Non c’è stato verso di fare cambiare idea ai due poliziotti, non ne hanno voluto sapere. Per loro quel piccolo oggetto metallico costituiva evidentemente un pericolo per la sicurezza del volo. Siamo rimasti senza parole, letteralmente. Poi, ripensandoci, l’abbiamo presa a ridere, immaginando tutti i metodi per minacciare qualcuno con un tagliaunghie di 4 centimentri…
Ad Aurangabad altro scippo. Ci sequestrano i prodotti anti-zanzare che ci avevano consigliato i medici della ASL di Roma. Uno di essi, in effetti, era uno spray. Era passato indenne ai controlli di Roma, Riyadh, Jeddah e Mumbai. Ad Aurangabad, invece, è stato ritenuto pericoloso. Ma ciò che ci ha fatto arrabbiare è stato il sequestro dell’altro prodotto insetticida, un flacone da 100 ml ad aerosol, quindi senza alcol. Non siamo riusciti a convincere la poliziotta di turno a lasciarcelo. Stessa sorte, del resto, capitata ad una coppia di giovani italiane, che possedevano un prodotti molto simile, anch’esso ad aerosol. In questi casi, nessuna protesta è utile. Anzi, può risultare perfino controproducente, visto l’atteggiamento un po’ prepotente che hanno i poliziotti laggiù.
Siamo arrivati quindi alla zona imbarchi. Sembra tutto finito, il nostro viaggiatore si rilassa finalmente e cerca di dimenticare tutte le angherie e i disagi appena subiti. L’aereo parte, il viaggio procede senza problemi; si atterra a Bangalore. E qui l’amara sorpresa. Ecco che appare un’altra zona controlli, con i rulli e tutto il resto. E si ricomincia da capo. Ci si spoglia, si depositano effetti personali e metalli vari nei contenitori, si subisce l’ennesima perquisizione del bagaglio a mano che – nota bene – è stato sigillato all’aeroporto di partenza. Ma in India può capitare anche questo. Un addetto può chiedere di controllare il trolley anche è stato stato sigillato! Con la più grande faccia tosta del mondo provvede a tagliare il nastrino e inizia a cercare qualcosa – nel nostro caso, a Bangalore, abbiamo capito che cercava eventuali accendini.
Ad un indiano in viaggio di piacere è capitata la cosa più dolorosa di tutte: gli hanno confiscato le spezie che aveva acquistato in Kerala! Le spezie, ovvero il prodotto più commercializzato in India, uno dei motori dell’economia agricola di interi stati. Io e mia moglie, che assitevamo al furto, non credevamo ai nostri occhi. E ancora oggi fatichiamo a trovare la motivazione, legata presumibilmente a ragioni di sicurezza, che giustifichi quel gesto…